XI. Un bambino senza volto

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Un'altra notte era trascorsa, lenta, scandita dal ticchettare fastidioso dell'orologio. Stava seduta al tavolo della cucina, dove aveva trascorso anche le notti precedenti. Lydia non dormiva più, non da quando avevano trovato la Profezia della Morrigan - se non si consideravano i sporadici sonnellini a cui si abbandonava su uno dei tanti libri celtici che Jordan le aveva recuperato dalla Biblioteca della città.
Non dormiva più, non nel suo letto, non accanto a suo marito. Appena si sdraiava gli occhi le si spalancavano come due tazzine da caffè.
Aveva paura, non sopportava più quei strani sogni silenziosi coperti di sangue che la venivano a trovare ogni volta che le palpebre le cedevano.
Almeno, tra le pagine di quei libri dalla lingua sconosciuta, riusciva a trovare una sorta di pace. Non riusciva ad avere visioni, ma almeno stava agendo, stava per decifrare l'indizio forse più importante che avevano tra le mani. Finalmente aveva trovato uno scopo e questo riusciva a espiare il senso di colpa che la divorava, anche se per un tempo troppo breve, ma sufficiente per farle recuperare una sorta di tranquillità fittizia.
Allora si armava di una caraffa di caffè bollente e della tazza che Allie aveva dipinto per lei alla festa della mamma. Prendeva posto al tavolo della cucina, circondata da tutti i libri, e incominciava la disperata ricerca di ogni parola di quella strana profezia.
Per ora era riuscita a tradurre solo la prima frase e mai traguardo le era sembrato tanto distante.
Spesso, come anche quella notte, Allie si accucciava accanto a lei. Avvicinava una sedia a quella di Lydia e ci si rannicchiava sopra a mo' di gatto, abbandonando la testa sulle gambe della madre e alle sue coccole.
Lydia era certa che la piccola stesse tremendamente scomoda, ma non aveva il coraggio di spostarla quando si addormentava con i pugni chiusi aggrappati alla sua maglietta.
Allie era cambiata molto e sapere che a tre anni sua figlia non era più la bambina solare e spiritosa che era sempre stata, distruggeva Lydia più di qualsiasi altra cosa.
Di tutti i cuccioli del branco, Allie era quella che sembrava pagare maggiormente le conseguenze di quella nuova minaccia.
Aveva iniziato a soffrire di terrori notturni, era spaventata all'idea di uscire fuori di casa e ogni volta che i suoi genitori uscivano lasciandola con la nonna le prendevano attacchi di panico difficili da gestire.
In quei giorni Allie era diventata l'ombra di Lydia: se faceva un passo lei la seguiva e si aggrappava a una sua gamba finché non si fermava o si sedeva da qualche parte.
Lydia accarezzò i morbidi capelli biondo fragola di sua figlia con le lacrime agli occhi, come ogni mattina le capitava di fare.
La notte aveva ceduto posto all'alba già da molto e in un battito di ciglia il sole era sorto rivelando una luminosa e calda mattinata.
Eppure in casa Parrish le tapparelle erano ancora tutte abbassate e le tende tirate. Viveva ancora la notte dentro la loro cucina.
Persino Jordan era già uscito per andare a lavoro, segnando l'inizio ozioso di una nuova giornata.
Ma era bello restare intrappolati nell'incanto della notte finché Allie non si svegliava.
Lydia restava a guardarla ammaliata e ad accarezzarle i boccoli, arrovellandosi il cervello con quell'unica frase che per ora aveva a disposizione.
"Vedo un mondo che non mi sarà caro".
Fin quando la bambina non apriva gli occhi, se li stropicciava e si lasciava andare a un lungo e tenero sbadiglio.

***

La katana disegnava archi precisi ed eleganti. Kira, i muscoli tesi, la mente in sintonia con la Volpe, sembrava una macchina di guerra priva di imperfezioni.
Si stava allenando da circa un paio d'ore, senza sosta. Matty giocava dentro al box, ogni tanto piagnucolava per cercare attenzioni, ma Kira era totalmente assorta: esisteva solo la katana e la Volpe.
Scott era uscito con Adam e Caleb per la partita di inizio stagione di Lacrosse.
Scott. Il pensiero di suo marito strisciò fin dentro le profondità della sua mente.
La katana calò, Kira si mosse, si spostò di lato incrociando con grazia i piedi e poi eseguì un affondo.
Sentì la Volpe dentro di sé agitarsi quando i suoi pensieri chiamarono nuovamente alla mente il volto di suo marito.
Si mosse ancora, per tornare in posizione di attacco ma perse l'equilibrio ed inciampò.
Riuscì a rimanere in piedi ma lo stato di trance che trovava durante ogni allenamento si spezzò.
Posò la katana e si chinò poggiandosi con le palme delle mani sulle ginocchia, con il fiatone.
"Tornatene nel deserto allora! Vattene! Che diavolo ci fai ancora qui se non sei felice?".
Scott aveva urlato quella mattina, aveva tirato e rotto oggetti, rabbioso come lo era stato anche nei giorni precedenti.
"Adam, nostro figlio, potrebbe essere la prossima vittima ma tu pensi solo a riunirti alle Skinwalker!"
"Ci penso proprio per il bene dei nostri figli, Scott"
"No, tu vuoi scappare! Sei così terrorizzata dal rimanere sola, dal provare il dolore straziante della perdita di un figlio, che saresti capace di abbandonarli e voltare la testa pur di non vedere!".
La lite di quella mattina era stata una delle più spaventose che Kira avesse mai affrontato con Scott.
Lui oramai la vedeva come una codarda egoista e nulla poteva più dissuaderlo da tale sospetto.
Kira sentiva le mani formicolare, i nervi ancora tesi pronti a scattare. Si sentiva sopraffatta dall'angoscia. Stare ferma lì, ad allenarsi, alla continua attesa del ritorno di Scott, giorno dopo giorno, dopo giorno ancora, la stava lentamente divorando.
Matty piagnucolò ancora, tirando i pupazzi contro la rete del box. Allora Kira si rese conto di quanto tempo era stata lontana con la mente, così lontana che neppure le richieste di attenzione di suo figlio erano riuscite a raggiungerla.
Eppure questo insistente sentimento di agire, di muoversi, di scappare si era ormai annidato dentro al suo cuore, martellando incessantemente.
Ogni battito era un invito a reagire, ad andarsene.
Il suo cellulare, abbandonato per terra non molto lontano da lei, prese a squillare. Era Scott.
Kira ebbe l'impressione che suo marito sapesse quel che le stava passando per la testa in quel preciso istante.
Si tirò su e raggiunse il box, prese Matty in braccio, cullandolo appena per farlo calmare. Ignorò il telefono che continuava a suonare, accusatorio. Poi salì al piano terra e, senza prendere né borsa e né cambiare i vestiti, uscì di casa.

The Red Crow [ Teen Wolf Fanfiction ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora