Convincere Dylan non fu affatto facile, mentre gli spiegavo tutti i fatti accaduti nelle ultime ventiquattro ore. Alla fine sembrò crederci e scherzò perfino con Jamie prima di cacciarlo praticamente fuori casa, indirettamente.
I giorni successivi passarono principalmente a letto, tra aspirine e coperte calde. Avevo messaggiato un po' con Jamie, che non aveva passato quei giorni diversamente. Adesso stavo tornando da scuola, dopo una pesante giornata di verifiche e interrogazioni. Avevo provato a farmi qualche amica, a sembrare loro più simpatica. E forse ci ero anche un po' riuscita con Bea, del mio stesso corso di letteratura, e con Steve, grazie all'aiuto di Jamie.
Sentivo finalmente l'aria farsi un po' più calda sulla pelle, mentre camminavo, anche se, qui in Estonia, non tocchiamo mai temperature troppo alte. Ci saranno stati circa ventotto gradi, quel giorno. Era il 23 Aprile.
Insomma, le cose cominciavano ad andare veramente meglio. Non avevo più visto David e le altre. Poi, avevo fatto perfino pace con i miei genitori.
-"Mi dispiace."- Avevo detto loro, alla prima occasione. -"Dobbiamo parlare."-
-"Di cosa?"- Mi aveva interrotto mia madre.
-"Di tutto, di come non riusciamo mai ad andare d'accordo."-
Avevo visto mio padre abbassare lo sguardo, consapevole di quanto avessi ragione.
-"Noi ti vogliamo bene, sei la nostra unica figlia. Come potremmo non volertene?"- Aveva poi detto. E per la prima volta mi era risultato perfino sincero. Avevo proprio deciso di dargli un'altra ultima possibilità. E questa volta non avremmo fallito.
-"Anche io vi voglio bene. Ed è per questo che voglio spiegarvi alcune cose, che magari possiamo aggiustare, insieme."- Avevo continuato, quasi tremando per la forte tensione, prima di esporre le cose che avrei preferito evitassero di fare con me, e avessi chiesto cosa poteva esserci che potesse dare loro fastidio, riguardo i miei di comportamenti. Mi avevano detto che a volte non lasciavo finire loro le frasi, traevo cattive conclusioni e che avrei dovuto essere più gentile. Ero disposta a farlo. Io, d'altro canto, avevo detto che odiavo le urla di prima mattina, che le decisioni venissero prese per me e un lungo elenco che non vi sto qui a dire.
Per quanto riguarda David, la scatola e quelle faccende a me segrete, stavo preparando il terreno. Eravamo d'accordo e da quel giorno era andato tutto discretamente bene, con loro.
Ora, era il momento di cambiare del tutto le cose.
Vidi Kailee evitarmi come ogni giorno, ormai da parecchio tempo, mentre tornavo a casa. Subito mi fiondai verso di lei a passo rapido, sperando che non cominciasse a correre. Camminava accanto a Dafne. Dafne, si, la stessa vipera che odiava entrambe e che riusciva a fare un discorso completo solo se le parlavi di moda e di ragazzi. Bei ragazzi. Lei e Kailee erano diventate molto amiche, ultimamente. Evidentemente ero stata io il loro problema, anche se non ricordavo fosse andata affatto così.
Per fortuna Kailee non si era accorta di nulla, quando mi ero avvicinata.
-"Ehi."- Le picchiettai il braccio. La ragazza dalla pelle color cioccolato e dai capelli molto strani si voltò, guardando me, poi dietro e ancora accanto. Restò impassibile e continuò a camminare.
-"Ho detto ehi. Kailee, sto parlando con te."- Continuai, parandomi davanti loro.
-"Dafne, hai sentito qualcosa?"- Chiese ironicamente la ragazza all'altra.
-"Solo un brusio di mosche."-
-" Ha, ha, ha. Molto divertente, Johansson. Fatti da parte."- Dissi alla pazza hippie accanto alla mia ex migliore amica.
-"Petrov, davvero? Vuoi metterti contro di me?"-
-"Ritengo solo che non sia cosa che ti riguarda, e se ciò significa mettermi contro di te, lo sono da sempre."- Esclamai, piuttosto sicura di me. Vidi la ragazza spalancare la bocca, mentre Kailee la spingeva leggermente indietro, per poi tornare a rivolgersi a me.
-"Che cosa vuoi?"-
-"Non è forse ora di fare pace?"- Chiesi, guardando quei suoi occhi così profondi quanto delusi.
-"Senti, se spezzi le ali di un Angelo e poi gli chiedi scusa, non gli ricresceranno comunque."- la guardai confusa.
-"Ma se le ali di quell'Angelo si fossero spezzate senza che ne avessi avuto l'intenzione, le scuse sarebbero potute essere importanti. Andiamo Kailee, ci conosciamo da tantissimo tempo."- Cercai di convincerla.
La ragazza mi guardò, dopo avere sospirato. Per un attimo ebbi la speranza che si fosse convinta quantomeno a non odiarmi, ma l'attimo successivo alzò la testa e aveva uno sguardo che avevo visto poche volte. Lo conoscevo. Era il tipico sguardo di chi non ha nessuna intenzione di riuscire a provare qualcosa. Lo sguardo di chi, per quanto ci potesse provare, non riuscisse a cambiare la situazione.
-"È ancora troppo presto, Liine, mi dispiace."- Disse stanca, allontanandosi da me. Ci rimasi un po' male, ma era questione di tempo, forse, e avrei potuto aggiustare le cose. Mi feci forza e pensai che, infondo, in quella settimana erano andate bene già molte cose. E che, principalmente, ne avevo il merito.
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Non sono l'eccezione dei libri. {In Correzione}
RandomRoheline Petrov, 17 anni. Vive a Tallinn, capitale dell'Estonia, sotto la responsabilità di una madre dittatoriale e di un padre perennemente assente. In un gelido pomeriggio d'inverno, però, il ritrovamento di qualcosa potrà cambiarle la vita. " L...