L'inizio della mia sopravvivenza

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-Sveglia!  Forza polentoni alzatevi!-

La solita voce, come ogni mattina, risuona nella mia testa interrompendo  i sogni. Da quando sono in questo posto non sono ancora abituata alla "sveglia mattutina". Dopotutto sono qui da circa 4 mesi e, dovendoci restare per molto, suppongo che dovrei abituarmici. Prima o poi!

-Chloè forza! Credevo fossi già sveglia e invece ti trovo ancora a letto? – Giudy, direttrice del piano in cui sopravvivo, mi incita ad alzarmi e così, anche non volendo, lo faccio.

Come ogni mattina infilo le ciabatte ormai scolorite, mi faccio largo nel marasma che si crea in corridoio e raggiungo le docce. Pettino i capelli e lavo i denti. Questa mattina, guardandomi allo specchio, noto qualcosa di diverso. Probabilmente sarà dovuto alle molteplici medicine che sono costretta ad ingerire tutti i giorni.

Quello che mi fa più rabbia non è la condizione o il luogo nel quale verso, ma la persona che mi ci ha spedito. Mentre spazzolo i denti con lo spazzolino ripenso alla mattina nella quale tutto è iniziato:

Frequentavo il terzo liceo quando mia madre morì a causa di un cancro, il quarto anno era stato difficile, persi tutti gli amici a causa del mio continuo cattivo umore e finii per diventare lo zimbello della scuola.  Johanna, ragazza Russa, residente a Barcellona sin dai tempi dell'asilo, trasformò il mio quarto anno in qualcosa di terribile: sua madre, ormai vedova, sposò mio padre. All'inizio ero felice per lui, ma cambiai idea quando iniziai a vedere che sia lei che sua madre facevano di tutto affinché mio padre mi trattasse male. La situazione peggiorò e iniziai a frequentare brutta gente, persone conosciute in metropolitana, persone che consideravano la droga pane quotidiano. Iniziai a drogarmi, a tornare tardi, a non mangiare, insomma cambiai radicalmente stile di vita e mentalità. Quando Johanna tornò a provocarmi, persi la pazienza e la spintonai facendola cadere. Lei corse a casa e raccontò storie assurde riguardanti me e soprattutto le botte che, naturalmente,non le avevo dato. Nessuno mi credette, rovistarono nel mio zaino e trovarono del fumo e qualche pasticca che puntualmente usavo per scappare dalla realtà. Quando tornai a casa trovai la mia valigia accanto alla porta con tutte le mie cose. Johanna e sua madre, con aria complice, fingevano di rimproverarmi . Mio padre non perse tempo e chiamò Peaceville, manicomio noto per avere anche un reparto per giovani.  Raccontò alla direttrice di aver notato strani comportamenti in me dalla morte di mia madre, io mi limitavo a stare in silenzio: tutto sarebbe stato meglio di quella casa!

La direttrice chiamò Giudy che mi accompagnò nella mia stanza e da allora non vidi mai più né mio padre e né le arpie che aveva accolto sotto il suo tetto.

Erano passati 4 mesi, ma spesso tornavo a pensare a quello che era accaduto: non riuscivo a capacitarmi di quanto la mia vita, in poco tempo, fosse precipitata nell'abisso.

Ora non facevo più uso di droghe non solo perché non potevo aver accesso ad esse, ma anche perché, vivendo in una realtà migliore, non ne avevo bisogno. Ero felice della mia condizione ... o quasi!

Non era stato facile adattarsi a vivere con i pazzi non essendo uno di loro, ma con il tempo  ero riuscita ad integrarmi.

Sputai il dentifricio nel bianco lavabo e tornai in camera per indossare la solita amorfa veste grigia. Siccome notai di essere l'unica ancora in camera, mi affrettai a recarmi nel refettorio dove la direttrice stava tenendo una sorta di discorso

-...Ed è così che voi farete,  sarà molto importante rispettare le regole e...-

-Ma buongiorno signorina Mcgray, la puntualità non è il suo forte vero?- disse la direttrice interrompendo il suo discorso appena le sfilai davanti.

Non risposi nulla, continuai a camminare e presi posto: il vantaggio di trovarsi in un luogo per malati di mente, sta nel fatto di poter seguire le proprie personali regole. 

-Stavo dicendo che tra due giorni avremo l'onore di ospitare 4 calciatori importanti della nostra nazionale: Neymar, Bartra, Messi e Haddadi. Questo evento benefico ha come obbiettivo quello di risollevare il nostro istituto dalle cattive voci che girano su di esso. Questo presuppone quindi che vi comportiate bene, chiaro?- Dice

-si- risposero tutti in coro.

A me non importava, erano solo persone che, poiché nate fortunate, potevano avere tutto ciò che desideravano. Io non lo ero e di loro non mi importava, pensai sorseggiando il latte e osservandomi intorno. 

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