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Ci avrebbero impiegato circa un mese per raggiungere Palazzo Topkapi, sede reale del sultano e della sua corte. Avrebbero avanzato velocemente lungo tutto il territorio russo, evitando eccessive pause, per arrivare al porto di Sochi, dove avrebbero preso una nave che li avrebbe portati a Costantinopoli. Lì, le schiave, avrebbero dovuto sottoporsi al Controllo, impiegato dalla Valide Sultana, madre del sultano, e dal capo degli Eunuchi Neri, così chiamati poiché sottoposti all'evirazione completa.

Ibrahim era deciso a giungere il giorno prima del compleanno del sultano Süleyman, suo grande amico e padrone, per renderli il suo speciale presente. Per questo motivo aveva intenzione di razionare le pause, anche se questo significava doversi torturare per tutto lo scomodo viaggio.

Infatti viaggiavano da due giorni e le gabbie sulle quali le ragazze erano state ammassate, più la lussuosa carrozza di Ibrahim si erano fermati solamente una volta, per consentire a quest'ultimo di fare i suoi bisogni.

Le strade erano pietrose e piene di buche, dentro le quali le ruote in legno delle carrozze faticavano ad uscire. Ogni villaggio di contadini che sorpassavano era più malfamato del precedente e la puzza di sterco di mucca, feci umane e Allah sapeva cos'altro, diventata sempre più insopportabile. Odiava profondamente la Russia e tutta la sua ignorante popolazione di contadini e zoticoni.

Ibrahim Pascià sentiva la testa pesante a causa dei continui e bruschi movimenti della carrozza. Questo era uno dei motivi per cui preferiva viaggiare con il suo fedele destriero nero, Xantos, poiché niente poteva essere comparato al sentimento di libertà del quale il suo corpo veniva pervaso, quando il cavallo si muoveva sulla terra, galoppando veloce come il vento. Poteva sentirsi un dio, padrone del mondo, con l'aria fresca che gli soffiava in volto scompigliandogli i folti capelli neri.

Non ce la faceva più; doveva cambiare aria e far fermare anche le ragazze, che di certo non potevano avere un aspetto malfamato, stanco e puzzolente durante la vendita a Costantinopoli e soprattutto davanti alla madre del sultano.

Diede l'ordine di fermare la carrozza e il cocchiere fece come gli fu ordinato, quando giunsero in prossimità di una locanda costruita in legno.

Il Gran Visir non sprecò la sua attenzione nel leggere il nome che l'insegna riportava, era sicuramente impronunciabile. Conosceva molte lingue, tuttavia il russo non era tra le sue preferite. Il greco era la sua lingua madre a cui era molto legato e affezionato; conosceva perfettamente anche l'albanese, l'italiano e lo slavo oltre al turco e l'arabo.
Era il Gran Visir, doveva essere istruito e saper parlare tutte le lingue per svolgere al meglio il suo lavoro.

Ibrahim si passò una mano fra i capelli neri, spettinandoli dalla loro piega perfetta; scese dalla carrozza e si diresse verso la gabbia arrugginita che conteneva le schiave.
Erano ammucchiate una vicino all'altra mentre cercavano di riscaldarsi mani e piedi. Indossavano semplici vesti leggere, quindi pativano più il freddo di quanto lo sentisse Ibrahim o i due mercenari. Si trovavano d'estate, ma la notte le temperature scendevano incredibilmente.

Si concentrò su Roxelana, che tremante e rannicchiata in se stessa, aveva poggiato il capo sulle ginocchia. Del suo viso poteva solamente ammirare gli occhi azzurri, che la guardavano con la stessa scintilla di odio e vendetta. Per lei, era lui l'unico fautore di tutte le sue disgrazie, colui che le aveva fatto perdere tutto, che l'aveva denazionalizzata. Ibrahim era l'erba cattiva che si vorrebbe estirpare. Non ebbe paura del suo sguardo, ne fu semplicemente divertito, poiché era da troppo tempo che nessuna creatura si azzardava a mostrare i suoi reali sentimenti davanti a lui. Avevano paura, meno di quanto ne avessero del sultano, ma avevano paura del suo potere.

Roxelana: L' Imperatrice Dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora