Capitolo 5

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Ho riscritto questo capitolo, perché non mi convinceva, spero apprezzerete la nuova versione. In questi giorni cercherò di aggiornare di nuovo :)

Se esiste qualcosa di più noioso di questa giornata, per favore ditemelo. La libreria è aperta da quasi un'ora ma non è ancora entrato nessuno. Mi sono stufata anche di girarmi i pollici così alla fine mi decido ad alzarmi dal mio amato sgabello e andare alla ricerca di un buon romanzo da leggere. Credo che oggi opterò per un classico, magari Jane Eyre. L'ho già letto due volte ma mi piace troppo la storia per fermarmi dal recuperarne una copia e portarla con me dietro al bancone.

Mi immergo subito nel racconto: la purezza dei sentimenti di Jane, mi colpisce sempre e il modo in cui le parole di Mr Rochester suonino intense per lei, mi fa desiderare di provare lo stesso.

"Il signor Rochester, seduto nella poltrona di damasco rosso, mi parve diverso da quello che avevo veduto prima. Non aveva più quell'aspetto cupo e triste, e sulle labbra gli errava un sorriso. Forse il vino gli aveva procurato quella relativa gaiezza, ma non potrei affermarlo; però nel dopopranzo era più espansivo che la mattina. Ma aveva sempre qualcosa di spaventoso quando appoggiava la grossa testa alla spalliera imbottita della poltrona e la luce del fuoco battendo in pieno sui suoi lineamenti granitici rischiarava i grandi occhi neri; perché aveva bellissimi occhi, che cambiavano spesso carattere a un tratto, e talvolta esprimevano, se non la dolcezza, almeno un sentimento molto affine. Per alcuni istanti guardò il fuoco e nel voltarsi vide i miei occhi fissi in lui.

— Mi esaminate, signorina Eyre. Vi paio bello?

Se avessi avuto il tempo di riflettere avrei fatto una cortese e vaga risposta di convenzione, ma le parole mi uscirono di bocca quasi a mia insaputa.

— No, signore.

— Non sapete che in voi c'è qualcosa di strano? —mi disse. — Avete l'aspetto di una monachella, le vostre maniere sono tranquille, gravi e semplici, tenete gli occhi quasi sempre bassi, eccetto che quando li fissate su di me, come ora per esempio. E quando vi si rivolge una domanda, o si fa un'osservazione, che costringe a parlare, la vostra risposta se non è impertinente, è almeno brusca.

— Scusate, signore, se sono stata troppo franca; avrei dovuto dirvi che non era facile improvvisare una risposta, che i gusti sono diversi, che la bellezza ha poca importanza, o qualcosa di simile.

— No, non avreste potuto rispondere questo. Come! La bellezza ha poca importanza? Così col pretesto di addolcire il colpo, spingete più dentro la lama! Continuate: quale difetto trovate in me? Mi pare che le membra e i tratti siano come quelli di tutti.

— La prego, signore, di voler dimenticare la mia risposta; non ho avuto l'intenzione di offendervi; è stata una semplice storditaggine.

Si alzò i capelli che gli scendevano sugli occhi, mettendo a nudo una fronte larga e intelligente, ma punto benevola, e mi domandò:

— Ebbene, signora, sono forse un idiota?

— No davvero, signore, ma mi giudicherà forse troppo brusca quando le chiederò se è filantropo.

— Un'altra botta perché ho dichiarato che non mi piaceva la compagnia delle vecchie e dei bimbi.... Parliamo più piano.... No, ragazza, non sono generalmente un filantropo, ma ho una coscienza, e, altra volta, ho avuto una grande tenerezza nel cuore. Alla vostra età avevo pietà pei deboli e pei sofferenti. Ma la sorte mi ha colpito con le sue mani pesanti, e ora posso vantarmi di esser duro come una palla di caustciù, vulnerabile forse da due o tre parti, ma con un solo punto sensibile. Ora dite che si possa sperare qualcosa per me?

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