XIV. La Kitsune Del Tuono

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Dalle tapparelle abbassate filtravano deboli raggi di luce. Una strana sensazione di serenità la avvolgeva quando l'inconfondibile trillo del telefono aveva spezzato il suo sonno, costringendo Lydia ad aprire gli occhi, controvoglia. Per una volta dormiva - e anche bene - nel suo letto accanto a Jordan, il quale la teneva stretta, imprigionata tra le sue braccia, solleticando, col suo respiro, l'incavo del collo.
Dall'altro lato, Allie, aveva conquistato la maggior parte del letto, sdraiata in diagonale, con la testa sul suo grembo e le mani aggrappate alla stoffa del suo pigiama.
Per prendere il telefono avrebbe dovuto scavalcarla e liberarsi dalla presa di Jordan. Entrambe cose che non aveva alcuna voglia di fare.
Alzò di poco la testa per scoprire chi fosse il disturbatore che l'aveva strappata ai suoi sogni e sul blocco schermo del telefono lesse il nome di Stiles. Per un attimo le sue mani tremarono. Una notte colma di tanta pace, quel lungo momento di serenità che lei e Jordan erano riusciti a conquistare, poteva essere solo che distrutto da un'altra orribile notizia.
Per questo non aprì subito il messaggio: ogni secondo di quella bolla di serenità era preziosa.
Poi allungò una mano, stando ben attenta a non svegliare suo marito e sua figlia, e lesse le brevi parole dell'amico. Si sdraiò nuovamente sul letto e sorrise.
"Scott è tornato".

***

Stiles non poteva di certo affermare che quella mattina si sentisse in forma.
Stava seduto alla propria scrivania, quella del Vicesceriffo, e teneva il volto nascosto tra le mani chiedendosi se mai fosse stato meno produttivo prima o se avesse mai puzzato tanto.
Stentava a credere che un tanfo simile provenisse proprio dal suo corpo, ma non c'erano altre spiegazioni.
Aveva un cerchio alla testa che non lo lasciava in pace e, per il momento, interrompere quel maledetto mal di testa era la sua priorità.
Con nonchalance prese la tazza bianca con la scritta verde "Papà dell'anno" che gli aveva regalato Malia per la festa del papà e che usava come portapenne. La svuotò e ci passò la mano per pulirla alla meno peggio.
Poi tirò fuori dall'ultimo cassetto la bottiglia di scotch che gli aveva regalato suo padre il giorno in cui era diventato Vicesceriffo. Era ancora sigillata, con tanto di fiocco rosso.
La stappò, ne versò un goccio nella tazza e lo mandò giù in un sorso.
Dio quanto bruciava lo scotch di prima mattina.
Si strofinò gli occhi col dorso della mano e, quando li riaprì nel suo campo visivo era apparsa una ragazzetta bionda. L'agente Jonas.
Sorridente, solare ed estremamente fastidiosa, l'agente Jonas si apprestò a dare il buongiorno al suo superiore.
Stiles ricambiò con una smorfia e un gesto della mano.
L'agente Jonas inarcò le sopracciglia rendendosi conto delle condizioni del Vicesceriffo. Restò impalata a fissarlo con evidente imbarazzo.
«Hai qualcosa da dirmi, agente Jonas?» brontolò Stiles, infastidito.
La giovane agente saltò sul posto, arrossì e disse: «Lo Sceriffo Parrish mi ha assegnato a lei... signore», mormorò in un fil di voce, aggiungendo poi «sul caso dei tifosi dei Beacon Rollers. Quella gente fatta a pezzi, signore. Ricorda?».
«Certo che me lo ricordo» sbottò Stiles, facendo saltare un'altra volta la ragazza.
Il Vicesceriffo si massaggiava con energia le tempie, visibilmente scocciato.
«Adesso ho altro a cui pensare. Sto aspettando lo Sceriffo, dobbiamo interrogare una maledetta bambina straniera» grugnì.
«Una bambina?» gli occhi dell'agente Jonas si illuminarono di curiosità, «E dove si trova adesso?»
Stiles sbuffò e disse: «Ce ne occuperemo solo io e lo Sceriffo Parrish. Tu continua a lavorare sulla strage dei Beacon Rollers».
L'agente Jonas annuì, titubante, ma - dopo un saluto formale - si congedò.
Mentre Stiles la guardava andare via si chiese quando fosse diventato così irascibile e scontroso verso un collega. Eppure era piuttosto certo che solo la nuova agente gli rendesse l'umore tanto irritabile.
Sospirò: provare vergogna sembrava divenuta un'abitudine fissa delle sue giornate. Vergogna per come stava affrontando le cose con Malia, vergogna per come si lasciava andare al bere pur di avere momenti lontani dai problemi e vergogna anche per l'uomo che stava diventando sul lavoro.
Aveva sempre ammirato suo padre, da ragazzo. Come uomo, come Sceriffo e, soprattutto, come padre.
Lui non era riuscito a diventare neppure la metà di quello che era stato lo Sceriffo Stilinski.
Nonostante si fosse ritrovato da solo, privo dell'amore e del conforto di una moglie, era riuscito a mantenere in equilibrio quel castello di carte instabile che era divenuta la loro vita.
Al contrario, Stiles, se pensava ad una vita senza Malia vedeva solo nero, un buio che non sarebbe stato capace di dissipare neppure Jamie. Dover andare avanti per lui sarebbe stato insopportabile. Ma, d'altronde, se era abbastanza lucido da poter fare questi pensieri di certo poteva rimediare con altro scotch.

The Red Crow [ Teen Wolf Fanfiction ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora