Capitolo 2

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"Se tu hai finito di essere maleducato, invece, potresti dirmi quello che ti serve e toglierti dai piedi" rispondo più acida di quanto in realtà avrei voluto. Conosco bene tutta quella storia del "cliente ha sempre ragione" e bla bla bla.. che la signora Lane mi ha spiegato il primo giorno di lavoro e mai, avevo avuto una reazione di questo tipo, prima di oggi.

Il ragazzo se ne sta lì, davanti a me, con le mani nelle tasche dalle quali fuoriescono i pollici e nessuna espressione sul viso. Mi guarda negli occhi per un lungo istante prima che la sua figura inizi ad abbassarsi sulla mia, decisamente più piccola. Si e no gli arrivo al petto e devo necessariamente guardarlo dal basso per potergli scrutare il viso. Man mano che si avvicina a me, le mie narici captano un alone di fumo mescolato ad un profumo che non conosco ma che mi dà decisamente l'aria di essere costoso. Quando siamo alla stessa altezza, sposta lo sguardo lungo tutta la mia figura prima di tornare a guardarmi negli occhi.

"Non dovresti essere sgarbata con i clienti.. Avery". Il suo fiato caldo, mi solletica la guancia e non so per quale motivo il mio corpo abbia deciso di reagire ma sento di essere arrossita.

"Come conosci il mio nome?" dico con il cervello completamente in palla.

"E' scritto qui, sul tuo cartellino" dice sfiorandomi con l'indice poco più sotto della clavicola sinistra. Dio mio, questa situazione sta peggiorando di secondo in secondo. Sto decisamente facendo la figura della ragazzina che si imbambola a guardare il solito coglione carino che gli capita davanti. Devo darmi una regolata.

Impongo al mio corpo di non reagire a quella vicinanza e con il tono più deciso e neutrale che mi viene fuori gli chiedo cosa gli serve. Lui mi indica un saggio di quello che, secondo lui è un famoso economista –ma di cui io non ho mai sentito parlare- e gli dico di aspettarmi lì mentre io vado a recuperarlo.

Dopo aver girato per un po' tra gli scaffali alla ricerca di quel testo, ne trovo una copia al ripiano più in alto. Naturalmente. Un libro complicato per una persona complicata. Mi allungo per constatare che con il mio metro e sessantacinque non potrei mai arrivarci e prendo la sedia più vicina per recuperarlo in modo più agevole.

Esulto mentalmente per essere riuscita a prenderlo senza far prevalere il mio essere imbranata e sono pronta a scendere quando di nuovo una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare.

"Vedo che finalmente hai trovato quello che ti avevo chiesto". Di nuovo lui.

"Non riesci a fare quello che ti viene detto?"

"Ci stavi mettendo troppo e stavo iniziando a pensare che volessi farmi aspettare di proposito"

"Per quanto io non ti sopporti, sono in grado di svolgere il mio lavoro in modo professionale".

Quando finalmente smette di rivolgermi la parola, scendo dalla sedia e la rimetto al suo posto continuando a dargli le spalle. Prendo un respiro profondo e mi volto verso di lui che continua ad avere quella faccia priva di espressione.

"Ti serve altro?"

Con un cenno del capo mi fa capire che è apposto così e io esulto mentalmente perché questa tortura finirà a breve. Lo accompagno alla cassa e gli chiedo se gli serve un pacchetto regalo. Certo, non so chi potrebbe desiderare come regalo un libro del genere ma evito di arrovellarmi troppo il cervello. Lui annuisce e cerco di fare del mio meglio per evitare che abbia altro da dirmi. Quando la signora Lane mi serve non c'è mai, forse avrà raggiunto Caroline, penso tra me e me.

Inserisco il pacchetto in una bustina e gliela porgo dopo che lui mi ha dato i soldi. Gli consegno lo scontrino e un attimo dopo inorridisco. Con la sua solita calma sfila il libro dalla busta e apre il pacchetto.

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