Capitolo 36

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È una bella giornata di sole. Mi guardo attorno. Sono in un letto piccolo con le stampe a fiori, terribile penso subito. Indosso un pigiama rosa con un coniglietto bianco e tanti cuori sui pantaloni.
«Emma la colazione è pronta», chiama la mamma dal piano di sotto.
Scendo le scale in legno chiaro di corsa e vado a sedermi sullo sgabello di fronte al bancone della cucina. Mamma cucina le uova strapazzate per papà e pancake al cioccolato per me. Il suo pancione cresce di giorno in giorno. Presto una piccola peste di nome Elly invaderà la nostra tranquilla quotidianità.
«Oggi farà caldo», esordisce papà entrando in cucina con un sorriso. Indossa gli indumenti da lavoro inamidati e senza pieghe. Mi da un bacio sulla testa e poi bacia la mamma e il suo pancione.
All'improvviso sento un rumore assordante, il suono di un clacson. Istintivamente copro le orecchie e urlo.
Sento dolore ovunque e provo a riaprire gli occhi. Quando lo faccio, sono di nuovo nel mio appartamento, affannata e ho il viso rigato dalle lacrime. Accendo la luce, scendo dal letto. In bagno getto dell'acqua fredda sulla pelle ma questa non basta per togliermi di dosso il sentore della paura.
Sento bussare alla porta e trovo Anya assonnata sulla soglia. Si gratta la fronte, sbadiglia e mi guarda preoccupata.
Ricambio lo sguardo, cerco di rassicurarla. Lei mi abbraccia e senza dire altro torna nella sua camera.
Mi incammino in cucina e la sento parlare con Mark. «Non so come aiutarla. Aveva smesso», mormora.
Accendo le luci della cucina e mi preparo un tè. Riesce a farmi da calmante e credo di averne proprio bisogno.
Sul tavolo ho lasciato la cartella del locale la afferro e torno in camera con la tazza fumante.
Le 05:45 segna la sveglia. Inizio a leggere i curriculum e non ne individuo di validi o con un po' di esperienza nel settore. Non che ci voglia chissà che cosa nel servire un tavolo ma il nuovo ristorante che Max intende aprire, deve essere gestito con la massima competenza. Qualcuno dovrebbe aiutare Tony in cucina ma so già che rifiuterà. Passo due ore a stilare la lista e alla fine stampo tutto, rimetto in ordine e vado a vestirmi.
È strano come il tempo possa passare così in fretta. In tutta la settimana mi sono tenuta impegnata ma puntualmente nel cuore della notte, i miei incubi sono tornati.
Non voglio fermarmi perché se lo faccio ripenso subito ad una persona. Sapevo che sarebbe andato tutto al diavolo ma non pensavo così in fretta. È proprio vero: la felicità è effimera.
«Non fai colazione?», la voce di Camille arriva decisa dalla cucina dove si sente l'odore di croissant e del caffè. Il mio stomaco si contrae.
«Non ho fame. Ci vediamo sta sera», rispondo intenta a sistemare la borsa e ad infilare le scarpe.
«Non sta affatto bene, mi preoccupa», bisbiglia ad Anya mentre apro la porta e la richiudo con furia per fargli capire che ho sentito tutto.
So che sono preoccupate per me ma non voglio che escogitino qualche strano piano per farmi stare meglio. È già difficile alzarsi dal letto dopo un incubo, non potrei reggere altro.

Arrivo al locale con un sorriso stampato sulle labbra. I muri sono stati dipinti e trovo Tony intento a sistemare delle mensole. Una libreria in legno scuro in un angolo è già stata assemblata. Dovremmo comprare tanti nuovi libri e qualche divano per rendere piacevole la lettura. L'idea dell'angolo letterario è piaciuta molto a Max il quale si è subito dato da fare. Lucy sta sistemando le bottiglie dietro il bancone con gli specchi. Ha tutto un'aria così nuova, così diversa. C'è sempre un nuovo inizio dopo una fine. Mi fermo spesso a riflettere su questo e in fondo è proprio vero.
Inizio a pulire e disporre i nuovi tavoli per il pub mentre Max è nella sala ricevimenti intento a dare ordini sulla disposizione dei tavoli e del resto degli interni del ristorante. Da un piccolo locale, Max e Tony, stanno creando un grosso impero. Mi sento a casa e sono lusingata quando chiedono la mia opinione o mi lasciano decidere senza interferenze. Loro credono nel mio lavoro ed io credo nel loro affetto incondizionato. In un anno, mi hanno accolta come una figlia e non posso fare altro che ringraziarli e ricambiare.
Il telefono vibra.

Anya: "A che ora torni?"

Emma: "Verso le otto"

Anya: "Saremo al Devil's Club!"

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