Il tuo mondo brucerà

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Venni trascinato attraverso un grande portale di legno chiaro. Mi aspettavo un posto arioso e pieno di luce, invece dentro faceva piuttosto buio. Almeno questo, pensai, mentre attraversavamo un corridoio lungo e stretto, illuminato da candelabri finemente intarsiati, fino a quella che doveva essere la sala del trono di Thranduil, una stanza circolare con un trono e nient'altro.

Le guardie mi scaraventarono in ginocchio davanti a Thranduil, stravaccato sul trono con aria strafottente, e mi legarono i polsi dietro la schiena. Non avevo intenzione di stare in ginocchio davanti a un elfo, ma quando cercai di rialzarmi l'elfo biondo mi spinse di nuovo a terra, sguainò una spada con un unico momento fluido e mi infilò la lama sotto il mento. Con la mano libera, mi tirò verso di sé, in modo da potermi sgozzare più facilmente. Mi ritrovai con la guancia quasi schiacciata contro il suo addome. Non completamente schiacciata, perché mi teneva alla distanza massima che tenermi sotto tiro gli consentiva. Avrei voluto sputargli in faccia, ma avrei dovuto alzare la testa, e non ero sicuro che fosse una buona idea scoprire la gola. La golgi si mise le mani sui fianchi e mi squadrò dall'alto in basso, ben felice di poterlo fare, evidentemente, dato che fino a un'ora prima il suo naso arrivava al mio plesso solare a dir tanto.

Il loro disgusto verso di me era così intenso che ne sentivo l'odore. L'elfo che mi teneva stretto aveva le labbra serrate, la golgi mi guardava come se fossi un mucchio di spazzatura, e Thranduil pareva stesse facendo uno sforzo sovraumano per non aggredirmi.

Thranduil si alzò pigramente dal trono, sguainò la spada dal fodero e iniziò a girarmi intorno, con le vesti che frusciavano sul pavimento lucido. Era talmente pulito, quel marmo, che ci si poteva mangiare sopra. Sperai di aver lasciato una scia di fango almeno fino alla porta.

-Parla- disse nel linguaggio comune, in tono freddo e strascicato, dopo avermi fatto un lungo quanto inutile predicozzo sulla natura del male– e ti lascerò andare. Non hai nulla da temere.

Sì. Come no. Avevo o non avevo una lama premuta sul collo? Presi un respiro profondo per non farmi sopraffare dall'ansia.

L'elfo biondo mi diede uno strattone.- Stavate seguendo i tredici nani. Perché? Chi vi ha mandato?

Ghignai e ringhiai insieme.- Non tredici. Non più-. Probabilmente lo dissi solo per far stare male la golgi, che infatti si voltò di scatto a guardarmi.- Quello giovane, l'arciere con i capelli neri, l'abbiamo colpito con una freccia Morgul. C'è veleno nel suo sangue. Ci soffocherà presto.

Gli altri due mi guardarono perplessi, come se non capissero perché ci tenessi a far notare la cosa. Ma erano ciechi? Me n'ero accorto io e non loro?

-Rispondi alla domanda, sozzura- sibilò la golgi, glaciale.

Io prendevo ordini solo da Azog e da nessun altro. Soprattutto non da lei. Feccia a me! Io chiamavo feccia gli altri, non il contrario.- Non rispondo ai cani, golgi!- le abbaiai contro. Strattonai violentemente, ma l'elfo biondo mi tirò indietro.

-Io non me la farei nemica – disse.

-Ti piace uccidere le cose, orco?-. Lei tirò fuori una freccia dalla faretra con una certa veemenza.

Mi piace uccidere le cose? Che razza di domanda è?

- Ti piace la morte, vero?- ringhiò. Improvvisamente, notai con soddisfazione, la sua voce tremava.- Vorresti provarla? Allora posso dartela io!-. Cercò di lanciarsi su di me, ma Thranduil gridò qualcosa in elfico. Lei lo guardò, poi guardò me con profondo disgusto, io le sibilai contro, e lei se ne andò rigida e impettita, con l'espressione nauseata di chi ha appena dovuto guardare la carcassa di un animale disgustoso investito e mutilato da un carro. Peccato: mi sarebbe piaciuto che mi levasse l'elfo di dosso per strangolarmi personalmente, così avrei potuto farla a pezzi. L'elfo biondo la seguì con lo sguardo.

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