Capitolo 1

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"Non c'è mai niente per cui gioire in questa città, piove, fa freddo, e in giro ci sono sempre i soliti visi tristi che si preparano ad affrontare la lunga giornata in ufficio, a scuola o chissà dove.
Non ne posso più. Vorrei cambiare, vedere volti nuovi, posti diversi, viaggiare!"
"Lex, ogni giorno la stessa storia. Perchè non ti rassegni una volta per tutte al solito tram tram.
Inizia a guardare questa città con occhi diversi, dalle una possibilità.."
"Non lo so sorellina. Mi piacerebbe tornare nella città dove sono nata, conoscere persone nuove.
Non ti annoia guardarti intorno e vedere sempre le stesse persone? Sempre gli stessi posti?"
"Un po si, ma non mi lamento".
Amy fa spallucce e sospira, starà sicuramente pensando che sono un caso irrecuperabile o che ormai non riesce più a sopportarmi, ha ragione nel dire che sono anni che ripeto sempre la stessa cantilena, ma lei non ha visto quella grande città, non ha sentito il suo rumore ogni mattina e il profumo di Croissant appena sfornati che profumava tutta la strada.
Dovrei smetterla un giorno o l'altro, decidermi a fare le valigie e partire per Seattle.

Quando i miei genitori hanno dovuto lasciare Seattle per venire a vivere a Torino avevo solo 4 anni.
Ricordo poco del tempo trascorso li. Mio padre lavorava come segretario in un grande ufficio a qualche minuto da casa nostra. La mamma era sempre indaffarata a riordinare, lavare e stirare le camicie in modo che papà potesse trovarle pulite per il giorno dopo.
Ricordo sempre che aspettavo la domenica con impazienza per passare più tempo possibile con lui. Amava il suo lavoro ma amava tanto anche me e la mamma.
Così un giorno decise che era il momento di smettere di passare tutto il tempo dentro quell'ufficio che gli avrebbe rubato i suoi anni migliori e anche i miei.
E' stato allora che abbiamo cambiato città, casa e abitudini.

Un anno dopo esserci trasferiti è nata Amelia.
Da quel momento ho iniziato a vedere il mondo da una prospettiva diversa, avevo una brava mamma, un bravo papà e una sorellina che presto sarebbe diventata la mia compagna di giochi.
Nessuno aveva messo in conto che da li a qualche anno sarebbe arrivato Justin, il mio fratellino dispettoso.
Amelia e Justin si somigliano tantissimo, entrambi hanno i capelli neri come papà.
Da piccola invidiavo i capelli di mia sorella, erano di un nero così intenso che sembravano rappresentare la notte, io ho sempre avuto un comune castano nocciola, ma tutti e tre abbiamo gli stessi occhi, gli occhi grandi e profondi di nostra madre, di un castano così particolare che a volte sembra verde.
Credo che non essere figlia unica sia una gran fortuna, non so cosa farei senza mia sorella, lei è la migliore amica che ogni donna possa desiderare.
Justin invece ha un carattere un po particolare, è in quella fase dell'adolescenza dove nessuno può dirgli niente, va in escandescenza per ogni cosa, ma si sa, i 14 anni sono i peggiori..

"Lexy, mi stai ascoltando".
Mia sorella mi richiama alla sua attenzione, non ricordo nemmeno di cosa stavamo parlando.
"Si, scusami, dicevamo?". 
Alza una mano in segno di resa, ha capito che mi sono persa totalmente.
"Alexandra Valentine Pitterson, non ci posso credere. Sono stata mezzora a raccontarti del mio incontro con l'uomo più bello del mondo e tu non mi stavi ascoltando? Roba da matti!"
Faccio gli occhi da cerbiatto:
"Scusami Amy, mi sono persa nei miei pensieri, non volevo ignorarti. Questa fissa di Seattle mi sta distruggendo" sospiro "vorrei davvero programmare un viaggio per andare li e chissà, magari poter finalmente realizzare quello che è il mio sogno da sempre"
"Lo so che vorresti teletrasportarti li ma ti prego, ho bisogno di qualche consiglio, non puoi piantarmi in asso!"
"Ok ok" .
Mia sorella è una vera forza della natura quando ci si mette.
"Quindi verrai stasera in quel pub nuovo che hanno aperto infondo alla strada? Ti prego Lex, me lo sento che lo incontrerò di nuovo. Per favore!"
"E va bene, ma solo se non facciamo tardi. Domattina inizierò le ripetizioni di Italiano col figlio della Signora Coen e non voglio arrivare li in versione zombie".
Nel sentire la mia approvazione mi butta le braccia al collo:
"Grazie sorella, lo sapevo che avrei potuto contare su di te".

Senza rendermene conto è già calata la sera e non ho ancora pensato a cosa indossare per accompagnare Amy in quel Pub. Non è tanto il mio genere ma un po di divertimento non mi farà male.
Aprendo l'armadio mi imbatto in un maglioncino a V nero e decido di indossarlo con un paio di Jeans e un paio di ballerine nere, un abbigliamento casual per chi non vuole dare nell'occhio.
Mi sistemo un po i capelli, dovrò proprio dare un po di colore a questi tristi spaghetti uno di questi giorni, un po di lucida labbra ed eccomi pronta.
Esco dalla mia camera e nel corridoio mi imbatto in Justin:
"Dove vai di venerdì sera vestita da suora?"
Come al solito il mio fratellino è di una gentilezza che fa venire quasi voglia di prenderlo a schiaffi.
Decido di ignorarlo e vado alla ricerca di mia sorella che ormai dovrebbe essere pronta per uscire. Appena scendo le scale la trovo nervosa vicino alla porta, deve averle fatto perdere davvero la testa questo ragazzo se ha deciso di truccarsi e pettinarsi come se stessimo andando a una festa di carnevale.

"Amy non sarai truccata un po troppo? Mi sembra eccessivo tutto quel trucco!"
"Zitta e muoviti, non c'è tempo per queste cose ora".

Il posto non è lontano da casa e troviamo subito parcheggio, non capisco come faccia mia sorella a camminare così veloce con quei trampoli che ha messo ai piedi, ad occhio e croce quel tacco sarà alto non meno di 13 centimetri.
L
a fila fuori non è tanta ma Amy mi tira per un braccio e in mezzo secondo ci ritroviamo davanti a un tipo tutto muscoli che blocca l'entrata, lei gli fa un mega sorriso e li da un leggero bacio sulla guancia, lui sorride e fa cenno di entrare.
Come diavolo farà mia sorella a conoscere certe persone lo devo ancora scoprire.
La musica è sicuramente troppo alta per essere un Pub. Alcuni ragazzi ridono in un angolo poggiati ad un muro, hanno l'aria di chi ha bevuto parecchi drink e non sembrano nemmeno essere tanto grandi, avranno l'età di Amy o giù di li.
Mi guardo intorno sperando di intercettare mia sorella che sembra essersi dimenticata di me, ma il locale è pieno e non riesco ad individuarla. Mannaggia a me che ho deciso di darle retta.. 
Cerco di farmi spazio tra la gente sperando di beccarla ma niente, ci rinuncio ed esco fuori.
Faccio due passi e mi siedo nel bordo del marciapiede per cercare di chiamarla, niente, non risponde. Amelia è sempre la solita! Faccio un bel respiro e mi dirigo verso la macchina, ad un tratto mi fermo e scoppio in una sonora risata isterica. Mia sorella, prima di dileguarsi non ha nemmeno avuto la brillante idea di ridarmi le chiavi della macchina, le avevo chiesto di tenermele in borsa non pensando che sarebbe sparita nel nulla.
Fortunatamente è una bella serata e non c'è freddo, sono le 22 e non voglio disturbare papà quindi decido di fare due passi, casa nostra non è distante ma non sono nemmeno la tipa che fa i salti di gioia quando c'è da camminare.
Sono circa le 22.30 quando arrivo a casa, sono sfinita, queste scarpe non sono proprio comode per camminare.
Accendo il mio laptop e nel frattempo infilo il mio amato pigiama, mi siedo sul letto e inizio a fare delle ricerche su Seattle, voli, lavori, appartamenti. 
Sogno ad occhi aperti come sarebbe vivere li e a due ore dalla mia ricerca mi addormento con il computer sul letto.

La mattinata scorre veloce, il bambino della Signora Coen è molto sveglio e non faccio fatica a spiegargli certe cose.
Mi racconta che a scuola c'è una sua compagna molto simpatica, ieri le ha portato una margherita e lei l'ha ringraziato e l'ha messa in mezzo al diario. Lo racconta con un sorriso quasi contagioso, a fine lezione mi saluta e scappa nella sua camera. 
Fisso il prossimo appuntamento con la Signora Coen e scappo via.

Ferma al semaforo fisso le strisce pedonali aspettando che scatti il verde che mi divide dalla mia macchina, penso a Amy, chissà se si è svegliata, dormiva profondamente quando sono uscita.
Finalmente, dopo quella che mi sembra un eternità, l'omino verde si fa avanti.
Faccio in tempo a fare tre passi quando qualcuno in bicicletta, forse per distrazione o per la fretta mi investe e cado a terra.

The diary of the timeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora