Il figlio di Ungolianth

53 5 0
                                    

Successe di notte. Fui svegliato da un rumore improvviso. Mi alzai, mi guardai intorno, ma non vidi niente. Niente...tranne un bagliore rosso nel buio. Poi un altro e poi un altro ancora. Contai quattro paia. Afferrai la spada e il movimento svegliò Tauriel, che mi lanciò uno sguardo interrogativo. Notando vagamente che non si era sentita minacciata se avevo preso la spada, cosa che deducevo dal fatto che non aveva agguantato il pugnale per tirarmelo in testa, le feci segno di stare zitta e le indicai il bagliore. Lei sussultò e sbiancò. Afferrò l'arco e la faretra, e fece per dirmi qualcosa, ma non ci fu bisogno, perché le quattro paia di bagliori rossi si rivelarono essere gli otto occhi di un gigantesco ragno che avanzava caracollando verso di noi, fuori dai cespugli. E per gigantesco con intendo relativamente a un ragno, ma in assoluto: era enorme, tre volte un Mannaro, tanto che il suo dorso sfiorava i rami degli alberi. Il suo corpo nero e peloso si reggeva su otto lunghe zampe sottili. Ci guardò e fece schioccare le tenaglie che gli uscivano dalla bocca. Io e Tauriel lo fissavamo pietrificati.

Poi la bestia si lanciò in avanti con un verso stridulo e sibilante, dritta su Tauriel. Lei reagì all'istante. Scartò di lato, caricò l'arco e scoccò. La freccia colpì la testa del ragno, ma ottenne solo di farlo infuriare di più. Considerai l'idea di aiutarla, ma esitai. Bastava che non facessi niente, che la lasciassi al ragno...Bastava che non intervenissi...Stringevo ancora la spada in mano, ma non mi muovevo. Però non me ne stavo neanche andando.

Il ragno girò goffamente su se stesso e attaccò di nuovo; Tauriel gli scaricò contro tutta la faretra, arretrando, poi sguainò il pugnale e attaccò a sua volta, immergendoglielo negli occhi frontali. Purtroppo quel coso ne aveva altri sei. Il ragno, come impazzito, agitò freneticamente le zampe, poi, in un parossismo di rabbia, travolse Tauriel con tutto il suo peso. Sentii lo scatto delle tenaglie, un sibilo, e Tauriel urlò. Cadde a terra, stringendosi un braccio sanguinante. Il pugnale e l'arco le caddero di mano. La stoffa della manica era lacerata. Cercò di afferrare una freccia dalla faretra, ma la cinghia si era aperta e la faretra giaceva abbandonata a tre passi di distanza da lei. Tauriel era ferita, disarmata, e spacciata. Ora bastava solo che lasciassi finire al ragno quello che aveva cominciato...La bestia fece schioccare di nuovo le tenaglie e si avventò su Tauriel, a terra e indifesa...Non avrei avuto un'occasione migliore per scappare...

Balzai avanti con un ruggito feroce. Attirata dalla mia voce, la creatura voltò la testa verso di me, e prima che potesse fare qualunque cosa, le falciai le zampe dalla mia parte, amputandone tre. Poi mi spostai e mirai agli occhi. Gliene spensi due, schivai l'attacco disperato delle zampe che rimanevano, e colpii con forza, tornando all'attacco. Aprii uno squarcio terribile, da cui sgorgò sangue e veleno, ma il ragno si sollevò sopra di me e mi piombò addosso. Spinsi la spada nello stesso istante, e la bestia ci si gettò sopra, trafiggendosi da sé.

Il ragno emise uno strido assordante e balzò indietro con uno scatto convulso. Ricadde sulle zampe mutilate brancolando freneticamente, agonizzante. Rotolò a terra e io attaccai per l'ultima volta, calando un fendente dall'alto dritto nel punto dove la testa del ragno si attaccava al tronco. Al colpo, la testa si separò nettamente dal corpo, che rimase immobile, tranne qualche scatto convulso ogni tanto. Calciai via la testa, poi gettai la spada a terra e corsi da Tauriel.

Era bianca come il latte, con gli occhi spalancati e troppo lucidi, le dita strette intorno al braccio ferito. Respirava nel modo sbagliato, rannicchiata per terra, i denti stretti per il dolore, i capelli lunghissimi sparsi a ventaglio tra le foglie.

Quando le afferrai la mano per toglierla dal braccio e vedere la ferita, urlò e mi respinse. Vero che non l'avevo mai toccata, né lei me, vero che io ero comunque un orco e lei comunque un elfo, ma provai una sensazione spiacevole. All'improvviso mi venne in mente che probabilmente lei ( e tutti gli altri) mi vedeva come io vedevo il ragno. La mia sensazione spiacevole aumentò.

-Sto bene!- ringhiò, scalciando per allontanarmi. Schivando i calci le strappai di forza la mano del braccio. Lei cercò di ritrarsi, divincolandosi.

-Non voglio farti niente!- sbottai.- Sto solo cercando di vedere quanto è grave!

-Non...!

- Sta' a sentire, se ti avessi voluto morta, ti avrei lasciato finire dal ragno e me ne sarei andato! Ora sta' ferma, golgi fuori di testa!

Lei mi fissò furibonda per qualche istante, poi mi lasciò fare.

Dopo un esame della ferita, conclusi:- E' avvelenata. Ma sei fortunata: so cosa fare. È probabile che starai male per un po', ma niente di irrimediabile.

-No!- gemette.- No, devo arrivare a Ponte Lagolungo, devo...-. Sudava.

-Va bene, va bene – la zittii, spaventato dalla portata della sua angoscia. Cercò di alzarsi e quasi mi crollò addosso. La rispinsi giù.- Non ti devi muovere!

-Dobbiamo andare!

- E andremo! Domani mattina partiamo, te lo prometto, ma se vuoi arrivarci viva, a ponte Lagolungo, devi fare quello che ti dico, capito?

Mi guardò con gli occhi spalancati e annuì.

-Allora- dissi – ci sono un paio di rimedi degli orchi sgradevoli ma efficaci. Se stai qui buona vado a cercare l'occorrente.

-Cosa mi farà?

-Ti terrà viva. Non impedirà al veleno di effondersi, ma gli impedirà di ucciderti finché non l'avrai smaltito. Adesso stai qui ferma e zitta e lasciami lavorare.

Andai e tornai con varie erbe che ridussi a una poltiglia scura e spalmai sulla ferita di Tauriel. Lei gridò e si dibatté selvaggiamente per il bruciore.

-Non capisci nemmeno quando si cerca di aiutarti! Sta' ferma!- ringhiai, agguantandola rudemente, e lei, cercando di fermarmi, mi afferrò la mano.

Per un attimo, rimasi immobile. Guardai Tauriel, stranamente consapevole del calore della sua mano sulla mia. Mi guardò supplichevole, sembrando più giovane che mai. Quanti anni aveva?

Liberai la mano dalla stretta meno bruscamente di quanto entrambi ci saremmo aspettati e finii di spalmare, poi le allungai la mia borraccia e le dissi:- Bevi questo.

-Cos'è?

-Bevi e basta- dissi.

Obbedì, e quasi me lo sputò addosso, ma alla fine riuscì a inghiottirlo, soprattutto perché glielo versai personalmente in gola infilandole la borraccia tra i denti.

-Adesso devi stare ferma e buona fino a domattina – dissi con fermezza – e vediamo in che condizioni sei.

A questo punto, calcolai, c'erano due opzioni. Non sapevo che tipo di veleno fosse. Di conseguenza, non sapevo se Tauriel dovesse stare ferma per impedirgli di diffondersi prima che i miei rimedi potessero contrastarlo, o se dovesse muoversi per smaltirlo. In teoria, quando avesse funzionato, avrebbe dovuto venirle una febbre da cavallo, segno che il suo corpo stava reagendo e si stava purificando. Decisi di provare col primo metodo e di vedere come andava .

7Q_<

NarzugDove le storie prendono vita. Scoprilo ora