XII

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(Sono viva e il capitolo con me! Ieri sono approdata sana e salva e per fortuna non sono affogata come il Titanic nelle acque dell'Adriatico. Ho trovato un connessione decente e finalmente posso pubblicare il capitolo!
Stavo spulciando su 'narrativa storica' per cercare qualche storia da leggere e fra quelle In Tendenza all'ottavo posto, c'è la mia! Oh Dio, ho saltato per casa di nonna per circa dieci minuti prima di calmarmi xD. Ad ogni modo io adesso mi godo queste vacanze dopo mesi stressanti di scuola e due di lavoro, mi godo la compagnia dei miei amati parenti e respiro l'aria di casa, della mia amata Albania. Buona lettura e grazie di essere sempre così pazienti e gentili con me! Buone vacanze e alla prossima, vi ho disturbato abbastanza.) 

Quattro mesi dopo...

Il sultano e i suoi funzionari erano rinchiusi da più di due ore a discutere sulle migliori strategie per combattere i nemici sul fronte marittimo. Il Mediterranero, infatti, era una preda ambita da molti paesi europei, in prima linea c'era l'Italia che si era proclamata sua unica regina. Quindi, dovevano cercare nuovi modi per aggirare gli agguati e gli ostacoli che i nemici avevano in servo per loro e per fare ciò avevano bisogno di alleati. La Francia si era rilevata un ottimo compagno di battaglia e aveva concesso loro più uomini di quelli che avevano richiesto. Tuttavia non bastava il numero di guerrieri per vincere una guerra, contavano più le strategie e la furbizia.
-E' di vitale importanza che riusciamo a conquistare prima la parte Orientale del Mediterraneo e successivamente quella occidentale. Non possiamo pretendere di riuscire a vincere questo scontro senza nessuna perdita, sarebbe troppo pretenzioso da parte nostra e soprattutto non possiamo conquistare tutto insieme! Il Mediterraneo è un'area molto vasta e soprattutto pericolosa. Non stiamo parlando di lottare sulla terra ferma, il mare può esserci amico o nemico... - disse Ibrahim, guardando Selim negli occhi. Tutti gli altri funzionari politici e visir non erano d'accordo con il pensiero del giovane uomo. Erano convinti che chiedendo un esercito maggiore al re francese e aumentando le truppe e le navi turche si potesse arrivare a conquistare il Mediterraneo senza gravi perdite. - Inoltre non sappiamo quante navi l'imperatore abbia messo a disposizione! Sarebbe un suicidio.-
-Dovremmo rischiare se la vittoria è pressoché nostra!-
-Abbiamo già conquistato due loro città, perché non dovremmo riuscire nel nostro intento? -
Ibrahim guardò i due visir, assottigliando gli occhi. Erano vecchi e dai modi e pensieri antiquati. Indossavano copricapi bianchi con gemme e piume di gabbiano a forma di cilindro, lunghe e grige barbe incorniciavano i loro volti anziani e segnati dal tempo.
Il Gran Visir avrebbe tanto voluto afferrare una delle navi modello, posizionate sulla cartina e lanciarle addosso ai due vecchi. Non sopportavano che lui e Selim fossero così vicini, quindi facevano di tutto per contestarlo in qualsiasi conversazione, persino la più inutile. Ad ogni modo Ibrahim si rimpossessò del suo autocontrollo e dopo aver ascoltato qualcun altro parlare, disse: - Sembra che oltre ai capelli, voi abbiate perso anche la ragione. Avete preso del vino a colazione, questa mattina? Non riesco a spiegarmi come potete sostenere delle tesi così assurde. -
-Gran Visir, come osate rivolgervi così a noi! Dovreste portare più rispetto, considerato che noi siamo al servizio della corona da molti più anni di voi. Abbiamo sempre suggerito a sua maestà il sultano con fedeltà.-
-E io vi ringrazio per questo, miei cari – s'intromise Selim, sorridendo e alzandosi dalla sedia su cui era accomodato. - Forse è meglio se adesso ci prendessimo una pausa, che ne dite? E' da ore che discutiamo su questo argomento e la testa mi duole terribilmente. Ci riuniremo verso il pomeriggio. A dopo, miei cari. -
Tutti si inchinarono quando il sultano Selim passò loro davanti per andare verso il suo amico Ibrahim.
-Ti va di venire a passeggiare con me in giardino, Ibrahim? - domandò il sultano, levandosi il copricapo rosso, dello stesso colore del suo mantello, per asciugarsi il sudore. Negli ultimi quattro mesi si era lasciato crescere la barba e somigliava ogni giorno più spesso al padre defunto.
-Certo, mio sultano. -
I due uomini lasciarono la sala quasi di corsa, udendo gli altri presenti borbottare qualcosa riguardo al rispetto della nuova gioventù. Quando passavano per i corridoi ed incontravano i servitori, essi si inchinavano ad entrambi in segno di rispetto. Giunsero in giardino in pochi secondi e si bearono dei leggeri raggi solari che riscaldavano loro piacevolmente la pelle. Rimasero in silenzio, apparentemente senza nulla da dirsi.
Ibrahim osservò Selim e notò un guizzo nel suo occhio sinistro, quello strano movimento che faceva quando qualcosa lo preoccupava.
-Che cosa ti preoccupa, Selim? Se è per ciò che ho detto poco fa in consiglio, mi scuserò. Ho perso il controllo e...-
-No, non è per quello. Si tratta di mio figlio...- Selim guardò Ibrahim in cerca di aiuto, come se fra le sue mansioni ci fosse quella di salvare la gente. L'amico sbiancò all'improvviso, togliendosi immediatamente il copricapo nero dai capelli e scompigliandoseli il modo nervoso.
-Mustafà Sultan? Che cos'ha, sta male? Vado subito a chiamare un guaritore e...- Ibrahim non aveva idea di cosa volesse dire avere un figlio; sotto quel punto di vista era ignorante. Tuttavia trattava l'erede al trono, Mustafà, come se fosse figlio suo. Era impossibile non affezionarsi a quel bambino, tutti a Palazzo lo amavano. Selim ed Ibrahim, soprattutto, facevano a gara per il suo amore e il piccoletto sapeva approfittarsene. Veniva viziato da tutti. Quindi, se gli fosse capitato qualcosa, Ibrahim ne sarebbe sicuramente rimasto distrutto. Sarebbe stato come perdere un figlio.
-No, non si tratta di Mustafà, ma di quello che Gülbahar aspetta. Questa mattina si è svegliata in un bagno di sangue. Il Guaritore ha detto che ha avuto un aborto spontaneo, Allah se lo è portato con sé, si è portato via il mio povero bambino. - Selim sospirò, passandosi una mano sul viso. Era distrutto e il suo colorito pallido lo confermava. - Che cosa ho fatto? Perché ha deciso di punirmi in questo modo?-
-Non te ne devi dare una colpa, Selim. Sono cose che capitano, purtroppo. Lei come sta? Sei andato a trovarla? - Domandò Ibrahim, preoccupato.
-Sì, non fa altro che piangere. Le sono stato accanto, ma con tutte le faccende che devo sbrigare, non posso consolarla come il mio onore mi impone... Vorrei tanto essere un umile contadino, almeno così potrei restare al fianco delle persone a cui tengo. - Selim si passò una mano sulla faccia. Sembrava sfinito. -Non dirmi che sei ancora arrabbiato con me, Ibrahim. Mi serve la tua amicizia in questo momento. -
-Certo che no, capisco le tue preoccupazioni e Freya non è poi così male come compagna. E' molto dolce. - Ibrahim forzò un sorriso, scrollando le spalle. Nonostante il suo orgoglio ne fosse rimasto deluso, il Gran Visir amava troppo Selim per tenergli il broncio. Erano trascorsi sei mesi, era ora di smetterla di fare il bambino per fare l'amico e il fratello e aiutarlo nei momenti di bisogno. - Scusami, Selim. Sono stato uno stupido. -
-Scusami tu, Ibrahim. Non sai quanto mi sono odiato per ciò che ti ho rivelato. Questo periodo senza di te è stato il più noioso di tutta la mia vita. Sono talmente abituato ad averti al mio fianco, che l'idea di perderti, mi ucciderebbe.-
Ibrahim sorrise, abbracciando brevemente il suo sultano. Era stato uno stupido ad arrabbiarsi con lui, era chiaro che Selim provasse tanta stima e tanto amore nei suoi confronti e se aveva deciso che lui non era degno di sposare Hatice, allora doveva essere vero.
Doveva fare l'uomo e accettare la dura verità, per quanto fosse scomoda e dolorosa.

Roxelana: L' Imperatrice Dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora