"Ed io ero li per te,
e credimi
sarei rimasto,
anche se t'avessi vista sul ciglio opposto di un burrone
io per sentirti più vicina avrei mosso un altro passo."— Cit. pioggia-di-parole.
✖️
Alice Parker aveva sempre odiato gli ospedali. Odiava l'aria che sapeva di disinfettante ed i corridoi infiniti che le facevano salire l'ansia. Il Sydney Eye Hospital, poi, non solo era un ospedale per ricconi ma all'entrata aveva la statua inquietante di un cinghiale. Quella mattina, però, non aveva tempo di pensarci, a quelle cose futili. La sua mente era annebbiata, invasa da innumerevoli pensieri rivolti tutti ad un unico soggetto: Lucas Robert Hemmings. Quando la dottoressa Sullivan le aveva detto dell'overdose, si era sentita mancare la terra sotto i piedi. Poi però aveva aggiunto che il biondo era riuscita a cavarsela poiché la famiglia Hemmings, per qualche strana ragione, si era ritrovata del Narcan* a casa e Jack, il fratello maggiore di Luke, glielo aveva iniettato endovena prima che arrivasse l'ambulanza.
Non appena la macchina si era fermata davanti all'entrata dell'ospedale, Alice avrebbe voluto correre direttamente da Luke, ma non le era stato concesso.
Doveva prima attendere che l'infermiere la ammanettasse, erano state queste le condizioni della Sullivan.- Ti terremo sotto controllo. Alvin ti accompagnerà. Ti metteremo la cavigliera con il chip, qualora ti venisse la folle idea di fuggire. Verrai anche ammanettata. Accetti queste condizioni? -
Ovviamente aveva accettato.
Alvin era un uomo di colore che non aveva più di venticinque anni. Alice non si spiegava come un ragazzo così giovane fosse finito a fare l'infermiere in un ospedale psichiatrico.
Dopo averla ammanettata, la osservò e le sorrise.- È strano che una come te abbia accettato di essere scortata come una criminale. - sembrava divertito.
Alvin era una delle prime persone con le quali aveva parlato. Erano stati lui ed un suo collega ad andare a casa sua, quel giorno in cui Ellen aveva tratto la conclusione che sua figlia era un po' picchiata di testa. E la Sullivan aveva dato a lui ordine di portarla in giro per il reparto per farle sgranchire le ossa nella passeggiata pomeridiana.
- È una persona importante, non è vero? - domandò.
La ragazza annuì semplicemente. Iniziarono ad incamminarsi verso l'edificio. Alvin andò alla reception e si fece dire da un addetto il piano ed il numero della stanza.
Reparto di psichiatria, piano zero, stanza 101.
Di certo erano stati più intelligenti del Sydney Mental Institution, gli schizzati non si potevano gettare dalle finestre se si trovavano sottoterra. Potevano, invece, se la struttura, come quella in cui stava Alice, spaziava su quattro piani differenti. Bastava trovare una finestra che sbadatamente era stata lasciata aperta o riuscire ad arrivare in terrazza. Una volta arrivati lì, dove non c'erano sbarre, addetti, psicologi o infermieri, chiunque volesse porre fine alla propria vita, poteva farlo. Bastava un salto.
Uno solo.
I due presero l'ascensore e arrivarono in poco tempo al piano zero. Si trovarono innanzi ad una porta vetrata. Al di fuori di essa c'erano delle sedie a schiera. Erano tutte vuote. Eppure era l'orario di visita. Possibile che la gente ricca, non andasse a trovare i propri familiari solo perché considerati "diversi"?
E se avessero abbandonato Luke dopo aver scoperto la sua tossicodipendenza? Sarebbero andati a trovarlo o lo avrebbero emarginato come un rifiuto della società?
Improvvisamente quel pensiero la fece rattristare al punto che dovette sedersi.- Alice, ti senti male? - domandò Alvin preoccupato.
La ragazza non fece in tempo a rispondere che la porta a vetri venne aperta da una donna.
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Pure Heroin ~ L.H
FanfictionEravamo davvero troppo giovani per essere così tristi. Eravamo tutto ciò che la società disprezzava, eravamo il rifiuto della società. Eravamo figli della notte, del buio, delle tenebre. Indossavamo le nostre giacche di pelle, i jeans strappati e...