34 capitolo

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-Alan Walker "Faded"

Dopo circa quindici minuti, Noah fa avanzare la moto su una piccola salita erbosa. Io, avendo paura dei serpenti molto frequenti con questo caldo, alzo subito le gambe, premendole sempre di più ai suoi fianchi.
Prosegue, fino ad arrivare in pianura dove si ferma, chiudendo il motore.
-Siamo arrivati?- chiedo io, guardandomi attorno. Intorno a me ci sono gli alberi che ci coprono dal sole.
-Si, puoi scendere- mi conferma.
Faccio come dice, sfilandomi il casco dal capo, mentre lui mi segue, poggiando la moto sul cavalletto.
Il vento mi scompiglia i capelli, dandomi una bellissima sensazione di benessere. Nell'aria c'è odore di terra, erba e qualcos'altro che non riconosco.
Il posto mi ricorda tanto la radura dove io e An giocavamo da piccoli.
-Vieni- mi dice, porgendomi la mano.
Corruccio le sopracciglia, guardandolo e decido di prenderla.
-Dobbiamo proseguire a piedi- mi spiega lui.
Mi conduce verso un'altra salita più ripida della precedente, dove gli alberi si diradano, lasciando il posto al cemento. Arrivati in cima, mi accorgo di essere su un cavalcavia piuttosto alto, che si affaccia su un'altra strada, rispetto a quella che abbiamo percorso noi.
Nella viuzza dove siamo è presente la ghiaia, anche se in molte zone l'erba la otrepassa, chiaro segno che questa via viene percorsa solo a piedi.
Non è molto stretta, dalla mia postazione non posso vedere quello che sta sotto, infatti la strada percorsa dalle macchine mi appare più lontana. Mi perdo a guardare quella distesa di pianure e vallate.
-Allora? Ti piace?- chiede lui, distraendomi.
-Si- rispondo, continuando a guardare l'orizzonte ammirata
Gli lascio la mano, sentendone subito la mancanza e mi dirigo verso il bordo del cavalcavia.
Una voce dentro me dice di non farlo, ma io non la seguo.
Mi affaccio, guardando verso il basso. -Oh cazzo- dico, raddrizzando il corpo, e tornando indietro con la coda tra le gambe. Mi avvicino velocente a lui, prendendogli il braccio muscoloso tra le mani.
-È alto- dico, iniziando a sudare freddo.
-Ma no, saranno una decina di metri-
Lo guardo come se fosse pazzo. Per me dieci metri sono anche troppi.
-Soffro di vertigini- gli spiego.
-Ah.., allora non guardare- dice con alzata di spalle, come se non gli avessi detto nulla.
Se non ci penso riesco a calmarmi.
Il mio respiro inizia a rallentare.Lui capisce che dicevo sul serio e subito tenta di cambiare argomento.
-Ci sono venuto insiame aglia altri, la compagnia di ieri sera, qualche giorno fa. Abbiamo fatto cose davvero imbarazzanti, o almeno, hanno fatto...-
-Che cosa?- gli chiedo, incuriosendomi.
Lui mi guarda per un momento, rimanendo in silenzio, poi continua,
- alcuni si sono messi in fila parallelamente rispetto al bordo, hanno abbassato i pantaloni e si sono sporti dal muro con il sedere a vento, mostrando le chiappe ai passanti in macchina. C'è chi si affacciava, chi suonava e imprecava, addirittura una, stava andando nella corsia sbagliata- lo guardo a bocca aperta, scioccata, mentre continua a parlare,- mi sono dovuto nascondere, dalle risate sono anche caduto- dice ridendo. Anche io inizio a farlo, non riuscendo a trattenermi. Mi piego in due con le lacrime agli occhi.
Sono troppo sconvolta, non riesco a crederci. Poso le ginocchia a terra, cadendo con la spalla a terra. Rido a crepa pella con la mano sulla pancia.
-Oh, mio Dio-
Mi ritrovo direttamente con la schiena sul terreno.
Finalmente, dopo quella che sembra un'ora, mi calmo.
Guardo Noah verso l'alto, riparandomi gli occhi dal sole con le mani.
Mi sta guardando con il sorriso sulle labbra.
-Ci dici davvero?- gli chiedo.
-Si- risponde.
-Beh, complimenti per l'innovazione.-
-Grazie-
È ancora in piedi. Proprio non si decide a sdraiarsi.
Gli porgo la mano per farmi aiutare a mettermi in piedi. Lui poggia la sua sulla mia e prima che mi tiri su, io lo spingo verso di me, cogliendolo di sorpresa.
Mi cade a dosso, togliendomi il respiro data la sua pesantezza.
- Ohi- mi lamento, cercando di spostarlo.
Le sue spalle iniziano a tremare, e la sua risata rimbomba vicino al mio orecchio.
-L'hai voluto tu-, -sei pesante, ti prego, spostati-.
Si alza sui gomiti e mi guarda da quelle ciglia lunghe.
Io arrossisco sotto il suo sguardo, mettendomi subito le mani sul viso e ridendo.
-Non coprirti, è bello vedere che la tua pelle si infiamma sotto il mio sguardo- mi dice, portando via le mani dal mio viso.
Io mi infiammo ancora di più.
-Come sei modesto- rispondo con una linguaccia.
Lui se la ride, finché non decide di spostarsi, ruotando il suo corpo verso l'esterno e appoggiandosi di schiena in una zona dove il mio corpo non è compreso.
Insieme iniziamo a guardare il cielo, in uno stato di calma assoluta, guardando le nuvole che si spostano velocemente per quelle che sembrano ore.

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