Respirava a fondo, gli occhi chiusi, la katana salda stretta in entrambe le mani, dritta davanti a sé.
Ogni sua percezione convergeva sull'arma. Tutto era calibrato: l'inclinazione delle braccia, il peso, la stretta attorno all'impugnatura ruvida, l'equilibrio dell'elsa perfettamente parallela al suo corpo.
Un altro respiro profondo e mosse la katana in un unico movimento fluido, preciso, controllato, millimetrico.
Inspirò ancora una volta, profondamente, fino a sentire l'arma parte di sé, un'estremità della propria anima. Proprio come la Volpe che le bruciava il sangue e suonava con maestria le corde della suo essere.
Solo allora aprì gli occhi. Poggiò la punta della lama a terra e si asciugò la fronte imperlata di sudore.
Erano passati molti anni, ma per Kira si dimostrava sempre difficile tenere sotto controllo la Volpe. Vi erano delle volte in cui si sentiva addirittura sopraffatta, tanto da voler urlare a squarciagola pur di liberare quella potenza che le infiammava il cuore. Tutti gli allenamenti che giornalmente eseguiva sembravano non bastare mai.
Si svegliava di notte, con la katana in mano e gli occhi in fiamme, come se fosse pronta per combattere una guerra. E, forse, una guerra la combatteva realmente, giorno e notte, sempre contro se stessa. Ma non le piaceva vederla in questo modo, perché avrebbe voluto dire che perdeva più battaglie di quante ne vincesse.
Uscì dallo scantinato – trasformato in una palestra appositamente per lei da Scott – con l'umore incrinato.
La casa era tranquilla a quell'ora della giornata: Adam e Caleb erano già a scuola, Scott a lavoro e Matty ricadeva in un pisolino sufficientemente tranquillo da lasciarle il tempo di allenarsi abbastanza a lungo da mantenere i propri poteri controllati per il resto della giornata.
Per questo, quando entrò nella camera da letto sua e di Scott, per poco non urlò dallo spavento nel trovarvi quest'ultimo.
Lui rise nel vedere la sua reazione e si affrettò a scusarsi: «Non volevo disturbarti. Pensavo che saresti rimasta più a lungo giù ad allenarti».
Si tolse la camicia e continuò a raccontarle: «Oggi è stata una tragedia lasciare Caleb al nido. Piangeva e non mi si voleva staccare da dosso. Mi ha sporcato tutto di cioccolato».
«Devi smetterla di consolarlo con dei cioccolatini ogni volta che fa i capricci» lo rimproverò Kira, con cipiglio contrariato.
Non aveva mai visto nessuno viziare i propri figli come faceva Scott.
La luce del sole illuminava fiocamente la stanza, penetrando dalle serrande ancora abbassate. Kira rimase a guardare quel gioco di luce e ombra sul petto di Scott e il desiderio la colse impreparata.
Lui se ne era accorto e guardava il viso di lei ancora giovane, su cui gli anni non sembravano trascorrere, con un sorriso seducente. Kira non riuscì a fare a meno di accostarsi a lui e porre le proprie mani su i suoi addominali e le labbra sul suo collo.
Scott la strinse a sé, la baciò con trasporto trascinandola verso il letto.
«Sai, potrei tardare di cinque-dieci minuti» soffiò, contro la sua pelle.
Kira rise, sentendosi tentata a dirgli di sì.
«Sei già in ritardo» gli ricordò, invece.
Scott aggrottò la fronte, assumendo un'aria sconfitta «Okay», cedette, tirandosi su «ma questa sera continuiamo».
Si infilò in fretta una camicia pulita e, prima di uscire dalla stanza si voltò a guardarla un'ultima volta e le disse: «Potrebbe essere il momento giusto per il quarto McCall».
Kira sbiancò, ma Scott non era rimasto a guardare quale reazione avessero scatenato le sue parole; era già corso via, distratto dai suoi impegni, come se l'idea di un altro figlio non fosse poi chissà quale cambiamento importante.
La donna si lasciò cadere sul letto, il volto turbato. Come sempre suo marito parlava senza pensare alle conseguenze delle sue parole.***
Quella mattina Malia si alzò presto e si vestì di tutto punto.
«Lo sai che non serve farlo ogni volta, vero?» le aveva detto Stiles, dopo averle dato un bacio sulla fronte a mo' di buongiorno.
Ma lei non gli diede ascolto. Non lo faceva mai. Indossò un vestito bianco, dai ricami merlettati perché in tutte le foto che l'aveva vista ritratta, la donna indossava abiti del genere e, in questo modo, pensava di farle cosa gradita.
Acquistarono il solito grosso mazzo di fiori e poi, con il braccio di Stiles stretto attorno alla sua vita, entrò nel cimitero di Beacon Hills.
Da quando c'era Malia a occuparsene, i fiori non li rubavano più.
Si inginocchiò davanti alla tomba di Claudia Stilinski e ne pulì la foto con la manica del giacchetto.
Curava il tutto con affetto, come se tra le mani avesse il cuore di suo marito piuttosto che una vecchia pietra fredda.
Stiles la lasciava fare, chiedendosi – il più delle volte – come una cosa che riguardasse così intimamente soltanto lui, potesse essere altrettanto importante per lei.
Si trattenevano sempre solo per pochi minuti, perché poi Stiles doveva correre a lavoro; eppure non importava di che ora fosse, quando i vasi ormai erano stati riempiti d'acqua, i fiori sistemati e Malia si era rialzata, aggiustandosi con impaccio le pieghe di un vestito che non era abituata a portare, Stiles non mancava mai di dire: «Questa volta potremmo andare anche dall'altra parte del cimitero».
Lo proponeva ogni mese, ma nell'altra parte del cimitero riposavano i rimorsi più grandi, quelli che Malia ancora non aveva imparato a perdonare. La vergogna continuava a bruciarle gli angoli degli occhi e le faceva tremare le membra dalla rabbia e dal disprezzo feroce per quel destino che era stato un po' troppo crudele con quella bambina così spaventata da non saper risparmiare neppure le due persone che amava di più al mondo.
Malia non lo sapeva, eppure di fiori freschi ce ne erano sempre anche lì, dove sua madre e sua sorella riposavano perché, seppure lei sentiva il senso di colpa ancora troppo forte per permetterle di inginocchiarsi davanti quella lapide nera e pulire con la manica del giacchetto anche le loro piccole foto scolorite, Stiles aveva bisogno di fargli sapere che vivevano ancora nella memoria di chi le aveva amate. Il matrimonio era anche questo, si diceva Stiles.
Ma quella mattina tutto questo non avvenne. Stiles era distratto, quasi assente, smanioso di andare a lavoro. A stento riusciva a tenere Jamie tranquillo, mentre Malia finiva di sistemare le ultime cose.
Quando il suo cellulare suonò per l'ennesima volta, le passò Jamie dicendole che non poteva proprio tardare oltre e scappò via, senza darle altre motivazioni.
Malia lo seguì con lo sguardo finché non riuscì più a vederlo. Poi rivolse un sorriso tirato a Jamie, il quale si era stancato di dover restare tutto quel tempo in braccio ai propri genitori.
«Andiamo a mangiarci un gelato, io e te? Mh?» chiese al bambino, quando un lungo brivido le percorse la schiena e un capogiro la colse impreparata.
Barcollò, riuscendo comunque a restare salda su i propri piedi. Sentì i sensi farsi ovattati e le orecchie fischiare. Persino il volto di Jamie divenne sfocato.
In mezzo a tutta quell'improvvisa confusione, delle parole iniziarono a crearsi chiare nella sua testa, come leggeri sussurri.
«... La Grande Regina».
Si guardò attorno, seppure riuscisse a stento a mettere a fuoco ciò che la circondava, cercando la fonte di quella voce.
Sentì le manine di Jamie toccarle il viso. Forse la stava chiamando, ma lei non lo sentiva.
«Vedrete un mondo che non vi sarà caro...».
Malia strinse più forte Jamie a sé, quando lo vide: una figura sbiadita accanto a un cipresso. Una figura che assomigliava dolorosamente a quella di Deaton.
«Un'età empia...».
Malia iniziò a indietreggiare, ma non poteva sfuggire a quella voce che parlava proprio nella sua testa.
«Non guardarlo, il corvo rosso... Sorridi alla Grande Regina».
Per poco non inciampò su di una lapide alle sue spalle, quando tutto sembrò tornare alla normalità. Riprese a vedere e a sentire come se nulla di strano fosse mai avvenuto. Jamie ripeteva senza sosta degli allarmatissimi «Mamma?», ma Malia non poteva tranquillizzarlo, non quando le sue gambe le tremavano tanto e il cuore sembrava scoppiarle nel petto.
Fissò il punto in cui aveva appena visto la figura, ripetendosi che non poteva essere possibile. Deaton era morto. Era morto più di sei anni prima.
STAI LEGGENDO
The Red Crow [ Teen Wolf Fanfiction ]
Fanfiction[Stalia || Marrish || Scira] - Future!fic - Dopo sei lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene spezzata da un misterioso omicidio nel bosco. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco di Scott McCall quel che per loro co...