DIANA'S POV
"Smettila di correre." Il volto del moro era paonazzo mentre mi stava inseguendo ormai da tempo. "Ana" il suo tono non era dei migliori mentre io ridevo. Mi sentii improvvisamente afferrare un fianco e avvertii il battito veloce del suo cuore contro la mia schiena. Quando mi voltai il mio sorriso si spense immediatamente notando una chiazza nera sotto l'occhio ambrato. Non me ne ero accorta perché Zayn per tutto il pomeriggio aveva indossato un cappellino da baseball. Gli accarezzai la macchia mentre lui emise un gemito di dolore. Non gli feci domande, conoscevo benissimo la risposta. Poggiai la fronte sulla sua e mi avvicinai al suo orecchio. "Non voglio" lo stavo supplicando. "Non voglio dannatamente che tu vada da quel mostro." La mia voce era spezzata. Lui mi poggiò una mano sulla guancia e posò le labbra sulla parte inferiore del polso. "Devo ripartire domani." Iniziai a tremare e mi allontanai bruscamente spingendolo con la stessa forza. "Non voglio ti ho detto." Bradford era una città dannata, la odiavo in modo spropositato perché la associavo a ciò che Zayn era costretto a sopportare. Mi voltai di spalle e iniziai a piangere in silenzio. In quel periodo non mi mostravo debole a nessuno, detestavo farlo. Mia madre era morta da pochi mesi e dopo la notte di vetro non avevo più versato una lacrima, fino a due notti prima. Le crisi sarebbero cominciate solo l'anno successivo. Sentii una mano famigliare circondarmi la vita. Cercai di liberarmi, ma lui premette la schiena contro il mio petto. Avvertii qualcosa di caldo sul collo e un tremore mi scosse le membra. Le sue mani erano posate sui miei fianchi e il ciuffo corvino mi solleticava la clavicola. Mi staccai imbarazzata. Era la prima volta che mi toccava in questo modo. Cercai di asciugare con velocità il mascara ma Zayn mi afferrò le guance. Il suo sguardo era strano, quasi provocatorio. Quello che oggi spesso mi rivolge. Mi baciò, così, d'improvviso. Non erano quei piccoli tocchi di labbra impercettibili come quando eravamo stesi sulla sabbia o quando mi trovò sulla lapide di Norah, era un bacio vero, sentito, profondo. Mi fece stendere sull'erba bagnata. Durante la mattina aveva piovigginato e ricordo ancora i brividi causati dalle piccole gocce d'acqua e dalle sue mani. La sua lingua era già esperta e la mia tentava di imitarla. Quanta dolcezza mettemmo in quel bacio. Staccò le bocche e i respiri era così rotti in ansimi e gli occhi così diversi. Mi prese una ciocca che era scivolata dalla coda e me la portò dietro l'orecchio. Chiuse a coppa una mano sul mio viso. "Hai fatto sesso con la Davis." Lo guardai con espressione schifata e mi alzai. Si era sverginato con una ragazza dell'ultimo anno e lo avevo saputo dalla Evans. Mi sistemai la felpa rigorosamente nera. "Chi te lo ha detto?" Il freddo pungeva la pelle. "Che razza di migliore amico sei? Devo sapere da altri ciò che fai." Mi alzai il cappuccio. "Cosa c'entra tutto questo, Ana?" Ripresi a camminare ma lui mi bloccò prendendomi con forza il braccio e facendo combattere i nostri sguardi duri. "Perché mi hai baciata?" Il mio tono era ferito, il suo sospiro consapevole. Mi lasciò e passò una mano sul ciuffo. "Mi andava." Il lieve rossore sul mio collo mi stava spingendo a mollargli uno schiaffo. Ma non lo feci. Non ne valeva la pena. Non sapevo che questa frase l'avrei ripetuta per il resto della vita. "Fanculo Malik." Provai a rigirarmi, ma il moro mi rischiacciò contro il suo petto, già tonico. La mia mano stringeva il suo braccio. "Volevo essere la tua prima vera volta." Cercai di non arrossire, ma fallii totalmente. Passò il pollice sotto le palpebre, togliendo il trucco incrostato e guardò intensamente il turbine blu dei miei occhi. Una lacrima scese solitaria. Il suo naso strofinò il mio collo e le sue mani scesero sul retro della mia schiena. Annegai in modo letalmente dolce in lui. "Verrò con te." Il mio viso era schiacciato sul suo petto e le parole venivano mangiate dal tessuto. "Non lo farai." Mi posò il pollice sulle labbra prima che io potessi di nuovo parlare. "Non meriti di vedere quella merda." Lo ascoltavo distratta, mentre stavo ancora realizzando che ci eravamo baciati qualche minuto prima. Cercavo di trovare risposte nei cristalli dorati e di ammirarli allo stesso tempo. Pensavo anche alle due notti precedenti con Lisa, l'orso di pezza regalatomi al quinto Natale della mia vita, in cui immaginavo con gli occhi gonfi e le occhiaie scavate il mio migliore amico con Dafne Davis. Le gocce di pioggia cominciarono a cadere insistenti. Zayn mi strinse a sé, con quella forza che trasforma l'indifferenza in dolcezza. "Mi dispiace per la Davis, avrei dovuto dirtelo." Mi appoggiai sulla sua spalla e gli lasciai un bacio dolce sul collo. Avvertii un fremito da parte di entrambi. "Ti è piaciuto?" Ignoro il sangue che fluisce velocemente nelle vene. "Abbastanza." Mi alzò il mento e aprì leggermente le labbra. "Sono contenta." Mi allontanai e ripresi a camminare ora con lentezza. La sua persona affiancò presto la mia. "Perché mi hai baciata?" glielo richiesi. Volevo sentire la risposta vera: quella in cui non tentennava e teneva gli occhi bassi, quella che mi avrebbe fatta ricordare che la vita non è in discesa, ma in salita. Inchiodai i miei occhi nei suoi e lui si sistemò il cappuccio come me sulla testa. "Ne avevo bisogno. Avevo..." Prese una sigaretta e mi guardò di sfuggita. "Fottutamente bisogno della mia donna." Era girato di spalle. Mi piazzai davanti a lui, mentre sentivo il cuore nelle orecchie. "Io ho bisogno di te. Se te ne vai come faccio?" Gli puntai un dito sul petto con le lacrime che riempivano gli zaffiri. Zayn abbassò gli occhi. "Cazzo guardami!" gridai. "Devo farlo, Ana." Il suo tono era alto. "Torno tra una fottuta settimana." La pioggia bagnava completamente le nostre felpe. "Non continuerò a coprire quello che fa quello stronzo. Ho finito Zayn." Lui mi prese violentemente per un braccio. I cristalli ambra divennero neri. "Allora io chiudo con te." Quella frase è ancora impressa nella mia mente. "Perché tengo più alla tua vita che alla mia." Ricordo ancora la bottiglia di rum che comprammo da one pound e le carezze languide che ci scambiammo: ci sistemammo sotto una scalinata in ferro e le labbra si alternavano tra il collo di vetro e la nostra pelle. Bevevamo per dimenticare tutto, per scambiarci amore più facilmente. Ho rivisto tutto questo come un film, proiettato sulla strada bagnata che sto attraversando adesso. Corro, corro come una folle in cerca di sé stessa. John Green è un genio, un fottuto genio che ha scritto una delle stronzate più veritiere che io abbia mai letto: il dolore esige di essere sentito. Ed è così. Allora perché avrei gli occhi viola e il respiro ridotto a un filo da ore. Non voglio fare l'esistenzialista, scadrei nel ridicolo, ma voglio solo far sapere che nella mia vita il mio fottuto dolore ha sempre avuto bisogno di essere sentito. A malapena vedo e le mie gambe non riescono a rallentare. Sento ancora il sapore ruvido di quel bacio e le grida di quel bambino con le cicatrici. La pioggia è davvero incontrollata e i miei vestiti sono del tutto fradici. Sento una figura scontrarsi contro il mio corpo. "Diana?" è una voce conosciuta ma per Zayn Malik e per le lacrime incrostate non riesco neanche a ricordare il mio nome. Sento delle mani famigliari sulle mie guance. Quando l'uomo si avvicina riconosco i tratti americani. "Jake?" La mia voce è roca e stanca. "Tremi." Poggia una mano sulla mia guancia e mi asciuga l'ennesima lacrima. "Che succede?" Gli insulti di Zayn continuano a rimbombare nella testa. "Nulla" Provo ad andarmene, ma Jake mi afferra con delicatezza un braccio. "Non lascio una ragazza sconvolta alle 2 da sola." L'acqua mi fa difficilmente vedere i suoi occhi nocciola. "Ho litigato con mio padre." Non voglio dire la verità. Chi piangerebbe e si dispererebbe tanto per il proprio migliore amico così? Solo una pazza come me. Una pazza. "Dove dormirai, allora?" Si avvicina e inizia a levarsi la giacca. "Qui da qualche parte." A casa non potrei comunque tornare: Ryan mi ucciderebbe, se non fosse nel letto di qualche sgualdrina. Chiamerò Eric domani: ora sarà sicuramente in sala operatoria. "Vieni da me." Poggia il giaccone sulle mie spalle e mi libera il viso dai capelli-spaghetti. La pioggia sta diventando insopportabile. "Non ti lascio qui al freddo da sola. Te lo ripeto." Il suo tono risulta sempre dolce come le sue parole. "Mia madre tornerà domani. Stacca alle 6" I suoi capelli neri sono riversi sulla fronte, ma se li sistema velocemente. Annuisco esitante e inizio a seguirlo. Infila le mani nelle tasche e mi lancia qualche occhiata. Perché farmi questo? Odiarmi in quel modo? So che non manterrò le promesse, ancora. Uno scontro di labbra così violento e degli occhi così selvaggi in una notte da incubo sono devastanti. L'angelo nero è ora nelle mani dei demoni. "Diana." Qualcosa mi scuote energicamente il braccio. Vedo Jake allungare una mano e cercare le chiavi. Riesce ad essere bello anche quando sceglie una chiave dal mazzo di metallo. Zayn Malik è un veleno così piacevole e non riesce a non tormentarmi. "Il tuo appartamento è dietro il Nancy's ". Lui mi invita ad entrare. "Esattamente." Sento le sue dita premere sul mio fianco. Mi volto imbarazzata. "Scusami, è l'unico modo per arrivare all'interruttore." Quando la luce fioca illumina l'ambiente, vedo Jake arrossire. "E' un tugurio, mi dispiace." Osservo le crepe sui muri, il piano cucina graffiato e il divano strappato. "E' molto accogliente. Odio le regge. E' una casa vissuta e le cose consumate sono le migliori, Jake." Hunter mi guarda sorpreso e abbozza un sorriso. "Seguimi." Si strofina una mano sul collo, mentre arriviamo in una delle poche stanze. "Questa è la mia camera. Mio fratello dorme nel letto matrimoniale." La sua voce si incupisce ma riesce a ricomporsi subito dopo. "Jake io davvero posso andarmene. Magari tuo padre tornerà dal lavoro e non voglio disturbare, davvero." Mi mordo un labbro e cerco di non sentire freddo. La luce illumina il suo petto bagnato e i suoi tratti sensuali. "Non tornerà puoi stare tranquilla. Ce lo ripetono da 8 anni, ma non lo ha mai fatto." Passo falso. Io e gli uomini siamo un capitolo chiuso. "Mi dispiace. Non dovevo dirlo." Mormoro. Si avvicina e mi aiuta a togliere il giaccone. "Non preoccuparti." Mi sorride di nuovo e vedo il suo sguardo viaggiare sul mio corpo fradicio. Si avvicina al mio orecchio. "Dove vuoi dormire?" Sento le guance bollenti. "Sul divano può andar bene." Mi allontano ma il polso diventa presto dominio delle sue mani. "Non voglio niente del genere Diana." Posa il cappotto sul letto. "Puoi dormire qui". Noto un letto di fronte al suo e l'imbarazzo cresce. "Posso cambiarmi?" Chiedo giocando con i miei piedi mentre le gocce d'acqua scivolano sulle dita. "Certamente. Posso darti qualcosa di mio." Il profumo di menta e tabacco è insuperabile. "O anche qualcosa di mia madre." Sorrido riconoscente mentre lui si dirige in un'altra stanza. Approfitto per specchiarmi. Vedo il riflesso di quello che sono diventata: una donna distrutta senza dignità piena di segni dipendente da un uomo. Il mascara riempie le grandi occhiaie e il rossetto è completamente sbavato. "Zayn, smettila" Mi prese per mano e mi portò al centro della pista. Il giorno del matrimonio di Savannah, mia zia, donna meravigliosa e adorante dei Malik. "Voglio ballare con te. Cosa c'è di così strano?" Mi afferrò i fianchi e intrecciò le nostre dita. In quel periodo avevo immaginato mille di volte di avere un'altra vicinanza di questo tipo con lui. "Non davanti a tutti." Sussurrai imbarazzata e sistemando il vestito bianco. I nostri genitori erano lì di fronte a parlare di lavoro, politica o di quanto il matrimonio sarebbe durato. "Abbiamo quindici anni nana. Nessuno ci può far sposare." Ridacchiava mentre io morivo di vergogna. "Un lento solo. Voglio farti vedere quanto sono migliorato." Mi baciò una guancia. "D'accordo. Ma se le mani vanno al di sotto dei fianchi, ti ritrovi una mano in meno Malik." Gli sorrisi legando le braccia intorno al suo collo e lui incastrò la lingua tra i denti. "Veloce, veloce, lento" gli ripetevo mentre lui aveva gli occhi fissi nei miei. "Così bravo." Strinse le mie curve e giocò con l'orlo del vestito. "Sembri un angelo oggi" mormorò tra i miei capelli. Ero arrossita sino alla punta delle orecchie. Spinsi delicatamente la sua spalla. "Ma che dici?" Nascosi la testa nel suo collo, mentre mi abbracciò con forza. Mi prese il mento e mi avvicinò al suo viso. "Quello che mi fai provare." In quel momento il mondo divenne un disegno confuso. Mi sfiorava il naso. "Zayn." Sussurrai completamente viola. "Mamma, Zayn e Ana si sono baciati!" Ricordo la risata isterica di Emily e Wahilya. Tutti i presenti al tavolo si girarono. Non dimenticherò mai i visi dei nostri genitori, mai. "Non è vero" borbottammo io e il mio migliore amico. "Sono innamoratissimissimi, mamma" i lori visi erano divertiti, mentre io volevo sprofondare. "Quanto è vero." Mormorò mia madre con un sorriso enorme. Guardai solo lei. "Non ti sopporto" gridai a mia sorella correndo via. Sentii i passi di Zayn veloci dietro di me. "Fermati." Non lo ascoltai, ma sentii presto afferrarmi i fianchi. In quel periodo odiavo il rapporto di complicità tra lei e mia madre riguardo all'argomento Zayn. "Sono solo due bambine Ana." Il suo fiato debole si legava al mio affannoso. "Non mi va che lo dicano." Lui mi fece voltare. "Lasciamoglielo dire." Gli baciai una guancia. "Tanto siamo fratelli." Sussurrò. Quelle parole mi fecero incredibilmente male. Non so perché furono un pugno allo stomaco. "Ecco, credo che vadano bene." Jake cancella l'immagine romantica di due bambini inseparabili. Mi porge una maglietta blu e un paio di pantaloni grigi. "Dov'è il bagno?" Mi osserva di sfuggita la pancia bagnata e i polsi. "In fondo a destra." Quando mi chiudo la porta alle spalle, mi appoggio alla parete in legno. Inizio a sbottonarmi la camicia e ripensare ancora a Zayn. Sbaglio tutto quotidianamente. Mi spingo troppo con lui: non saprei come definirci. Non siamo nulla di certo. Due amici che si baciano, o due amanti che si considerano migliori amici. Il nostro rapporto è ibrido, a metà, al confine di qualcosa di grande. Ora non voglio pensare a cosa potremmo o saremmo potuti essere, non ne ho le forze. Ciò che più mi preoccupa, però, è che, nonostante tutto, vorrei che fosse qui a levarmi questa maglietta, a baciarmi sul collo e a ripetermi che sono sua e di nessun altro. Il concetto emblematico è questo: la nostra follia ci può spingere così oltre, in un abisso emotivo così profondo e intricato, in un labirinto di sensi giusti e contrapposti da non riuscire più a risalire? Non riesco a darmi una risposta. Ancora oggi non riesco a farlo. Sono in intimo davanti ad uno stupido pezzo di vetro rotto. Mi asciugo leggermente e poso i palmi sul lavandino leggermente nerastro. "Perché devi farmi questo?" mormoro. Le ragazze hanno ragione: lui è la distruzione. Sono stanca di ricorrerlo o di riempire le sue crepe. Deve guardare oltre. Noto che la maglietta è stretta sul petto e i pantaloni larghi sui fianchi. Per impedire alla mia mente di pensare ancora a lui, ritorno nella piccola camera degli Hunter. "Dove posso mettere... O mio dio scusami!" grido voltandomi e intravedendo il suo corpo non del tutto coperto. Sento una risata leggera. "Non preoccuparti." Mi maledico per aver accettato l'invito. Come reagirebbe Zayn a questo? Si piazza davanti al mio corpo tremante e mi toglie le dita dagli occhi. Non ho il coraggio di abbassare lo sguardo. "Non avevo notato che fossi ungherese." Si avvicina al mio viso e disegna i lineamenti della guancia. "Come hai fatto a capirlo?" Passo una mano tra i fili caramello. "Gli occhi chiari, i tratti somatici delicati, il soprannome sulla collana. Mi porge la catenina in oro che ho lasciato poco lontano dal mobile in legno. "Gyongy..." Sospira facendomi sussultare. Si appoggia alla mia schiena e circonda il collo con uno degli ultimi regali di mia madre. "Mio padre conosceva l'ungherese." Sento le forme dei suoi pettorali premere sul mio corpo e arrossisco leggermente. Se ci fosse stato Zayn ci saremmo baciati tutta la notte senza fermarci. Non mi sono neanche accorta che ora è a un palmo dal mio naso. Sono completamente fatta di un altro uomo. "Intenzív és érzéki."dice baciandomi una guancia. Arrossisco di nuovo e mi porto una mano sul petto, sulla collana. Mi ha sussurrato ciò che mi ha sempre detto mia madre: intensa e sensuale. "All'attacco, all'attacco!" Un grido dolce ci allontana. "Jay all'attacco!" Leo si lancia sul fratello che lo prende prontamente. Il bambino affetto da crisi d'asma mi rivolge un'occhiata divertita che ricambio. Il suo sorriso sdentato mi fa sciogliere. "Tu devi essere Diana. La ragazza dell'ospedale" Ride mentre Jake si riprende. "Esattamente" Mi abbasso alla sua altezza. "Posso dormire con te?" si rivolge al bruno che mi osserva con la coda dell'occhio. "Ti prego, sai che ho paura del buio." Glielo sussurra, nascondendosi nella sua spalla e abbracciandogli il petto. "D'accordo peste." Ho gli occhi lucidi e tremo quasi. Il bambino prende a guardarmi e si avvicina allontanandosi da Jake. Posa la mano sul mio viso e mi contorna i diamanti blu. "Leo, vieni subito qui." Fermo l'americano con un movimento veloce. "Come si chiama?" mi chiede il bambino accarezzandomi le occhiaie. "Chi?" mormoro. "L'uomo di cui hai pieni gli occhi." Si siede sul mio ginocchio e continua a studiarmi. "Leo!" grida Jake. Qualche lacrima scivola sulla guancia. "E tu come lo sai?" Piego distrattamente le labbra lasciando un'impronta del mio indice sul suo naso. "Mamma lo fa spesso quando pensa a papà." Vedo il bruno morire di vergogna. Abbassa lo sguardo impotente. "Loro sono vicini più di quanto immagini." Azzardo ricevendo un'occhiata da Jake. "Si?" I grandi occhi cioccolato di Leo si illuminano. "Certamente." Il bambino ritorna dal fratello-casa e si arrampica sulle sue spalle. "All'attacco, all'attacco!" grida facendomi ridere. Il giocatore di football sorride leggermente con gli occhi velati di ricordi amari. "Andiamo a letto peste."
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We are (not) just best friends||Zayn Malik
Fanfiction" Sentivo ancora le labbra gonfie per l'ennesimo bacio proibito. Gli accarezzai il petto e lui ci avvolse nel lenzuolo. Si avvicinò in modo lento e la voce rauca penetrò le ossa. Mi aspettavo le solite due parole: stiamo sbagliando. Dovetti ricreder...