XI

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Quando Ibrahim se ne fu andato come un cucciolo ferito dal padrone, Selim si buttò sul enorme e soffice letto a baldacchino.

-Allah, perché le mie labbra hanno parlato con cotanta freddezza e cattiveria?- Si interrogò, passandosi una mano tra i capelli soffici e lunghi.

Erano rare le volte in cui lui e il suo migliore amico litigavano, ma quando succedeva Ibrahim era capace di tenergli il broncio per giorni. Era sempre stato particolarmente suscettibile e permaloso, il suo Gran Visir... Se la prendeva facilmente e se non eri tu a porgergli le tue scuse, lui non abbassava il capo. Era orgoglioso e testardo, Ibrahim.

Selim, dal canto suo, non gli aveva mai rinfacciato le sue origini. A lui non importavano tutte le baggianate che gli aristocratici predicavano sulla superiorità dei nobili sui ceti più bassi e più poveri. Per il sultano, agli occhi di Allah, ogni persona era uguale. Non importava da quale famiglia uno proveniva.

Bastava prendere Ibrahim stesso come esempio: lui, un ex schiavo, era più intelligente di quanto lui avrebbe mai potuto essere, aveva modi ben più raffinati dei suoi e persino più cultura di lui, nonostante a palazzo ci fosse una tra le biblioteche più grandi del mondo conosciuto! A Selim non piaceva particolarmente dedicarsi alla lettura; essa non era fra i suoi passatempi preferiti.

Selim si sentiva un verme. Non sopportava l'idea di aver ferito una delle persone che più amava, per un matrimonio combinato... Aveva frainteso il sentimento di amicizia che Ibrahim provava per la sua bella cugina. Sperava che organizzando un matrimonio, il suo amico dimenticasse sua sorella, alla quale non si sarebbe mai unito legalmente. Lui non avrebbe mai lasciato che Hatice sposasse Ibrahim, mai.

Non lo faceva per cattiveria, ma per morale e principio. Hatice era ancora una bambina, aveva una vita davanti per sposarsi e non capiva cos'era l'amore. Quello che provavano l'uno per l'altra era semplicemente amore fraterno, scambiato per altro.

Se Selim avesse concesso quella unione, sarebbe stato come ammettere alla sua corte l'incesto. Che atto deplorevole e senza onore! Allah li avrebbe condannati tutti!

Ad ogni modo avrebbe fatto fare loro una bella dormita per calmarsi; successivamente avrebbe fatto visita ad Hatice e le avrebbe chiesto scusa. Era stato così felice per la gravidanza della sua Favorita e per il regalo di Ibrahim, da aver dimenticato i sentimenti di sua sorella, della sua dolce e piccola sorella.

Aveva promesso di farle da padre e da fratello ed era quello che aveva intenzione di fare fino alla fine dei suoi giorni.

Selim si alzò dal letto e con mosse veloci si tolse tutti i vestiti superflui, rimanendo solamente con un paio di calzoni bianchi. Doveva aspettare la sua dolce e bella Hurrem, almeno in lei avrebbe trovato del conforto.

Era strano il modo in cui lui e la schiava avevano legato sin dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati. Selim non aveva mai amato nessuna delle sue concubine, persino la sua Favorita da cui aveva avuto il suo primo erede maschio, la sua prima gioia, Mustafà.

Era scontato pensare, per lui, che fossero solo degli oggetti da sfruttare per il suo unico piacere. Le aveva comprate solo per quello, infatti.

Tuttavia in Hurrem c'era qualcosa di diverso. Lo aveva stregato. I suoi occhi verdi, i suoi capelli rossi, il suo sguardo coraggioso ma allo stesso tempo impaurito e la sua innocenza, erano un mix che non lo lasciavano indifferente in una donna, anzi... Gli piaceva e finalmente, quella sera, l'avrebbe avuta in tutti i sensi.

Si trovava in uno degli enormi balconi della sua camera da letto a osservare le stelle nel cielo scuro, quando la porta sbatté all'improvviso, facendolo sussultare. Selim si girò di scatto, pronto a combattere con chiunque avesse cercato di fargli del male, ma il suo sguardo si addolcì quando notò la sua schiava, la sua Hurrem, schiacciata contro la parete.

Roxelana: L' Imperatrice Dell'EstDove le storie prendono vita. Scoprilo ora