Kōushi Sugawara - Matematica
"Ho provato a tenerti vicino a me,
Ma la vita si è messa in mezzo
Ho provato a fare in modo di non essere là
Ma credo che sarei dovuto esserci.James Bay / Hold back the river"
Non importa quanto tu sia cresciuto e quanto la vita ti abbia spinto avanti, quando rimetti il piede dentro la tua vecchia scuola è come se tornassi indietro nel tempo.
I vecchi tempi ti investono in una folata nostalgica e tu ti senti quasi a casa, quasi.
E per me non fa di certo differenza.
Mentre cammino fra i corridoi in cui ho passato l'adolescenza non posso fare a meno che sorridere leggermente. Persino mentre riprendo i ragazzi che corrono perché sono in ritardo. Mi sento un po' la mia vecchia professoressa di giapponese. Tremo, improvvisamente consapevole di ciò a cui stó pensando; spero solo di non diventare come lei.
Mi avvicino a l'aula insegnanti, un fremito mi accompagna quando spalanco la porta e un'odore di carta e inchiostro mi pervade le narici.
Tutti si voltano a guardarmi e l'ansia mi cresce dentro. Non avrei mai pensato che io, che non sono mai stata una studentessa modello, sarei diventata una professoressa; e molto probabilmente lo pensano anche tutti i miei vecchi insegnanti che, adesso, si sono ritrovati a dover collaborare con me.
Mi presento e gli altri sorridono, facendomi sentire un poco più accettata. È una sensazione piacevole.
- Ecco le sue classi, Sensei - mi dice una donna minuta, porgendomi un foglio scarabocchiato. Lo prendo, leggo e la ringrazio.
- La disposizione delle aule è rimasta la stessa? - domando, curiosa e attenta. Lei annuisce e poi si scusa, affermando che deve scappare perché già in ritardo.
La guardo andarsene, scuotendo il capo per non sorridere troppo. Forse non è poi così male come pensavo, tornare a scuola intendo. Forse mio padre aveva ragione.
Il tempo passa fra le mura bianche e verdi; il rumore del gessetto che corre sulla lavagna, i ragazzi dietro i banchi, i rimproveri sono tutti fattori che adesso che sono cresciuta riesco a guardare da un'altra prospettiva. È incredibile come la visione del mondo cambi a distanza di pochi anni.
Sorrido. La campanella suona e segna la fine di un'altra lezione.
- Bene ragazzi, ci vediamo domani. Non dimenticatevi di fare i compiti. - Ho sempre voluto dire questa frase. - E fate firmare il foglio che vi ho consegnato ai vostri genitori, sennò non verrete in gita. -
Raccolgo le mie cose fra le braccia, salutando gli studenti che si fermano a fare le pulizie, e con tranquillità mi avvio verso la libertà (che in momenti come questi ha la forma e l'aspetto di una comodissima sedia in aula insegnanti).
Mi accomodo alla scrivania e inizio a controllare i quaderni che mi hanno portato i ragazzi fermatosi a fare le pulizie; ricordo che io detestavo farle, non che adesso le cose siano migliorate.
Poggio una guancia sopra il pugno chiuso e mordo il tappino della penna; è una cosa tanto triste quanto vera.
Più ci penso più sono sconvolta da me stessa. Per la prima, vera, volta nella mia vita mi faccio ribrezzo. Sono una donna senza speranza! Mordo con tanta intensità la penna che penso si spezzerà, ma prima che ci riesca qualcuno mi poggia una mano sulla spalla e attira la mia attenzione.
La persona che mi trovo davanti mi fa sussultare. È un ragazzo, un bel ragazzo, dagli occhi vivaci e un piccolo neo vicino al sinistro di essi; i capelli corti sono di un bel colore pallido, un bianco che ai miei occhi tende al rosa pallido.
Lui se ne sta lì in piedi, a fissarmi e sorridermi cordialmente come ci si aspetterebbe da un nuovo collega. Perciò mi alzo, tentando di spiegare la gonna che indosso con le mani e gli mostro il mio sguardo più dolce. Voglio farmi degli amici, voglio essere accettata da tutti.
- B-buon pomeriggio - dico, torturandomi un dito fra gli altri. Sono tesa come una corda di violino.
- Buon pomeriggio a te. - Sposta leggermente la testa a sinistra e un ciuffo ribelle gli accarezza gli zigomi ben delineati. - Volevo presentarmi come si deve: il mio nome è Sugawara Kōushi, piacere. -
- Piacere mio. - M'inchino e quando mi rialzo lui tiene in mano dei fogli.
- Accompagni tu i ragazzi della prima E in gita? - Annuisco. - Allora ci troveremo assieme, io porto la prima D. - Ha uno sguardo così particolare che non posso fare a meno di imprimerlo nella mia memoria.
Il ricordo di Kōushi mi accompagna per tutto il giorno.
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Riptides
FanfictionHaikyuu x Reader Riptides, in italiano "correnti di risucchio" "rapide", è un insieme di piccoli e brevi racconti riguardanti i personaggi di Haikyuu. Non hanno un senso logico, il più delle volte li scrivo in base a scene che ho visto o momenti...