LA TESTIMONE

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Fu da un quotidiano locale che, in una soleggiata mattina di luglio, appresi che Lionel Johnson era evaso di prigione. Stavo per recarmi al lavoro come ogni giorno e tutto mi aspettavo tranne che leggere quella terribile notizia.

Quel nome per me aveva un unico sinonimo: terrore. La mente volò a tre anni prima, quando, per caso, mi trovavo in banca per una normale operazione e fui testimone di una rapina a mano armata. Il bandito era appunto lui; nella colluttazione con un cassiere gli scappò un colpo di pistola che ferì a morte un altro cliente che, come me, si trovava rannicchiato a terra in preda al terrore.

Pochi giorni dopo, ancora in stato di shock, fui convocata al Commissariato di Polizia e, mio malgrado, da alcune foto segnaletiche riconobbi il malvivente che venne immediatamente arrestato con l'accusa di omicidio. La condanna fu di 30 anni di carcere; qualche informatore evidentemente scoprì della mia esistenza e per qualche tempo ricevetti telefonate anonime e minacce via posta, che si interruppero dopo circa un mese.

Sapevo che Lionel mi aveva giurato vendetta...me lo sentivo. Il suo sguardo era truce quando, il giorno della rapina, aveva incontrato il mio... sicuramente in quell'istante aveva avuto modo di memorizzare i miei lineamenti ed ora che era evaso mi convinsi che il suo primo obiettivo sarebbe stato eliminarmi.

Chiamai al lavoro e dissi che non mi sentivo bene, il che era anche vero...poi corsi al Commissariato...era l'unico luogo che consideravo sicuro. L'ufficio indagini non era affatto cambiato in tre anni... mi offrirono un caffè dopodiché fui ricevuta dal Commissario. Mi disse che le ricerche del fuggiasco erano iniziate con tempestività e i poliziotti stavano seguendo una pista che presto li avrebbe portati alla ri-cattura di Johnson. Manifestai le mie perplessità al riguardo e il terrore che provavo in quel momento.. Decisero così che mi avrebbero affiancato un loro collaboratore...una specie di "guardia del corpo", inizialmente per un mese, periodo durante il quale contavano di riacciuffare l'evaso. Vivevo da sola da un paio d'anni e il pensiero di condividere casa mia con uno sconosciuto non mi entusiasmava particolarmente; l'idea di quel killer in libertà, tuttavia, mi fece accettare con entusiasmo la proposta del Commissario.

Mi presentarono la persona quello stesso pomeriggio. HugH Mac Farland era un uomo non troppo alto, circa 1m e 80 cm, portava il pizzetto e i suoi capelli erano rossicci, a spazzola. Gli occhi verdi brillavano di vivacità sebbene non lasciassero trasparire alcuna emozione particolare. Le sue spalle erano larghe e i bicipiti sembravano esplodere dalle maniche della camicia che indossava. Pesai che doveva essere un ex lottatore o qualcosa del genere; di certo il suo aspetto era quello di un uomo massiccio, "tutto d'un pezzo". Si presentò educatamente con una vigorosa stretta di mano e mi intimò di mettere i miei vestiti in una sacca perché ci saremmo trasferiti temporaneamente nel suo appartamento. Casa mia, mi spiegò, era il primo posto dove il bandito mi avrebbe cercata e non aveva senso rendergli la vita troppo facile. Mentre raccoglievo le mie cose, lui mi aspettava in strada, appoggiato alla fiancata della sua jeep nera. Lo spiai attraverso la tenda della cucina...era un uomo non bellissimo ma dotato di un grande fascino.. era imperturbabile..come se niente potesse scalfirlo... e la sua espressione era quella di una persona persa nei suoi pensieri...come se fosse lì solamente con il corpo...ma la sua mente viaggiasse ad anni luce di distanza, in un mondo suo personale...

Mi venne da ridere. Ero in pericolo di vita e a cosa pensavo? A spiare un uomo. Del resto ero sola da alcuni mesi e stavo bene così, ma non ero certo diventata impermeabile al fascino maschile, soprattutto considerando che per un mese avrei dovuto dividere le mie giornate con quell'estraneo. Ebbi appena il tempo di chiamare il lavoro e comunicare che mi sarei presa un mese di aspettativa non retribuita per improvvisi problemi di salute; il responsabile non fece storie, anche perché fino a quel momento non mi ero mai assentata, nemmeno per andare in ferie...

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