24. Posso spiegare.

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Due pupille scure stavano bucando le mie. Lo sguardo era terribilmente preoccupato e sentivo un forte peso sul grembo: il suo. Mi teneva il viso fermo con entrambe le mani e i nostri nasi quasi si toccavano. Non accennò nemmeno a spostarsi. Ero nella mia camera, ma lui che ci faceva in casa mia?
-"Stai bene?"- I suoi occhi erano il mare limpido al sole del mattino: trasparenti e azzurri. Azzurri intensi.
-"Jamie, che stai facendo? Togliti."-
Non si mosse.
-"Che cosa è successo?"- Sussurrai, tremando.
-"Stavi urlando."-
-"Oh..."- Distolsi lo sguardo.
-"No, è tutto okay. Adesso dormi con me."-
Lo fissai. Il suo viso era offuscato da una strana luce appena visibile. Era in pantaloncini e a torso nudo, mentre mi guardava senza esitare. -"No!"-
-"Perché no?"- Si avvicinò di più. Il suo respiro era leggero e delicato, a pochi millimetri da me.
-"Non posso."- Risposi, più in un sospiro che in parole.
-"Non c'è nulla di male."- Disse in un modo che avevo già sentito, da lui. Un modo apparentemente innocente, solo che adesso sfumava in qualcosa di decisamente diverso.
-"Lo so, spostati adesso."- Cercai di spingerlo, ma niente da fare.
-"Tanto lo so, Roheline."-
-"Cosa sai?"- Tornai a guardarlo.
-"Il tuo cuore accelera quando..."- Prese la mia mano e la portò sul petto, in modo tale che potessi sentire il mio stesso battito cardiaco. Poi si ri-avvicinò, talmente tanto che un solo minimo movimento avrebbe fatto toccare le nostre labbra. Trattenni il respiro, sperando che la tortura sarebbe finita presto. -"E quando..."- Spostò la mano destra e, dopo aver scostato i miei capelli, cominciò a disegnare spirali dietro l'orecchio, proprio sotto il lobo. Si piegò in avanti, portando la bocca sopra il punto in cui stava "disegnando", per poi sussurrare: -"Visto?!"- I nostri toraci si toccavano.
-"Basta, togliti."- Gli ripetei ancora, spingendolo.
Senza rendermene conto, le sue iridi blu erano nuovamente sulle mie.
Dopo qualche istante di panico e silenzio, parlò.
-"Hai degli occhi davvero belli."-
-"Grazie."- Silenzio imbarazzante. -"A...a...anche le tue...Labbra, sono belle."- Cosa?! Maledissi me stessa, mentre sentivo la mia voce uscire, senza che la controllassi. Era come se vedessi me stessa parlare, anche se in realtà non ero io a farlo.
-"Davvero?"- Il ragazzo sorrise, abbassando lo sguardo lungo le mie, di labbra.
Poi si spostò velocemente, portando il suo corpo davanti al mio. Prese le mie braccia e le alzò all'altezza della mia testa, incollandomi al muro. Ci fissammo per qualche secondo, in silenzio, con solamente i nostri diaframmi che si muovevano velocemente.
-"Fermo."- Gli dissi, chiudendo gli occhi per sforzarmi di non guardare.
-"Io sono fermo."-
-"Lo so, ma ferma i tuoi pensieri."- Sentii la presa lungo i polsi allentarsi. -"O sbaglierai."- Aprii gli occhi.
-"Cosa può esserci di sbagliato?"-
-"Elise come la prenderebbe?"-
-"Non mi importa di lei."-
-"È lei che fingi di amare ogni giorno."-
-"È una questione in sospeso."-
-"Non posso essere la causa di questa guerra."- Il ragazzo, quasi ferito, si allontanò da me, abbassando le braccia e lasciandomi libera dalla sua presa.
-"Tu non capisci. Dio, tu non riesci a capire."- Si alzò dal letto e cominciò a camminare, mentre io sentivo una strana sensazione nella bocca dello stomaco. Avrei giurato fosse sollievo, ma era solo pura e incontrollabile delusione.

Caldo.
Fu quella la sensazione che sentii dopo essermi svegliata da quel sogno così strano e assurdo che quasi credetti di stare ancora sognando. Spostai a malapena la gamba prima di sentirla bloccata in qualcosa. O meglio, in qualcuno. -" Un classico, Roheline. Avresti dovuto saperlo che dormire con altre persone porta sempre a questo. Ma tutti i libri che hai letto non ti sono serviti proprio a nulla?! "- Mi rimproverò la mia coscienza, rinfacciandomi la mia stupidità. Probabilmente quando distribuivano la furbizia, io ero in fila per un cheeseburger.
Ritentai a muovere il busto, cercando di mettermi seduta, ma non era solo la gamba ad essere bloccata, a quanto pareva. Un pesante braccio bollente, non mio, era sul mio stomaco, riducendo i miei movimenti.
-"Mhh..."- mugugnai guardando quel diciassettenne che, avrei voluto dire fosse al mio fianco, ma in realtà era sul mio fianco. Teneva gli occhi chiusi e l'altra mano era buttata quasi a caso sui suoi capelli, in una scomoda e strana posizione. Il suo viso rilassato, gonfiava le guance sul cuscino e schiudeva leggermente le labbra piene, mostrando un accenno di sorriso. Era a petto nudo, metà scoperto e metà nascosto dalle coperte.
Perché era a petto nudo?!
La sua presa sul fianco si fece più stretta, mentre ripensavo al sogno che avevo fatto poco prima. Fissai quella mano cingermi così forte e non potei evitare di chiedermi se il Jamie del mio sogno potesse esistere. E se avesse potuto farlo, avrei preferito non conoscerlo. Guardai fuori dalla finestra e mi accorsi che era pieno giorno. Saranno state le sette, otto, o giù di lì. Mi rilassai distendendomi nuovamente e sentendo ghiacciare il sudore sulla nuca, a contatto con la temperatura attuale. Mi misi di fianco e con mia grande sorpresa sentii la presa sul braccio allentare. Mi concessi di chiudere gli occhi, per rilassarmi un altro po' prima di affrontare la situazione.
Quando li riaprii, un viso, immagine di un'espressione allegra e curiosa, era davanti a me. Due occhi blu si muovevano su di me come trottole, quando si incastrarono ai miei.
-"Buongiorno!"- Disse euforico, sorridendo.
D'impatto sussultai e finalmente riuscii ad allontanarmi da lui. La testa mi faceva ancora malissimo e sentivo gli occhi lucidi, la fronte bollente e febbrile. Forse quel sogno l'avevo fatto per questo motivo. Mi misi seduta e strofinai una mano in mezzo ai ricci scuri che ricadevano sulle spalle.
-"Ciao"- Dissi in un tono leggermente irritato.
-"Incredibile. È proprio incredibile."-
-"Cosa? Cosa è incredibile."- Continuai, infastidita. Perché la gente non ricorda mai che quando qualcuno è appena sveglio, bisogna parlare piano? O meglio, starsi zitti. Ecco. Stare zitti appena svegli è la dimostrazione più grande di romanticismo e rispetto per la persona che ti sta accanto, è assodato.
-"Sono andato a letto con una ragazza senza andarci a letto davvero."- Spiegò, mentre si metteva seduto.
Gli lanciai uno sguardo di fuoco.
-"Mi spieghi perché diamine sei a petto nudo?"-
Il ragazzo rise, e fece spallucce. -"Sentivo caldo. E a giudicare dalle tue guance, lo sentivi anche tu. Oppure sei imbarazzata. Forse, entrambe le cose."-
Un secondo sguardo incandescente puntò Jamie, che a quanto pareva era proprio allegro di prima mattina.
-"Ookay, ragazza. Ho capito. Appena sveglia sei intrattabile."-
Feci un falso sorriso, prima di provare ad alzarmi, mettendomi seduta e dandogli le spalle. -"Credo...Credo di avere..."- Iniziai, ma fui interrotta da uno starnuto, che non era mio. Mi voltai di scatto. -"Seriamente?"- Lo guardai ridendo.
Jamie si girò a guardarmi, con gli occhi lucidi e l'aria bastonata.
-"Ben ti sta, Mr. Allegria."- Gli dissi, mentre prendevo il termometro dal cassetto del comodino. Bastarono cinque minuti per capire che avevo la febbre a trentotto gradi e che di conseguenza avevo potuto contagiarlo.
Jamie mi guardò male, quando vide il termometro che aveva utilizzato anche lui per misurarsi la temperatura.
-"Trentasette e mezzo. Grazie tante, Liine."-
-"Ops."- Dissi con una smorfia, mista tra il vero dispiacere e un pizzico di divertimento.
Mi alzai ed andai alla finestra, aprendola. Con mia sorpresa notai che effettivamente, le auto dei miei genitori non erano sul vialetto, mentre quella di Dylan era tranquillamente posteggiata lì.
Il forte tonfo provocato dalla porta d'ingresso, seguito da quello di bottiglie di vetro che venivano poggiate su un tavolo, mi fecero spalancare gli occhi, guardando Jamie.
L'unico sguardo che seppe lanciarmi fu di ghiaccio, misto a qualcos'altro. Mi spostai finalmente verso la porta. -"Aspetta qui."- Dissi, cominciando a scendere le scale. Varcata la porta della cucina, l'immagine di un Dylan stanco e tormentato si parò davanti ai miei occhi. Stringeva un cellulare tra le dita, che fece scivolare di colpo in tasca, appena sentì il rumore dei miei passi pesanti.
-"Roheline"- Riuscì a malapena a dire, mentre faticosamente si avvinghiava a me in un abbraccio. -"Cosa diamine ti è saltato in mente? Perché? Dov'eri?! Hai ricevuto le mie chiamate?!"- Esclamò, non appena riprese fiato. -"E lui!?"- Disse, guardando dietro di me. Mi voltai di colpo e immaginai mille crudeli torture che avrei potuto fare a Jamie, dato che non era evidentemente rimasto in camera, come gli avevo appena detto di fare! -"Che ci fa q...Aspetta un attimo."- Osservò Dylan, quando Jamie si faceva spazio da dietro le mie spalle. -"Voi due... Cosa...?"- Esaminò attentamente i nostri volti, in cerca di chissà quale inconfutabile prova che fondasse l'ipotesi che gli stava frullando in testa.
-"Nulla, Dylan, davvero. Rilassati un attimo..."-
-"Rilassarmi un attimo. Rilassar...Roheline Petrov, io spero che tu stia giocando sadicamente con me. Scompari per una notte intera, ti presenti qui con un ragazzo che hai visto una volta soltanto e, come se niente fosse, dovrei rilassarmi? Ma poi, hai un dannato cellulare, perché ti ostini a non rispondere?"- Quasi urlò, facendo pulsare la vena sul suo collo.
-"Inanzitutto, non è la seconda volta che vedo Jamie."- Mi sentii di puntualizzare, stupidamente, come se prendere le sue, o forse nostre difese, potesse carteggiare via ogni senso di colpa. I suoi grandi occhi feriti continuavano a fissare i miei. Era un ragazzo giovane, troppo giovane, per cercare di fare il genitore di una figlia non sua.
Come potevo spiegargli come mi ero sentita, come ogni posto mi facesse essere fuoriluogo, perfino la mia stessa casa, fino ad allora? Come potevo fargli capire che con Jamie, per la prima volta, mi ero sentita meno sola? E sopratutto, perché era così? Non poteva esserlo, non volevo sopportare quell'idea, realizzai, non appena quel pensiero mi balenò in mente. L'essere incontrollabilmente condizionata, dipendente da qualcuno. Ne avevo sentito parlare, ma per fortuna non era il mio caso. Non potevo sopportare di essere felice, grazie a qualcun altro che non fossi io. Sarebbe stato così stupido, incosciente, meraviglioso.
Sospirai. -"Okay, non è successo niente."- Dissi, beccandomi il classico sguardo scettico di chi non se la beve.
-"Posso spiegare."- Esclamai ancora, come se effettivamente non riuscissi a trovare altre frasi sensate da dire. Mi sentivo così stupida.
E poiché non c'è due senza tre, sbuffai ancora e mi arresi quando, sarcasticamente ondeggiai la testa e alzai le braccia, dicendo: -"Non è come sembra!"-

#Roowolf

Non sono l'eccezione dei libri. {In Correzione}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora