Un corvo gracchiava sopra la sua testa, fissandola con quei piccoli luminosi occhi di pietra.
Faceva da spola tra un ramo e l'altro, sorvolandola affinché lei lo seguisse con lo sguardo.
E Lydia lo accontentava, osservando ogni suo movimento, finché il corvo non si quietò sopra uno dei rami più bassi.
Allora la donna allungò una mano ad accarezzarne il piumaggio rosso, morbido e liscio come seta.
Il corvo la fissava in silenzio, gli occhietti intelligenti sembravano scrutarle l'anima.
Fu allora che le piume si tramutarono in gocce di sangue. Colarono lente e calde lungo il braccio di Lydia. Eppure lei continuò a carezzare quel grumo rappreso fatto di morte con un sorriso pacifico a rasserenarle il viso.***
Aprì gli occhi, sobbalzando appena. Si rigirò nel letto, aspettando che la vista si abituasse all'oscurità della stanza.
Allie dormiva, serena, accanto a lei. I morbidi boccoli rossi le ricoprivano il volto paffuto dall'espressione beata.
Lydia si tirò su a sedere, le rimboccò meglio le coperte e rimase a contemplarla per un attimo.
Le scostò i riccioli dalla fronte perdendosi in quel gesto semplice, che compiva mille volte al giorno.
Le succedeva spesso di rimanere incantata a guardare un particolare - sebbene noto - del volto di sua figlia: le ciglia lunghe, la pelle diafana, le labbra a bocciolo - ora coperte dal ciuccio.
Un sorriso spontaneo le si disegnò sul viso, ma così tremulo che si spense non appena udì la porta della stanza aprirsi.
Si voltò di scatto, spaventata: sulla soglia si stagliava la sagoma scura di un uomo. Le fissava, immobile, senza però accennare ad altre intenzioni.
Lydia scese dal letto e gli si avvicinò con cautela.
«Jordan?».
L'uomo non rispose. Stava ritto come un fusto, con gli occhi sbarrati e nessun indumento addosso.
Lydia gli pose le mani sulle guance e provò a chiamarlo nuovamente: «Jordan, mi senti?».
Le sue iridi erano luminose, incandescenti.
«Jordan...» mormorò un'altra volta la donna, carezzandolo dolcemente.
Fu allora che Jordan si riscosse e i suoi occhi tornarono normali, del consueto verde chiaro.
Lui la guardò senza dapprima capire, le sorrise innocentemente, poi si rese conto del suo stato, corrugò la fronte e abbracciò sua moglie senza riuscire a trattenere le lacrime.***
Stiles scese di corsa le scale, allacciandosi la camicia della divisa.
«Malia, hai visto il mio distintivo?» chiese a gran voce, ma in risposta gli giunse solo l'eco del leggero canticchiare di sua moglie.
Si fermò a frugare in mezzo agli scaffali del salone, cercando di non inciampare tra le cianfrusaglie che Malia aveva ormai rinunciato a mettere apposto.
«Tesoro, è tardi!» gridò ancora lui, affacciandosi alla porta della cucina per farsi notare.
Malia era seduta al tavolo della colazione e canticchiava filastrocche per indurre Jamie a finire il suo vasetto di frutta.
«Sul tavolo», rispose finalmente, senza staccare gli occhi dal piccolo.
Stiles si avvicinò ma, nel punto indicato, trovò solo un toast bruciacchiato ad attenderlo. Sbuffò sonoramente e addentò la fetta di pane.
«Il caffé?» mugugnò, con la bocca ancora piena.
«Nella tazza» trillò Malia, rivolgendo un sorrisone esagerato a Jamie.
Stiles finì di divorare il toast guardandola fare tutte quelle smorfie buffe, che catturavano l'attenzione del bambino, trattenendo a stento le risate.
All'inizio la prendeva in giro per questo, ma aveva dovuto smettere dopo aver visto un filmato girato da Scott in cui lui faceva inconsapevolmente le stesse identiche facce.
Raggiunse il lavandino dove Malia aveva abbandonato la sua tazza e la trovò - come si aspettava - vuota.
«Okay, grazie, tesoro» borbottò tra sé, aprendo il frigo.
Prese una bottiglia d'acqua e, su di un piattino, trovò finalmente il suo distintivo. Se lo infilò in tasca, emettendo un lungo sospiro.
Aveva sperato fino all'ultimo che questa volta non le sarebbe successo, ma negli ultimi mesi Malia era tanto distratta e dimentica che in più di un'occasione aveva quasi dato fuoco all'intera casa.
Eppure, pensò, sempre meglio della prima gravidanza, quando tutta quella sbadataggine era stata un'enorme sorpresa, ben poco piacevole, per entrambi.
Le si appostò alle spalle, carezzandole i capelli lunghi affinché lei alzasse il viso a guardarlo; poi si chinò a baciarla.
«Scappo in centrale» disse, massaggiandole il ventre già visibilmente tondeggiante, che Malia riusciva ancora a nascondere bene sotto le grosse magliette di Stiles.
«Buon lavoro» rispose lei, seppur trattenendolo per la camicia per indurlo ad accostarsi alle sue labbra ancora una volta.
A Stiles piacevano quei baci, tutt'altro che distratti; quei brevi momenti in cui lei era totalmente concentrata su di lui.
«Ricordati che questa sera ci sono Scott e Kira a cena» aggiunse, quando ormai lei era tornata alla sua precedente occupazione.
«Va bene».
«Dopo ti mando un messaggio, magari», baciò velocemente la testa del figlio e si avviò verso l'uscita.
«Non ce n'è bisogno!» gli gridò dietro lei. «Vero, Jamie? La mamma non si dimenticherà un'altra volta di preparare la cena a papà. No, no».***
«Stilinski, sei in ritardo».
Jordan uscì dall'ufficio dello sceriffo con sguardo scuro e mani puntellate sui fianchi.
Stiles inarcò le sopracciglia e rispose: «Buongiorno anche a te...», lasciandosi cadere sulla sedia della propria scrivania.
«Cosa c'è di tanto urgente? Un tamponamento? Denunce di inquinamento acustico?» chiese sarcastico, tirando fuori da uno dei cassetti una tazza ancora macchiata di caffé. Provò a ripulirla con un fazzoletto non meno sporco, sotto lo sguardo accigliato del collega.
«Malia si è dimenticata anche oggi, eh?»,
«Già», brontolò, «e questa non è neppure la parte peggiore. Credo che abbia intenzione di affamarmi. Si è fatta influenzare da un articolo sul diabete gestazionale, o che so io, e adesso non fa che preparare verdure e legumi. Dove diavolo si è mai visto un coyote vegetariano?».
Jordan, suo malgrado, rise.
«Okay,» assentì, «il tempo di un caffé e poi ti voglio attivo sul campo. C'è stato un omicidio».
Stiles saltò sulla sedia, esclamando: «Un omicidio? Perché non l'hai detto subito?!».
Jordan scosse la testa, esasperato, poi aggiunse: «Ah, comunque sei sporco qua» e indicò un punto imprecisato della sua camicia.
Stiles abbassò lo sguardo e trovò una macchia là dove prima Malia lo aveva afferrato.
«Oh, fantastico!», sbottò.
«Agente Jonas», gridò lo Sceriffo, mentre rientrava nel proprio ufficio, «assicurati che il Vicesceriffo si dia una mossa!».***
Il Vicesceriffo Stilinski e l'agente Jonas arrivarono sulla scena del delitto quando già tutti erano in posizione e il nastro giallo collocato a delimitare il campo.
Furono costretti a lasciare la macchina al limitare della foresta, per poi addentrarsi a piedi per una decina di minuti, prima di arrivare sul posto.
Quella mattina il vento soffiava inclemente, rendendo difficoltoso il lavoro della squadra; ma a Stiles non dispiaceva quell'aria pungente che gli sferzava addosso l'odore della terra umida e del penetrante sentore della resina sugli alberi. Era grato a quell'aria fredda, che trasportava via con sé il marcire del cadavere e lo lasciava libero d respirare a pieni polmoni.
Si sentiva padrone di se stesso più lì, tra le fronde secche degli alberi, che seduto alla scrivania di Vicesceriffo.
Scavalcarono il nastro giallo e i due agenti si diressero spediti ad affiancare il medico legale, ancora china ad analizzare il corpo.
«Cosa abbiamo, Lydia?» furono le prime parole di Stiles.
La donna alzò lo sguardo, le labbra strette assunsero una piega di disappunto.
«Hai deciso di farti vivo, finalmente», ironizzò, ma Stiles udì facilmente il sollievo dietro quel tono distaccato che ella era solita utilizzare quando lavorava.
«Parrish mi ha avvisato solo quando sono arrivato in centrale! Non ho ricevuto nessuna chiamata...» si giustificò brevemente per poi avvicinarsi al corpo. La sua collega lo seguì come un'ombra: era il primo caso d'omicidio a cui era stata assegnata e Stiles non aveva fatto altro che ammonirla di restare in silenzio a guardarlo lavorare.
«Allora?», chiese di nuovo, impaziente.
«Donna bianca, diciotto anni. È stata trovata riversa a terra, supina. La gola tagliata da sinistra verso destra, quindi l'assassino è mancino. La ferita appare seghettata e irregolare, dubito che l'arma del delitto sia un coltello».
Stiles si piegò sulle ginocchia per osservare a sua volta la spoglia. Appariva così concentrato che sembrava aver smesso completamente di ascoltare il dettagliato resoconto di Lydia.
Scrutava il volto esangue della ragazza morta, sentendo che qualcosa in quel cadavere non andava. Era solo una sensazione, eppure lo turbò profondamente. Aveva imparato a dar retta al proprio istinto ancor prima di ascoltare la ragione e quando capì quel che esso gli suggeriva, un brivido gli corse lungo la schiena. Era l'espressione a non andare: quel giovane viso così pacifico, con neppure una sola macchia di sangue a sporcarlo; sereno, come se l'ultima cosa che avesse fatto fosse sorridere. Bastò quel semplice particolare, quell'elemento che stonava con tutto il resto, a fargli torcere le viscere.
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The Red Crow [ Teen Wolf Fanfiction ]
Fanfiction[Stalia || Marrish || Scira] - Future!fic - Dopo sei lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene spezzata da un misterioso omicidio nel bosco. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco di Scott McCall quel che per loro co...