Capitolo 18

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"La notte sposta le lune, le riallinea accuratamente. Sei padrone dei tuoi sensi, in pace con il mondo. Il silenzio, la musica."



È notte fonda quando le scrivo, e non mi importa. Non necessito di una sua risposta imminente, voglio solo esprimere quel che sento.

"Mi manchi."

Digito il semplicissimo messaggio e lo fisso. Fisso quelle due paroline come fossero la cosa che mi fa più paura al mondo, in questo momento. Ed è davvero così, mi fanno paura. L'immensità della mia follia mi investe, perché è folle che io abbia paura di un messaggio. Le persone si dicono mi manchi tutto il tempo, si scrivono tutto il tempo, messaggiano tutto il tempo, e invece io sono qui e ho paura. Divento titubante, divento stupido. Mi chiudo.

Clicco il tasto di invio e la mente si svuota.

Al diavolo.

Mi manca. Mi manca e questa sensazione mi fa paura, perché sono incazzato con lei, tremendamente incazzato, e invece di starle lontano come dovrei le scrivo pochi giorni dopo? Non esiste. Devo essere ubriaco. Sono un ubriaco sobrio. Rido di me.

Ora potrei fare solo due cose: dormire, o restare sveglio a fissare il cellulare.
Entrambe le opzioni mi infastidiscono parecchio, ma quella di provare ad addormentarmi mi alletta di più. Almeno non penso. Non voglio pensare. Chiudo gli occhi, ma improvvisamente sento il cellulare vibrare.

"Cris..."

il cuore scalpita nel petto, ma sorrido.

È sveglia, come me. Poteva ignorarmi e ha deciso di rispondermi.

"Ho bisogno di vederti, dobbiamo parlare." scrivo, e la sua risposta non si fa attendere:

"L'ultima volta che dovevamo parlare non è andata propriamente così." sorrido, e il ricordo delle sue labbra morbide sulle mie mi invade di nuovo la mente.

"No, ma questa volta ti prometto che faremo solo quello."

L'ansia mi contorce lo stomaco mentre aspetto la sua risposta. Mi rendo conto che sto diventando patetico quando continuo a fissare il cellulare, quando continuo a pensare che deve accettare, perchè ho bisogno di vederla e ho bisogno di parlarle. Ho bisogno di farle capire che lei per me non è una sfida. Ho bisogno di sentire la sua voce e di guardarla negli occhi. Ho bisogno di sentire il suo profumo e ho bisogno, ho bisogno di lei.

"Va bene, quando?"

Dio, potrebbe scoppiarmi quello stupido organo che ho nel petto eppure non mi importerebbe.

"Domani? cioè, oggi. Vieni a casa mia alle 15:00?" chiederle di venire da me è la soluzione piu' facile.

"Va bene, ci vediamo... oggi. Buonanotte Cris."

"Buonanotte."

Sorrido, e mi addormento così:  in pace con il mondo.







Sono le quattordici e quaranta, e le mie dita strimpellano i tasti del pianoforte. Sono agitato, ma in senso positivo. Sono agitato e ansioso di vederla, e vorrei che la mia mente si concentrasse anche su altro; la musica è, come sempre, una buona distrazione. Continuo a suonare finchè non sento il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni.

È un suo messaggio:

"Sono qui, aprimi."

Non le rispondo ma prendo la giacca e le chiavi di casa e scendo le scale, mentre cerco di fermare l'ansia che mi sta investendo. Cazzo. Sono stanco di sentirmi impotente davanti alle mie emozioni, sono davvero stanco.

Quando la vedo, e quando mi sorride, in qualche modo posso notare che sembra agitata anche lei.

"Non mi fai salire?" mi guarda, mi guarda in quel suo modo dolce.

"Ti porto in un posto." sorrido, perchè in quel posto ci siamo già stati, ed è stato quando mi sono reso conto che c'era qualcosa.

Iniziamo a camminare e la tensione svanisce. Mi basta vederla per calmarmi, e non capisco se è un bene o un male. Io non ho bisogno di nessuno, il mio tempo è importante, e se scelgo di condividerlo con qualcuno, vuol dire che quel qualcuno è importante per me, e lei lo è, lo è fin troppo.

"Come stai Cris?" guarda davanti a sè, i suoi capelli sono accarezzati dal leggero vento, e la sua domanda risuona nell'aria.

Come sto? Davvero, come sto?

"Non lo so." ed è così, non so davvero come sto.

Non mi risponde e continuiamo a camminare.

Quando si rende conto che siamo arrivati alla radura, la nostra radura, sorride.

Mi siedo sull'erba e lei fa lo stesso mentre la guardo, non posso farne a meno, non posso fare a meno di osservarla e studiare ogni piccola cosa di lei.

"Dobbiamo...dobbiamo parlare di Sabato." finalmente posa i suoi occhi nei miei.

"Non pensavo davvero quello che ho detto, non penso di essere una sfida per te, scusami."

sorride, e come faccio, come faccio ad essere ancora incazzato con lei?

"Scuse accettate. Io invece devo dirti una cosa." mi sorprendo di me stesso, ma devo farlo, per il bene di entrambi.

"Dimmi."

"Ho pensato a tutto quello che è successo e che ci siamo detti, e va bene così Ale, dobbiamo e possiamo essere solo amici. Proviamo a riniziare tutto da capo?" so che le mie parole l'hanno colta di sorpresa, lo leggo nei suoi occhi. Ma leggo anche un'altra cosa che sembra... delusione?

"Cris!" improvvisamente mi abbraccia, e il fatto di aver fatto un grande passo indietro con quello che ho appena detto passa in secondo piano. Non mi sono arreso davvero, ma non posso continuare così. Lei sceglierà lui, sempre. Ne sono sicuro.

"Grazie, grazie di aver capito." sorride e sembra un sorriso sincero.

Sorride, mentre tutto dentro di me si frantuma. Ora non posso piu' tornare indietro.
Ho fatto una scelta che va contro quello che provo e contro me stesso.

Ho fatto una scelta che devo portare avanti.

Amici, si, amici.

Sorrido, perchè io credo di conoscere questa ragazza, e perchè mi fido di quello che sento.
Sono quasi sicuro che lei provi qualcosa per me, ma io non farò piu' niente.

Per quanto voglia farlo, io non farò piu' niente.

Sarà lei. Sarà lei, prima o poi, a farlo.

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