Ho un dolore atroce alla schiena e non riesco a gestirlo. Sento proprio di svenire. Se aggiunto al panico, all'adrenalina e alla rabbia, è un mix letale.
Pago il tassista ed entro in ospedale a stento. Un'infermiera parecchio gentile non appena mi vede arrivare mi corre incontro. Mi aggrappo a lei stremata. Sono senza fiato e continuo a piangere per il dolore.
Entriamo in una stanza e mi fa stendere su di un lettino poi va a chiamare il dottore. Un ragazzo entra velocemente facendosi avanti.
«La prego non riesco più a sopportarlo». Stringo i denti e chiudo gli occhi. Spiego dove ho più dolore e cosa mi è successo in passato.
«Da uno a dieci quanto le fa male?», domanda alzando la gamba per esaminarla e toccando la schiena.
«Venti», asciugo le lacrime e stringo il pugno sul lettino.
Mi fa altre domande sull'incidente passato ma annuisco incapace di ragionare. Mentre mi aiuta a rialzarmi per valutare eventuali problemi, barcollo leggermente e mi esce un urlo che trattengo a stento tra i denti. L'infermiera mi fa indossare subito il camice. Dovrò fare parecchi esami e con ogni probabilità dovrò rimanere in ospedale spiega. Mi porteranno a fare una risonanza, faccio due forse tre passi, vedo tutto nero e perdo la cognizione del tempo.Batto le palpebre e le luci al neon feriscono i miei occhi. Kate, l'infermiera gentile, si avvicina. Mi sento stordita e ho una flebo attaccata. «Ti abbiamo dato una dose di antidolorifici e aspettiamo gli esami. Sei svenuta per il dolore.» Spiega in modo calmo.
Faccio una smorfia e chiedo dell'acqua. Ho la gola secca e impastata in più mi brucia in modo indescrivibile. Mando giù due bicchieri e poi cerco di sistemarmi sul letto ma non ci riesco. «Vuole che le chiami qualcuno?»
Scuoto la testa. «I miei genitori sono morti se è questo che sta per chiedere». Le lacrime tornano a rigare il mio viso.
«Oh mi dispiace. Posso portarti qualcosa da mangiare?»
Annuisco. Quando rimango sola in camera avvicino la mano alla borsa sul comodino ed estraggo il cellulare. Trovo parecchie chiamate e messaggi. Quasi tutti di Anya, Ethan e Eric. Faccio un grosso sospiro e la richiamo.
«Merda! Emma, dove sei?»
«Non ti allarmare», prendo un grosso respiro e stringo i denti, «sono in ospedale». Ho la voce roca e assonnata. Gli antidolorifici fanno effetto, più del dovuto. Quasi quasi li userei per non sentire il dolore al cuore.
«Che significa in ospedale? Che è successo?». Scoppia in lacrime.
«Tranquilla, sto bene. Torno presto a casa, solo... non, non dire niente a nessuno ok?», trattengo le lacrime.
«Non vuoi che venga?», singhiozza.
«No. È tutto ok», lo dico solo per tranquillizzarla ma so già quale sarà l'esito. Uso una scusa e stacco la chiamata prima che possa destabilizzarmi o convincermi.
Kate arriva con una porzione di pane e zuppa. Mangio lentamente e poco. Ho lo stomaco chiuso. La mente annebbiata dagli ultimi eventi.
Dalla porta entra il dottore. Scosto il vassoio preparandomi alla cattiva notizia. La mia vita avrà mai una gioia?
«Hai una piccola lesione. Sei stata fortunata, riesci ancora a camminare. Si può risolvere ma ti costerà un po' di tempo e terapia.»
Gli occhi mi si riempiono di lacrime e attendo un momento prima di domandare quando e cosa dovrò fare. Il medico mi consiglia di intervenire il prima possibile e nel frattempo di stare a riposo. Un danno alla colonna è una cosa seria mi fa notare e avendo già subito un intervento so per esperienza cosa significhi dovere pazientare e sperare.
Mi lasciano sola e cado nello sconforto. Non so cosa fare, come affrontare tutto questo da sola. So solo che sento dolore ovunque e che il mio peggior incubo è tornato. Non sarebbe successo se non avessi accettato di partecipare a quella stupida gara. Tutto questo non sarebbe successo se non mi fossi innamorata di Ethan.
Chiamo l'infermiera e domando se conosce il dottor Gordon. In breve riesce a farlo arrivare dopo una chiamata.
Entra in camera mentre sto riposando. Provo a rialzarmi ma intima di non farlo. Legge la mia cartella e aggrotta la fronte. Noto subito il suo sguardo preoccupato. Chiede di visitarmi e mi fa rifare le analisi da capo. In breve mette tutto l'equipe medica a mia disposizione.
L'azione degli antidolorifici inizia a svanire e l'infermiera mi porta del ghiaccio da mettere dietro la schiena.
«Dovrai fare l'intervento. Non ti illuderò e non ti darò false speranze. Proverai dolore e ti stancherai più del solito i primi tempi. Potresti avere bisogno di una sedia a rotelle o di una stampella a parte il tutore. Emma, voglio solo che tu sia forte e spero riuscirai ad affrontare tutto questo nel migliore dei modi.» Mi lascio abbracciare tra le lacrime. Ancora una volta, sono vittima del destino crudele.
«Ti lascio in buone mani. Torno domani per vedere come ti senti e per fissare l'intervento.»
Il mio stomaco si contrae. Mi sento male al pensiero di andare di nuovo sotto i ferri. Ho una paura matta, soprattutto perché dovrò affrontare tutto questo ancora una volta, da sola.Continua...
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Unstoppable
RomansaRiservata, insicura e con un passato devastante alle spalle, Emma, si ritrova a 19 anni con un futuro incerto e una nuova casa a cui abituarsi. Fa a malapena in tempo a mettere piede nel nuovo appartamento che da quel momento niente è più come prima...