Sorrisi a Dylan per quella splendida notizia. Ogni brava ragazza meriterebbe di avere accanto uno come lui. Ricordavo di averlo visto innamorato molte e molte volte, ma mai nessuna aveva ricambiato tanto quanto lui. A parte Talia, ma avevano dodici anni ed è tutta un'altra storia.
-"Sta arrivando, quindi?"- Gli chiesi, impaziente di conoscerla.
-"Non la sento da ieri, ma siamo rimasti così."- Rispose, con un tono del tutto rilassato.
Appoggiai la mia mano alla guancia e lo guardai.
-"Parlami di lei, dai."- Cercando di reprimere il sorriso un po' scomposto dalla guancia appoggiata.
-"Beh... È..."- Sembrò pensarci sù, alzando il viso al cielo. -"...fantastica."- Disse, con un sorriso. Il fattore veramente piacevole di Dylan era questa possibilità di parlare senza problemi e senza particolare imbarazzo. A volte si comportava da padre, a volte da amico, ma la maggior parte delle volte era un fratello a cui potevo dire di tutto.
Fissai per un attimo le sue iridi rendendomi conto di quanto fosse bello il colore dei suoi occhi: sia lui che mio padre avevano un intenso castano scuro con alcuni squarci di verde e giallo qui e là, come piccole stelle. Mia madre li aveva cerulei, quasi uguali ai miei. Era insolito quanto potessi averli chiari io, invece, simili ad uno specchio d'acqua. E pensare che avevo sempre trovato affascinanti gli occhi scuri, piuttosto che quelli chiari. Non che non li amassi, ma quelli scuri avevano come un velo imperturbabile, un muro che li rende profondi e misteriosi.
Ma bando alle ciance, volevo sapere di più sul conto di quella ragazza.
-"Descrivimela."-
-"Beh, è simpatica, amorevole, disponibile, giovane, dato non meno importante"- Chiarì scherzosamente. -"Bella e che altro..."- Spostai lo sguardo verso il mare non perfettamente calmo, di fronte alla finestra del bar. Un mini club per l'intrattenimento di bambini era situato vicino ad un lido, con tanto di scivoli e altalene. Non molto lontano, due ragazzi si tenevano per mano, sulla riva. E poi ancora, una donna con il suo cagnolino, passeggiava beatamente godendosi il sole e il vento fresco.
Parnu non era esattamente come la ricordavo: era più bella. I lidi sembravano più organizzati, i bar più forniti e il mare sempre più meraviglioso. Avrei davvero voluto vivere in quella città.
Sentii il cellulare di Dylan, posizionato sul tavolo, vibrare e ruotare leggermente su sé stesso. Istintivamente alzai il mento in avanti, facendo capire al ragazzo della chiamata. Non riuscii nemmeno a leggere il nome sullo schermo, che già aveva risposto.
-"Pronto, tesoro?"- Rispose Dylan, con uno sguardo brillante e attento. -"Siamo qui, al chiosco... Sì, quello di cui ti parlavo ieri."- Ci fu una pausa. -"Ah..."- Cattivo segno. -"Non preoccuparti... Va bene."- Mi tirai sù sulla sedia e appoggiai i gomiti al tavolino, aspettando che chiudesse.
-"...'mbé? Siamo qui da un'ora."-
-"Non può venire con noi oggi."- Disse Dylan, con lo sguardo deluso, alzandosi bruscamente dal tavolo.
-"Cosa? Perché?"-
-"È bloccata, me ne parlerà appena la vedrò...Mi dispiace Liine, volevo davvero fartela conoscere."- Si scusò, mentre prendevo la borsa.
-"Ma ti pare, Dylan, ci saranno altre occasioni."-
Ci dirigemmo verso l'uscita del chiosco-pasticceria, subito dopo aver ricevuto un'ultima fulminante occhiata dalla cameriera delusa.
Ops?
-"Beh, puoi sempre uscire con la cameriera."- scherzai, ricevendo uno sguardo di fuoco.
-"Dopo che le hai fatto credere di essere gay?"- Si bloccò un momento davanti ad un manifesto ai lati della strada: GayPride 2015, lungomare di Parnu. La data di oggi. Vidi Dylan assumere un'espressione psicopatica e fissarmi, indicando quel cartellone. -"In effetti dopo l'evento di oggi, avrà pensato che fosse piuttosto logico! Dio, che figura..."- si portò le mani davanti al viso.
-"Beh, calza a pennello..."- Continuai, scoppiando a ridere per la situazione.Controllai l'orario ed erano già le diciannove: eravamo partiti tardi da Tallinn. Non sembrava proprio che fossero passate tutte quelle ore, dato che qui il sole ci saluta molto presto la mattina e poi non ci lascia per molto, molto tempo. In inverno, al contrario, è quasi sempre buio.
-" Torniamo? Mamma ci aspetta per cena."- Gli chiesi, sapendo che la macchina era parecchio distante.
-"Okay."- Rispose, in un modo che fece intendere quanto volesse solamente lasciarmi contenta.
-"Stai bene?"-
-"Non vorrei stare sbagliando."-
-"A cosa ti riferisci?"-
-"A lei... Insomma, io ci tengo e tu sai come sono. Se andasse come le altre volte? Sapeva di dovere incontrare te, che considero come una sorella. Doveva venire. Era importante."-
-"Non prendertela, gli imprevisti capitano a tutti..."- Cercai di difenderla.
-"Il punto è che non voglio fare la parte dello stupido, ancora. Non sono innamorato come le altre volte, ma so che può essere una cosa seria. Dipende da lei, adesso."- Chiarì, pensieroso.
Vidi la sua mano allungarsi per prendere il cellulare, in tasca, mentre capivo che ci stavamo incamminando nei pressi della familiare libreria di Parnu, la cui strada conoscevo a memoria. Alzò le sopracciglia in un'espressione attenta. Poi parlò: -"È lei, si scusa di non essere venuta."-
-"Visto? È gentile."-
-"Già..."-
-"Ma come si chiama?"-
-"Elizabeth, ha diciannove anni."-
-"L'età giusta."- Commentai, prima di lasciare cadere il discorso e continuare a camminare. Guardai la libreria alla mia sinistra. Non era come quella Apollo del centro commerciale vicino il centro storico di Tallinn, ma era pur sempre bella. L'Estonia aveva la straordinaria capacità di fondere l'antico con il moderno in uno spettacolare miscuglio tradizionale. Era un paese che non avrei mai voluto lasciare. Era il mio paese, era casa mia.Erano le venti e il crepuscolo cominciava a farsi notare, anche se molto lento e pigro.
Adesso stavamo tornando sul lungomare da un viale alberato, pieno di casette di legno chiaro che, in contrasto con quel verde, erano sempre uno spettacolo. Anche quando pioveva Parnu era una meta fantastica. Tutto si tingeva di colori più vividi, quando passava la tempesta, e l'aria si impregnava di quel tipico odore di salsedine, vento e terra bagnata. Era capitato di esserci stata, in quella cittadina, durante l'inverno. Io ed un ragazzo, Maekus, avevamo deciso di andarci quando avevamo quindici anni. Stavamo insieme e proprio in quell'occasione tornai a casa del tutto zuppa d'acqua. Inutile dire che mia madre mi convinse a lasciarlo. Sì, avevo un brutto rapporto con i temporali, ma può succedere quando vivi in un paese in cui piove praticamente sempre. E quando sei abituato a vedere sempre le cose andare allo stesso modo, impari ad apprezzare di più i minimi momenti un po' diversi, come quello che stavo vivendo.Ci guardammo intorno e assodammo ciò che avevo già sospettato: l'auto era molto distante.
Il cielo si era fatto di fuoco. Le nuvole si increspavano sul mare freddo, in lontananza, mentre l'orizzonte era sempre più rosso, arancione e viola.
Vi è mai capitato di vedere un tramonto sul mare? Beh, se qualcuno ha vissuto la sua vita senza averlo visto neanche una volta, non penso che si possa proprio dire che l'abbia vissuta davvero. E ti ritrovi a pensare, pensare, pensare. Al mondo, alle persone, a te stessa. Ti guardi attorno e vedi tutto, nitido. Oppure semplicemente non vedi niente, a seconda dei casi. Dipende da te, da quello che stai vivendo, da quello a cui riporti la tua attenzione e le tue emozioni.Io, ad esempio, in quel momento, avevo visto una sola persona.
Tantissimi turisti ci passavano accanto, chi più lentamente, chi chiacchierando, chi armeggiando con la fotocamera e chi, abbracciandosi, parlottavano tra loro.
Una coppia omosessuale si stava facendo scattare una foto di un bacio al tramonto, da una signora locale poco convinta.
-"Che vergogna."- Sputò sottovoce un vecchietto scorbutico, che si dovette beccare le occhiatacce di chi gli stava passando vicino.
-"Lei è una vergogna."- Rispose qualcuno.
Ritenevo fosse incredibile che ad Aprile del 2015 ci fosse ancora gente disposta a non vedere una coppia felice come una coppia. Insomma, gente, è il ventunesimo secolo, ci vogliamo svegliare? Non sono bastati anni e anni di guerre per farci capire il valore di una vita e della propria felicità? Non sono bastate le lotte e il sangue versato per farci muovere contro le discriminazioni? A quanto pare, beh, no.
In effetti, moltissime erano le coppie omosessuali in quel momento, tutti con un adesivo arcobaleno sul cuore. Si stavano tutti godendo il mare, il tramonto e la bella serata in arrivo, per una volta concessa da questo cielo europeo così settentrionale.
Si stavano radunando anche tante famiglie, sulla riva, accasciate sulla sabbia con dei sacchetti. E ancora, dei ragazzi, intenti ad accendere un falò e a suonare la chitarra. C'era sempre aria d'estate, in spiaggia, ma mai come in quel momento ne avevo avuto talmente tanto bisogno.
Beccai Dylan osservare attentamente una ragazza, mentre ci fermavamo un secondo a comprare una bottiglietta d'acqua. Gli tirai una gomitata per la sfacciataggine di quel suo sguardo, mandato con non curanza e poca attenzione.
-"A chi guardi?! Sei fidanzato, stupido."- Gli ricolpii il braccio per attirare la sua attenzione, mentre mi voltavo.
-"Ehi!"- Protestò Dylan, indignato.
-"Dovresti avere più rispetto per Elizabeth."- Orgoglio e alleanza femminile, si facevano sentire.
-"Scema, mi sono voltato per un altro motivo!"-
Strabuzzai gli occhi, confusa, e guardai nella stessa direzione, un po' vaga.
-"Non capisco."-
-"Con chi è che avevi litigato?"- Mi chiese.
-"Con molte persone, Dylan, con molte persone."-Spostai lo sguardo su di lui.
-"Okay, ma..."- Mi fissò. -"Guarda lì."- Disse, indicando con il mignolo un punto al marciapiede di fronte, ovunque tranne dove stavo guardando io. Quando capii finalmente a chi si riferiva, feci spallucce vedendo una coppia appoggiata al muro, che si teneva per mano.
-"E allora?"- Guardai Dylan, del tutto disinteressata. -"Li conosci, forse?"-
Dylan fermò lo sguardo su di me, quasi incredulo. I suoi capelli erano mossi dal vento che stava cominciando a farsi sempre più freddo, man mano che il sole ci stava abbandonando. Dovetti alzare la testa per guardarlo dritto negli occhi, data la notevole differenza di altezza. La sua pelle, sotto quella luce, aveva assunto tutte le tonalità calde del cielo che avevamo sopra la nostra testa. Mi spostai nuovamente, incrociando le braccia al petto e cercando di vedere meglio. Dylan parlò, quando finalmente capii:
-"Beh, non esattamente, ma tu credo proprio di sì."-*Spazio Autore*
Salve ragazzi!!! Da quanto tempo?!
Beh, voglio sapere cosa ne pensate della storia, sul come si sta evolvendo e se vi piacerebbe che cambiasse in qualche maniera! Commentate e lasciate dei voti :3
Inoltre, vi consiglio di passare dalla storia di una mia lettrice: @ilham03ifri (che non riesco a taggare!)
grazie!
#Roowolf
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Non sono l'eccezione dei libri. {In Correzione}
AcakRoheline Petrov, 17 anni. Vive a Tallinn, capitale dell'Estonia, sotto la responsabilità di una madre dittatoriale e di un padre perennemente assente. In un gelido pomeriggio d'inverno, però, il ritrovamento di qualcosa potrà cambiarle la vita. " L...