Una vita diversa

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POV Chloè

Il Raval non aveva la fama di essere un quartiere perbene.

Anche se non lo avevo mai visto prima di allora, fu quasi tutto come avevo immaginato: case fruste dai colori lugubri, strade sporche e dismesse ai cui bordi regnavano rifiuti di tutti i tipi, bambini dall'aria affamata ...

Non ero a mio agio, ma non avevo altra scelta che riuscire a trovare un piccolo posto nel quale poter passare la notte grazie ai pochi risparmi che avevo con me.

I numerosi cartelli di "affittasi" riportavano tutti cifre basse, ma comunque avrei dovuto presto trovare un lavoro per non morire di fame.

Scelsi una piccola casa al secondo piano di una palazzina dismessa, dopo aver chiamato al numero riportato sul cartello, una donna di circa 40 anni venne ad aprirmi.

La donna sembrava molto bella, ma l'incuria del proprio viso, dei capelli e del suo corpo, avevano finito per farla diventare una donna comune.

I suoi vestiti erano sgualciti e pieni di macchie, la sua gonna mostrava delle gambe snelle e stanche.

Fortunatamente, essendo un contratto abusivo, non furono necessari documenti che attestassero la mia maggiore età

Dopo avermi consegnato le chiavi e aver riscosso i primi due mesi di affitto, tornò nella propria casa lasciandomi sola in quell'ambiente che non conoscevo.

Guardandomi intorno mi sentivo estranea a quel luogo.

L'appartamento era composto da una piccola cucina color mogano dagli angoli consumati dal tempo, un tavolo rettangolare, una finestra che dava sulla casa di fronte, una seconda stanza adibita a camera da letto con un letto, due comodini, un armadio e uno specchio ed, in fine, una stanza da bagno contenente una piccola vasca, un lavabo con specchio e un wc.

Non era certamente il lusso che vi era a casa mia, ma, in qualche modo, quel posto mi rimandava alla serenità di Peaceville.

Avevo speso 150€ per i due mesi di affitto e 15€ per spostarmi con la metrò, avevo ancora a disposizione 213€ di risparmi, ma ero intenta a trovarmi presto un lavoretto.

Sistemai le cose che avevo portato con me e l'ambente si mostro presto più accogliente.

Erano ormai le 21 e tutti i negozietti avevano chiuso, fortunatamente riuscii a mangiare uno dei due panini che avevo portato con me.

Nonostante avessi paura di uscire da sola in quel luogo, l'ansia di trovare un lavoro mi spinse a farlo.

Cercai di camminare quasi nascosta pur di non attirare gente con cattive intenzioni.

Vedendo una pizzeria decisi di chiedere al proprietario, ma egli, appena iniziai a parlare, mi cacciò malamente dicendomi che ogni giorno decine di persone gli chiedevano di essere assunte quindi figurarsi se assumeva una straniera.

Chiesi anche ad un bar, ma l'aria poco sicura mi fece scappare via.

Ero desolata, come avrei fatto senza lavoro?

Non volevo tornare a casa dei miei, non avrei voluto neanche rivederli.

Mentre camminavo sconfortata, udii una musica provenire da uno dei tanti ampliamenti della strada.

Decisi di andare a vedere cosa fosse e mi trovai davanti ad un locale notturno chiamato Déjà Vu.

La musica risuonava alta e le luci penetravano all'esterno, vi era una grande fila e un pamphlet dimenticato a terra mostrava che, quella sera, ci sarebbe stato uno dei tanti spettacoli di spogliarello e burlesque.

-Che fai entri o mi lasci passare?- Una voce sconosciuta mi incitò ad entrare e lo feci ritrovandomi in un ambiente del tutto nuovo: luci dai colori scuri, donne che ballavano senza inibizione indossando maschere o a viso scoperto, uomini, anche sposati, che giovavano dello spettacolo posto ai loro occhi.

Quelle donne ostentavano una sicurezza invidiabile, erano tutte molto belle e giovani.

Per un momento un'idea balenò nella mia mente: avrei potuto lavorare in quel posto.

Certamente non avrei mai immaginato di dover finire a guadagnare mostrando il mio corpo, ma avevo bisogno di denaro e tutto ciò che volevo era ottenere un lavoro qualsiasi esso fosse stato.

Chiesi ad una delle cameriere che giravano per i tavoli con abiti succinti chi fosse il direttore e mi venne indicato un uomo seduto ad un tavolo particolare rispetto agli altri.

Mi feci coraggio e mi recai da lui.

-Mi scusi, posso rubarle qualche minuto?- L'uomo sollevo i suoi occhiali scuri e mi guardò qualche secondo per poi invitarmi a sedere.

-Serena porta un Mojito alla signorina- Ordinò con voce autorevole alla cameriera.

-Si- Rispose prontamente lei.

-Allora perché vuoi parlarmi signorina ...-

-Chloè- precisai sorseggiando il mio mojito

-Cosa posso fare per te?-

-Avrei bisogno di un lavoro-Sputai d'un fiato.

-Molte ragazze vengono da me per un lavoro, perché dovrei assumere te? Cosa hai di speciale?-

-Io non ho nulla di speciale a dire il vero, ma ne ho davvero bisogno.-

-Tutti ne hanno bisogno-

-Per me è diverso, se non trovo un lavoro non so come ... -

-Non sai come sopravvivere giusto?-

-Si-

-Per tutti è così-

-Quindi non mi darà il lavoro?-

-Senti: oggi una delle mie migliori ballerine è andata via e quindi me ne occorre una nuova entro domani sera. Non commettere errori e sii sicura di te stessa e il lavoro sarà tuo. Oggi è stato il tuo giorno fortunato-

-La ringrazio- Gli risposi sorridente e uscendo dal locale mi fermai ad osservare il cielo: non era certamente il paradiso, ma neanche l'inferno.

Una stella cadente brillò ai miei occhi, ma l'unico desiderio che riuscii ad esprimere fu quello di rivedere Marc

POV Marc

Non credevo ai desideri, ma quando osservando il cielo e dalla mia terrazza una stella cadente si illuminò ai miei occhi, desiderai istintivamente di rivederla.

Magia o realtà, superstizione e fantasia o concretezza : dovevo riuscire a trovarla e tenerla con me.

Salve ragazzi

Lasciate qualche stellina!!!


Le stesse molecole || #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora