Kōtarō Bokuto - Posso solo amarti

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Kōtarō Bokuto - Posso solo amarti

"Resisto, è sempre più difficile respirare.
Tutt'un tratto le luci mi stanno accecando. Non ho mai notato quanto fossero luminose.
Ho visto che in un angolo c'è una fotografia, non avevo alcun dubbio che fossi tu. Si trova li, da sola, su quel letto di vetri rotti. Questo letto non è fatto per due. Terrò gli occhi ben aperti. Terrò le braccia spalancate. Non lasciarmi. Non lasciarmi. Non lasciarmi andare. Perché sono stufa di sentirmi sola.

Don't let me go / Harry Styles"

- Credi che saranno dei coglioni fanatici inchiodati alle tradizioni a fermarmi? - domando, alzando le sopracciglia in direzione di Kōtarō. - Povero illuso. - Lui storce le labbra, infastidito dalla mia caparbia. - Se non hanno ancora capito che anche una donna può guidare un esercito sono degli stupidi, e tu con loro se necessiti di altre prove, oltre al fatto che sei un gradino più in basso di me nell'esercito. -
Keiji ci osserva, bevendo lunghi sorsi dal suo boccale di birra. So che ci sta guardando da dietro le palpebre semichiuse, ne sono consapevole, ma non lo degno di un'occhiata. Forse più per il fatto che mi da quasi i brividi quando fa quello sguardo da padre, che parla più di mille parole.
Bokuto, intanto, sbuffa imbronciato e tenta di riprendersi la mia attenzione indietro. Si sbraccia e raggiunge il suo scopo.
- Che vuoi ancora, gufo da due soldi? - gracchio, indicando con l'elsa della mia spada l'animale ritratto sulla sua armatura. - Non cambierò idea, se è questo che hai in mente. Fattene una ragione. -
Nei suoi occhi grandi scorgo un lampo d'antipatia. Non mi preoccupo molto. Conosco Bokuto da una vita e ormai la sua presenza è tanto concreta quanto lo è la mia acidità.
- Vecchia strega - mormora, passandosi una mano fra i corti capelli variopinti. Ci guardiamo e alzo le spalle.
Me ne vado, chiudendo la porta dietro di me. Un tonfo accompagna la mia dipartita. Nessuno può dirmi o non dirmi quello che devo fare.

- Quella ragazza, mi farà impazzire. - Kōtarō si allunga per prendere un boccale e i muscoli delle sue braccia forti si flettono e si gonfiano attirando l'attenzione di qualche donna delle pulizie ancora presente nella stanza della servitù.
Non gli è nuova la sensazione di essere guardato, però non c'ha ancora fatto l'abitudine. È una cosa che trova tanto gratificante quanto imbarazzante. "Per fortuna sono un uomo" si dice, perché è consapevole del fatto che gli sguardi delle donne sono pieni di voglia d'amore mentre quelli degli uomini solo di desiderio animale.
- Sei tu che ti fai mettere i piedi in testa, idiota - borbotta Akaashi, come se si fosse svegliato improvvisamente. - Fra i due sembra essere lei la guardia del corpo, non tu. -
- Questa è crudeltà, Akaashi! - ribatte il ragazzo gufo, sbattendo un palmo sul tavolo di legno.
- Sei troppo buono, idiota - parla calmo il moro, alzandosi dal tavolo. - Quella giovane sarà la tua rovina, e lo sai anche tu. - Keiji fa il giro del tavolo e gli poggia una mano sulla spalla, infondendogli una scarica di fiducia esasperante. - Non lasciarti mettere troppo i piedi in testa; se non ne sarai in grado ci penserà qualcun'altro a farlo e allora per la ragazza che ami potrebbe essere la fine. E non solo come capo dell'esercito.- Kōtarō ingoia a vuoto, rinunciando a chiedere ad Akaashi come abbia fatto a capire che il suo cuore batte per la giovane. Si limita a guardarlo e sospirare, seguendolo verso la loro prossima meta.

Il concilio del Re, un ammasso di vecchie facce che ormai hanno fatto il loro tempo, non ci mette molto a infastidirmi. I grandi vocioni che quelle teste vuote mettono su si propagano per l'intera stanza, vogliosi di far esaurire l'aria respirabile. Non mi farò intimidire da tutti loro.
- Potete dire quello che volete - proclamo alzandomi dalla grande sedia - ma nonostante tutto, le vostre strategie di battaglia sono vecchie, antiquate e ormai troppo prevedibili come tutti voi, seduti a questo tavolo.- Lo sguardo di fuoco che si innalza nella mia direzione viene rinviato al mittente con un movimento leggero della mano. Non sono pronta a concedere a quei vecchi la libertà di farmi espellere, non ora che sua maestà ha finalmente accettato una donna nel suo esercito.
- Questo è un oltraggio, ragazzina! - esplode il vecchio alla mia destra, un abile spadaccino proveniente da Wakutani. - Come osi definire le nostre tecniche obsolete, quando anche tu ti ostini a combattere seguendole? -
- Combatto seguendo quello che mi ordinate, o facevate almeno. Adesso che posso guidare un mio ramo dell'esercito ho intenzione di rivoluzionare le vostre... -
- Le nostre strategie ci hanno guidato alla vittoria più volte di quanto potrebbero mai fare le tue, donna! -
- Vecchio ingrato, hai paura che una donna possa sovrastarti in astuzia? Benvenuto nel nuovo mondo! - La rabbia che percorre il mio sangue fa gonfiare le vene, tingendole di un verde scuro come quello dell'edera.
Attorno a noi il silenzio è composto da un mix palpabile di curiosità e sdegno, a cui nessun'altra però vuole dar voce.
- Il Generale Nakashima ha ragione. - Mi volto impercettibilmente piano, ingoiando a vuoto. Spero che la voce che ha rotto quella litigata non appartenga alla persona che credo, non lo potrei sopportare.
Invece non mi sbaglio.
Kōtarō è poco lontano dalla porta a cui dovrebbe fare la guardia, si staglia grande e sicuro di se sopra le persone ancora sedute. La sua ombra è come una coperta che m'inghiotte quando s'incammina verso il tavolo.
- Se nemmeno i tuoi sottoposti ti danno ragione qui, come pretendi che lo facciano sul campo di battaglia Generale? - mi punzecchia lo spadaccino, con una luce negli occhi che proclama la sua inequivocabile vittoria.
Lo trafiggo con un'occhiataccia e tento di aprire la bocca, ma una nuova voce mi blocca. - Per oggi il concilio è chiuso - proclama il vecchio Kōshi alzandosi, la sua sedia che gratta contro la pietra produce un suono tanto sconfortante quanto liberatorio.
- Ti do un consiglio, donna: prima di parlare a nome tuo, ascolta le parole del tuo esercito. Mi rendo conto che è difficile ragionare troppo per la vostra mente ottusa, ma è così che funziona- mi sussurra all'orecchio il vecchio Hanayama.
Lo guardo andarsene, con l'anima che lo insegue vogliosa di ucciderlo.
- Generale - mi richiama Kōtarō, poggiandomi una mano sulla spalla. La schiaffeggio e mi allontano, non degnandolo di uno sguardo. Porgo il mio inchino al Generale Sugawara e lui mi sorride dolcemente.
Finalmente esco e abbandono quella stanza tanto odiata.

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