Capitolo XI ~ Dolcezza e solitudine.

2.5K 175 3
                                    

[continuo a 25 voti]

"Piccola anima inquieta perché preferisci soffrire in solitudine?
Non ti accorgi che, da sola in quella stanza buia, hai già iniziato a morire?"

— Matteo Eraldo.

Quando Alice aprì gli occhi, si ritrovò avvolta dalle possenti braccia del biondo. Sussultò leggermente al ricordo della sera prima e si voltò verso il ragazzo. Luke era già sveglio e le sorrise, issò il busto, le scompigliò i capelli.

«Stai immobile.» le ordinò quasi.

Solo in un secondo momento Alice notò un blocchetto da disegno, spesso glielo aveva visto usare durante le lezioni di matematica o letteratura. Scarabocchiava sempre, non alzava mai la testa finché qualche volta i professori, esausti, lo richiamavano ponendo lui qualche domanda a trabocchetto. Il biondo però, non era stupido e sembrava riuscire a seguire perfettamente la lezione e a disegnare contemporaneamente, quindi rispondeva prontamente con naturalezza a tutte le domande postegli.

Alice era poggiata su un fianco, una mano adagiata lungo il busto e l'altra a reggerle la testa. Non aveva mai avuto troppa pazienza, la mano le faceva ancora male e aveva voglia di fumare.

«Devo fumare» affermò muovendosi.

«Ferma!» Urlò Luke. «Altri due minuti e poi fai ciò che vuoi» disse per poi tornare al suo stupido blocchetto.

La ragazza dovette trattenersi. Avrebbe voluto rispondergli che no, che due minuti erano troppi e che lei voleva, anzi, aveva bisogno di fumare in quel preciso istante. Che lui non era nessuno per dirle che avrebbe dovuto stare ferma. Poi però si ricordò della lite con sua madre, ubriaca fradicia, che le urlava dietro che se non fosse nata, sarebbe stato meglio.
Sai quante volte l'ho pensato io.
Aveva anche ricordato del pugno al piccolo lampione, del sangue. E poi aveva pensato a Luke, che l'aveva costretta a salire nella sua jeep e l'aveva portata a casa sua. L'aveva fatta distrarre per una giornata e gli era grata per quello.
Sospirò e si sdraiò nuovamente. Continuò a fissarlo per tutto il tempo, le piaceva guardare le sue mani completare sfumature e la matita riprodurla in modo dettagliato.
Luke avvicinò la mano al suo viso, le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio «Non avevo notato le tue lentiggini, sembri molto più piccola senza trucco» disse con un tono così dolce che Alice non riuscì a sopportare.
La ragazza si alzò di scatto e iniziò a camminare avanti e indietro sotto lo sguardo confuso di Luke. Cercò la sua giacca e quando la trovò, estrasse immediatamente dalla tasca il pacchetto di Marlboro rosse.
Quel poco di lucidità che le rimaneva – sempre che si potesse definire tale – le permise di non accendersi immediatamente la sigaretta nella camera di Luke e di spostarsi invece nel balconcino personale del ragazzo.
L'aria fredda e pungente la colpì appieno. Indossava solamente una felpa del biondo. Le gambe furono subito ricoperte da brividi, ma non appena Alice portò la sigaretta alla bocca e fece il primo tiro, non gliene fregò più nulla.
Alzò gli occhi al cielo grigio e senza alcuno straccio di sole. Non sapeva con esattezza se fosse mattino o pomeriggio, ma, se il detto diceva la verità, quella giornata, già iniziata schifosamente, non sarebbe cambiata ma, anzi, magari sarebbe anche peggiorata.
Dopo qualche altro tiro, comparve Luke. Le mise un plaid sulle spalle ossute e sentendola irrigidire, il ragazzo fece un sorriso tirato e disse «Devi avere qualche problema con la dolcezza tu.»
Alice lo guardò con i suoi occhi gelidi, inespressivi e incomprensibili. Lo fissò a lungo, e Luke sostenne il suo sguardo con lo stesso gelo.
Due iceberg che entravano in collisione.
«Non puoi dire a qualcuno che ha problemi con la dolcezza. Non sai mai a cosa potrebbe essere dovuto un determinato comportamento di una persona. Chissà, forse odio la dolcezza, o forse non ne ho mai ricevuta e semplicemente non so come comportarmi.»
Nel frattempo continuava a fumare e a calmare i suoi nervi. Ovviamente lei, di dolcezza, non ne aveva mai ricevuta. Solo grida, minacce, odio.
Ripensò a quando era bambina e una volta uscita da scuola, guardava tutte le sue compagne andare dai rispettivi genitori che, prontamente, erano già lì, puntuali, ad aspettarle, a prendere loro lo zaino, afferrare le loro mani. Le invidiava così tanto, probabilmente quelli furono gli anni in cui si iniziò a plasmare il suo odio nei confronti del mondo, dove le speranze iniziarono a morire e i pensieri malsani a farsi spazio nella sua testa.
Alice rimaneva davanti scuola per ore. I primi due anni, attendeva che qualcuno dei suoi, si ricordasse di lei, ma già a partire dalla terza elementare aveva capito che era alquanto inutile aspettare, pretendere di essere ricordata e che avrebbe impiegato meno tempo tornando a casa a piedi. E poi le maestre non la capivano, non la giustificavano per i compiti non svolti.
No, di certo Alice non aveva mai assaporato la dolcezza di una madre né tantomeno la protezione di un padre. Era sempre stata sola con se stessa. Aveva avuto qualche persona attorno per qualche tempo, Lindsay le era stata accanto i primi tre anni di superiori, ma nulla di più.
Non ci si può entrare nella solitudine degli altri.

Pure Heroin ~ L.H Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora