In marcia

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Il giorno dopo, Tauriel si era fatta più sospettosa. Non mollò le sue armi nemmeno per un attimo e mi tenne d'occhio per tutto il tempo. Reagii con assoluta indifferenza e sprezzo. "Prima o poi riuscirò a ucciderla e ad andarmene" pensai, ma quella notte lasciai perdere. E quella dopo ancora. Ogni volta trovavo un motivo. Aveva il sonno leggero, c'era troppa luce, ce n'era troppo poca, se avesse urlato qualcuno avrebbe sentito e non avrei fatto in tempo a strapparle la lingua...Alla fine scoprii che sapere il suo nome mi rendeva molto più difficile volerla uccidere. La nostra si trasformò in una specie di guerra psicologica per la quale ognuno cercava di sfiancare l'altro. Quando mi svegliavo prima di Tauriel, il mio metodo per farla alzare era rovesciarle in testa una borraccia piena d'acqua gelata, afferrarla per un braccio e tirarla in piedi, scuotendola bruscamente, mentre lei tossiva e sputacchiava e mi strillava di non toccarla. Una volta cercò di darmi un calcio. Le risi in faccia. Da parte sua, lei faceva di tutto per mostrarmi il suo disprezzo e disgusto per me. Ogni tanto mi chiamava Narzug, ma non smise di chiamarmi anche mostro, orco, sozzura, feccia...Non mi toccava e se poteva evitarlo non mi guardava negli occhi. Sussultava a ogni mio movimento brusco, e coronava il tutto insinuando senza mezzi termini che considerava me e tutta la mia razza solo delle macchine per uccidere prive di sentimenti, sadiche, capaci di tutto e consapevoli, orgogliosi e felici di esserlo. Io la ignoravo. Ero abituato a essere trattato così.

Solo dopo molti giorni dal fallito attentato, Tauriel smise di tenermi sotto stretta sorveglianza, anche se era chiaro che non solo non si fidava, ma le facevo proprio schifo. Camminavamo tutto il giorno, senza mai dormire due volte nello stesso posto, tenendoci alla larga da villaggi e città.

Quando era di buon umore, Tauriel aveva una certa parlantina. Persi il conto di quante volte le dissi di chiudere quella maledetta bocca. Non che mi obbedisse, figurarsi. Alla fine smisi di dirle di stare zitta e iniziai a rispondere a grugniti. Dai grugniti passai ai monosillabi. Poi a parole più lunghe. Prima che me ne accorgessi ero arrivato a frasi intere. A ricambiare le domande e ascoltare veramente le risposte. Poi cominciai a mia volta ad avviare le conversazioni. La cosa mi faceva sentire immensamente frustrato, ma Tauriel sembrava contenta. Anche se avevo smesso di provarci, non significava che avessi rinunciato al mio proposito di farla fuori, così, per non peggiorare la situazione, non la chiamavo mai per nome. Lei invece sì, anche se pronunciava il mio nome in modo strano, con quel suo accento da elfo.

Il problema principale era cosa mangiare. Tauriel sembrava vivere di qualche bacca, rugiada ed energia dell'universo, ma a me serviva carne. Cruda. E per qualche motivo, sentivo di non voler assolutamente che Tauriel mi vedesse sgozzare polli, cinghiali, persone e quant'altro, farli a pezzi e mangiarli, cosa che non mi aveva mai dato problemi prima. Quindi io mi stavo praticamente lasciando morire di fame. Se Tauriel si stupiva ad alta voce che non toccassi cibo, le ringhiavo contro. Quando proprio non ce la facevo più e rischiavo di mangiare lei ( perché non lo facessi, poi, non riuscivo a capirlo) sgattaiolavo via a notte fonda, trovavo qualcosa da uccidere per placare la mia fame e poi tornavo indietro, senza sapere perché non ne approfittavo per scappare via. Per qualche motivo, mi frenava il sospetto che senza di me Tauriel si sarebbe persa dopo due metri di strada, e che probabilmente sarebbe morta. Penso non fosse mai uscita da Bosco Atro.

Stavo iniziando a stupirmi che non stesse andando niente storto, e che fossimo ancora entrambi nelle stesse condizioni in cui eravamo partiti, quando arrivò il primo problema.

Un attacco delle cose più terrificanti che avessi mai visto...e io sono un orco, per la miseria. 

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