Capitolo extra.

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Sono rinchiusa in questa dannata stanza da un tempo che non riesco a capire precisamente perché qui non c'è un orologio, e posso solo capire se è giorno o notte, guardando la luce che filtra da una piccola finestra al quale ogni tanto mi affaccio quando sento mancare l'aria. È una stanza piccola e buia,come una prigione : al suo interno solo il letto con un materasso molto morbido (dá l'aria di essere molto vecchio) e una porta che conduce al bagno.
Dopo essere arrivata qui erano due le cose che avrei potuto fare per essere libera: gridare chiedendo aiuto o provare a buttare giù la porta. Entrambe le cose si sono rivelate dei fallimenti. Ma d'altronde cosa mi aspettavo? Chissà in che posto sperduto sono,ai confini di qualche periferia dove nei dintorni non abita nessuno e per quanto riguarda il buttare giù la porta...bhè per quello sono troppo mingherlina.

C'è un silenzio assordante che mette i brividi e ogni tanto guardo la porta e spero in un miracolo; in qualcuno che venga a salvarmi. Ma non è così.
Penso a mio marito, i miei pensieri sono colmi di tristezza per quell'uomo che, ad ogni mio sguardo preoccupato mi domandava se c'era qualcosa che non andava, che poneva tanta fiducia in me e gioiva ad ogni mio successo e che anche se spesso assente nelle conversazioni o troppo severo quando si arrabbiava, dopo con timidezza veniva a chiederti scusa. Penso a mia figlia e a tutte le pene che starà passando e spero di rivedere il suo volto insieme a quello di Peter, che fin da piccolo si esercitava con la spada laser per diventare un soldato di corte.

La cosa che più mi spaventa è il non sapere chi è stato a rapirmi e continuo a tormentarmi tutte le notti a pensare a chi possa essere stato,non trovando un briciolo d'indizio. Il cibo mi viene portato da un uomo con un passamontagna che non mi rivolge mai la parola.
Per la testa mi passano mille domande:
Dove sono?
Perché sono qui?
Cosa vogliono farmi?
Riuscirò a salvarmi?
Domande la cui risposta sembra non arrivare.

Ogni tanto nel cuore della notte mi sveglio improvvisamente e sbatto ripetutamente gli occhi sperando di star vivendo un incubo. Ma non è così; e la realtà è peggio dell'incubo.

Sento dei passi lenti e pesanti avvicinarsi. La porta si apre. L'uomo col passamontagna si tiene a debita distanza da me. Due uomini arrivano e mentre uno mi blocca le braccia, l'altro mi mette una mano sulla bocca.

L'uomo si toglie il passamontagna.

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