7. Punti di vista.

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Attenzione: Mi è stato riferito che questo capitolo confonde parecchio il lettore. È tutto fatto volontariamente e dal titolo stesso penso lo possiate capire. Non utilizzo i "POV" perché questa è una storia, non una FF. Buona lettura

Non facevo altro che pensarci, continuamente. Forse, non si sbagliavano i miei parenti sul suo conto. È solo che era troppo presto.
Facevo avanti e indietro per il salotto ben arredato. Il ragazzo stava cominciando a fissarmi male. Ormai, ci incontravamo spesso, da quando le nostre famiglie ci avevano rispettivamente presentato. Non penso che lui possa nutrire per me granché simpatia, e nemmeno io potevo ammettere di amare i pomeriggi trascorsi in sua presenza, ma sapevamo sopportarci.
-"Posso offrirti un panino?"- Mi chiese, rivolgendosi a me con gentilezza.
-" Non ho fame, grazie. Allora, come è andata con la ragazza? Con Kailee?" - Gli chiesi, cogliendolo di sorpresa.
-" Tu come sai di lei?"-
-" Le voci corrono. "-
-" Non credo, così velocemente"- Protestò. -"Comunque bene, era solo un film. "-
-"E voi due, insomma... Vi siete...?"- Indagai.
-"Cos...No, senti, ma che ti importa?!"- Beh, tecnicamente doveva importarmi, dato che stavo iniziando a conoscere lui e il suo modo di guardare la gente. E per "gente", ovviamente, intendevo una sola persona.
-"Quindi? Che si fa?"-
-"Non lo so. Qui ci sono dei libri, videogames... Fa' quello che ti pare, io vado a farmi un sandwich."-
-"Che cordialità!"- Lo stuzzicai.
-"Già, troppa!"- Godevo del fatto di averlo irritato.
Il suo appartamento era tutt'altro che vistoso. Aveva quattro stanze: una cucina, un salotto, una camera padronale e una degli ospiti. Poi, ovviamente, due bagni privati, ognuno nella rispettiva stanza da letto. Era un luogo molto modesto, che per una sola persona poteva anche bastare. Certo, non posso negare che, se avessi avuto io la possibilità di vivere per conto mio, di certo i miei non avrebbero fatto in modo che vivessi in una topaia del genere, che lui osava chiamare casa.
Per questioni di delicatezza, decisi di non dirglielo. Non volevo passare per una persona egoista, pensavo solo che non tutti dovevamo avere gli stessi diritti. Di certo, la sua famiglia non era una delle più nobili.
Presi un libro e mi sedetti sul divano, cominciando a sfogliarlo.
Mi stavo annoiando a morte. I lunedì sera erano monotoni di loro, se poi dovevo passarlo con un ragazzo così...
-"Ma come ti sei vestito?"- Lo derisi cercando di trattenere le risate.
-"Mi sono sporcato con la maionaise, dovevo cambiarmi"- Si giustificò lui.
Indossava una camicia bianca, smanicata fino al gomito, degli orribili jeans strappati, come se dei cani lo avessero inseguito e poi pure catturato e degli anfibi neri di pelle, assolutamente osceni. Sembrava un pescatore. E perfino nelle mie visioni di cani randagi che gli sbranavano i jeans appariva uno sfigato.
-"Beh, comunque avresti avuto più stile con la macchia di maionaise"- Mi piaceva trattarlo per come si meritava di essere trattato.
-"Ma sta' zitto"- Sputò, guardandomi in cagnesco.
Non feci in tempo a ribattere che bussarono alla porta. Jamie mi guardò per qualche istante, prima di spostarsi per andare ad aprire. Rimasi lì, in attesa.

Mi stavo muovendo verso l'ingresso di casa mia, contento di potermi finalmente allontanare da quell'essere, così irritante, viziato, fastidioso.
Era davvero così irresponsabile da non potergli lasciare casa libera per una sera? Assolutamente sì. Ma quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei acconsentito, anche se si trattava di un favore per i miei genitori. E poi, per fortuna, sotto questo punto di vista, loro presto sarebbero ritornati a New York, lasciandomi il controllo delle redini della mia vita. E, di conseguenza, di tutte le mie conoscenze o amicizie.
Aprii la porta.
-"Roheline?! Cosa ci fai qui?!"- Sussurrai per evitare di farmi sentire dal ragazzo.
-"Ciao anche a te, tizio dagli occhi blu."- Ridacchiò lei.
Portava sciolti i suoi ricci scuri, che ricadevano su un cappotto rosso, con dei grandi bottoni sul davanti. Indossava dei jeans e degli anfibi di pelle, come i miei. Era bellissima, ed era bagnata. Il suo trucco era scolato: aveva smesso di piovere da poco.
-"Dobbiamo parlare."- Disse, tornando seria e spostando le mani dietro la schiena. -"Disturbo?"-
-"No, in realtà, proprio no. Entra pure"-.
-"Grazie"- Sorrise timida, togliendo il cappotto e poggiandolo vicino alla stufa. I suoi grandi occhi verdi brillavano. Sopra i jeans, indossava una felpa nera dei Rolling Stones.
-"Allora, cosa dovevi dirmi?"- Chiesi, incuriosito.
-"Jamie, chi er...Roheline?!"- Urlò di gioia.
-"Hendrik? Ma che...Che stupida. Bhe, come non detto... Passo domani o..."-
-"NO!Ti prego! Resta..."- Si affrettò a dire Hendrik, prendendola per il braccio e trascinandola in salotto.
Lei si voltò, così cercai di improvvisare un'espressione di scuse per poi fare spallucce e seguirli.
La ragazza si era seduta sul divano di fronte a quello in cui stavamo per piazzarci io e il "Signorino". Quest'ultimo iniziò a parlare quando, scompostamente, mi misi svogliato accanto a lui.
-"Qual buon vento ti porta..."- Iniziò lui.
-"Mh... Diciamo che non sono affari tuoi"- Ribattè Roheline, beffarda.
-"Bhe, dillo a lui allora."- Esclamò il presuntuoso, indicandomi.
-"Ne conosce già il motivo."- Mentì, guardandolo con fare di sfida. Se avesse continuato, avrei giurato di poter vedere fuoriuscire dalle orecchie di Hendrik del fumo.
-"Benissimo"- Era bordeaux.
Roheline ruppe il silenzio che stava calando:
-"Tu, invece, che ci fai qui?"-
-"Penso proprio che lui lo sappia."- Rispose, vendicativo.
-"Strnsn"- Riuscii a malapena a sentire. Gli occhi di lei si spostavano continuamente da un oggetto all'altro, per insicurezza.
-"Come, scusa?"- Chiese il ragazzo con superiorità. Sembrava quasi che si nutrisse di quelle occhiate innervosite che la riccia continuava a scaraventargli contro.
-"Stronzo."- Adesso non indugiava più.
-"È il mio secondo nome, amore."- Le sue mani si bloccarono di colpo nonostante il fremito nervoso che non le permetteva di tenerle ferme, fino a quel momento. La sua irritazione era palpabile e, adesso, era il suo sguardo ad ardere. I suoi bellissimi occhi color smeraldo erano puntati su quelli di lui.
Il suo telefono squillò.
-"Pronto? Mamma? Sono affari miei. No..."- Parlava piano e molto lentamente. -"Calmati!"- Continuò sottovoce, per poi urlare -"Cosa?! SEI IN OSPEDALE?"-
Mi voltai di colpo verso Hendrik, che si era già alzato e messo accanto a lei. Il volto pallido della minuta e fragile figura era fisso dritto davanti a sé, mentre ascoltava il suo interlocutore, come se il suo sguardo mi passasse attraverso, come se fossi invisibile.
Rimasi lì, immobile, aspettando che la chiamata terminasse.

*Autore*
Cosa sarà successo? Chi sarà finito in ospedale? Cosa avrà da dire a Jamie? Glielo dirà? Che ne pensate di Hendrik?

Finalmente Wattpad ha ripreso a funzionare! Oggi ho dovuto riscrivere il capitolo, altrimenti sarebbe stato pronto per le 17:00.
Bene, passate da ashadowlight  , Christian_La_Perna ( a cui avevo promesso pubblicità).
Leggete anche Red Eyes di imfour93
Spero di poter scrivere altri capitoli presto, buon venerdì 17 HAHAHAH.
Grazie a tutti i lettori... ♥

Xoxo
#Roowolf

Non sono l'eccezione dei libri. {In Correzione}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora