Capitolo XVII ~ We were troubled kids.

2K 149 11
                                    

"Dove sei?
E mi dispiace così tanto.
Non riesco a dormire,
non riesco a sognare stanotte.
Ho bisogno di qualcuno e sempre.
Questa strana oscurità malata,
arriva strisciando ogni volta in modo incancellabile."

— Blink 182, I Miss You.

✖️

Luke Hemmings sarebbe stato la sua condanna, aveva questo presentimento e nonostante ciò, non riusciva a stargli troppo lontana

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Luke Hemmings sarebbe stato la sua condanna, aveva questo presentimento e nonostante ciò, non riusciva a stargli troppo lontana.
Aveva cercato di evitarlo, ma lui aveva continuato a seguirla e a cercare costantemente le sue attenzioni, o almeno, fino a due sere prima, quando lo aveva lasciato solo ed arrabbiato in un vicolo vicino al locale in cui tutta la combriccola si era riunita.
Era da due giorni che Alice non riceveva alcun messaggio, alcuno sguardo dal biondo. Non si stava presentando neanche a scuola.

«Alice, oggi dobbiamo andare in clinica, alle quattro ti voglio a casa.»

La voce di Ellen fece risvegliare la figlia dai propri pensieri. Gli occhi di Alice si fermarono sulla donna dai capelli biondi, aveva iniziato a frequentare gli alcolisti anonimi e non aveva più avuto crolli emotivi.
Continuava a persistere nella sua testa, l'idea che Alice avesse bisogno di aiuto. Diceva di vederla ancora più magra, ma lei, guardandosi allo specchio si vedeva sempre la stessa.
Motivo per il quale da tre mesi, una volta a settimana doveva andare in clinica per parlare con psicologi e dottori del cazzo il cui sguardo faceva trapelare la loro pietà nei suoi confronti.
Alice aveva deciso di andare incontro alla madre un'ultima volta. Lei avrebbe continuato a presentarsi agli appuntamenti in clinica, solo se Ellen avesse abbandonato l'alcool e si fosse incentrata sul lavoro.

Annuì distrattamente mentre lentamente beveva il suo latte scremato.
Non appena Ellen uscì di casa, il resto del latte finì dritto nel lavandino.
Se quel giorno la dottoressa non avesse detto a sua madre che era aumentata di peso, l'avrebbero rinchiusa in quella gabbia di matti e non ne aveva voglia.

✖️

Una volta oltrepassato il cancello della Green, Alice riconobbe immediatamente la chioma bionda di Luke.
Anche quel giorno indossava una felpa sopra la divisa, l'ultima volta che lo aveva fatto le cose non erano andate poi così bene.
Era stata trattata in malo modo e respinta dalla corazza del ragazzo.
Sospirò e continuandosi a ripetere quanto fosse sbagliato e deficiente da parte sua coltivare un determinato sentimento nei confronti di Hemmings, gli si avvicinò.
Il cappuccio era stato tirato su, lasciando intravedere solo una parte del suo solito ciuffo, continuava a camminare senza dire una parola.

«Buongiorno», si azzardò a dire.

Nessuna risposta uscì dalle bellissime labbra perennemente screpolate del biondo.

Alice lo squadrò in tutta la sua altezza per poi soffermarsi sulle sue mani. Luke aveva sempre le mani fredde e bianche, così bianche che tutte le vene erano perfettamente visibili. La sua pelle sembrava quasi finta, di porcellana e tremendamente delicata, motivo per il quale il sangue incrostato sulle sue nocche risaltava come dei pallini bianchi su uno sfondo nero pece.

«Che hai fatto alla...»

Prima che potesse concludere la frase, Luke si voltò e la guardò. I suoi occhi, non erano i suoi occhi. Erano completamente assenti e segnati da profonde occhiaie. Il viso era completamente inespressivo e pallidissimo.

«Non è giornata Parker», disse per poi aumentare il passo.

Già, ultimamente non era mai giornata.

Alice iniziò a camminare più veloce affiancando nuovamente il biondo. Lo seguì anche quando capì che non si sarebbe presentato a lezione.
Andò dritto nei servizi maschili e la ragazza lo seguì persino lì dentro.

«Alice sparisci dalla mia vista. Adesso», tuonò minaccioso aggrappandosi al marmo dei lavabi.

Chiuse gli occhi, appariva eccessivamente nervoso.

«Luke, voglio capire che ti succede...magari posso darti una mano.»

«S-sono solo in a-astinenza da tredici ore», ammise.

Hemmings si sedette a terra e avvicinò il suo zaino.

«Ma perché hai aspettato così tanto!?»

«Sai, è un po' difficile farsi quando la propria madre continua a sorvegliarti», tentò di ironizzare sulla cosa.

Un attimo dopo il biondo era steso a terra mentre si teneva lo stomaco.
Alice entrò subito nel panico, si inginocchiò accanto a lui.

«Dimmi cosa cazzo fare», sbottò in preda a l'agitazione.

Luke indicò la tasca inferiore dello zaino e la ragazza la aprì estraendone una bottiglietta d'acqua, un cucchiaio e una siringa.

«Sai come si fa?», domandò Hemmings.

Alice scosse la testa, allora Luke tentò di spiegarle. Una volta appreso il procedimento, si affrettò a far sciogliere il quartino di eroina, che le era stato dato dal ragazzo, all'interno del cucchiaio.
Prelevò il liquido con la siringa e la poggiò un attimo sul lavabo per sollevare Luke da terra.
Riprese la siringa e deglutii più volte. Era sempre stata coraggiosa e sostanzialmente aveva paura solo del padre, ma in quel preciso momento, con quella siringa in mano, Alice si sentiva spaventata a morte. Stava alimentando la dipendenza di Luke, lo stava aiutando ad uccidersi.
Per un attimo fu tentata di buttare il tutto nel cesso, ma guardando Luke, non poté far altro che inginocchiarsi nuovamente di fronte a lui e passargli la siringa.
Il ragazzo si picchiettò qualche volta il braccio, cercando una vena e quando la trovò, vi avvicinò immediatamente la siringa.
Prima di iniettarsi la dose, però, la osservò.
«Non devi guardare per forza», le disse con voce roca.
Alice capiva che Hemmings stesse soffrendo e che una parte di lui non volesse che lei lo vedesse ridotto in quello stato, ma non ce la faceva a lasciarlo solo.
Per la volta in cui mi ha salvata, continuava a ripetersi mentalmente.

«V-voglio rimanere insieme a te. Non ti lascio solo. N-non c'è nessun problema.»

Deglutì ancora.
E ancora.
Sentiva il respiro accelerare.

«E allora perché piangi?»

Non si era neanche resa conto di starlo facendo. Involontariamente si sfiorò una guancia e subito la sua mano si inumidì.
Luke, notando il silenzio della ragazza, le chiese di voltarsi.
E lei obbedì subito.

✖️

Una volta uscita dal bagno, Alice era talmente sconvolta che saltò anche le lezioni successive. Decise di tornare a casa a piedi, tanto sua madre era a lavoro e non si sarebbe ugualmente insospettita.
Si chiuse in camera e si abbandonò sul letto in posizione fetale, dove iniziò a singhiozzare come quando aveva dodici anni e sentiva il padre salire le scale e dirigersi verso la sua camera.

Un nodo le attanagliava lo stomaco ferocemente e fu costretta a vomitare più volte per scioglierlo.
Rimase rannicchiata sul pavimento mentre altre lacrime le rigavano il volto. Lo sguardo di Luke quella mattina non le era piaciuto affatto e neanche vederlo ridotto in quello stato pietoso.
Sentiva un peso dentro lo stomaco, si sentiva in colpa per averlo aiutato in quella situazione.
Aveva voglia di starsene lì a terra per sempre.

Autrice:
Non potete immaginare quanto ami scrivere questa storia.

Spero che a voi piaccia!
Un bacio,
Alexandria Lewis.

Pure Heroin ~ L.H Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora