Tobio Kageyama - La Principessa e il Corvo

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Oh oh oh! Buon natale! Io ve lo auguro con una piccola favola vecchio stile, sperando che vi piaccia ^_^

Tobio Kageyama - La principessa e il Corvo

"Sai che ho pensato sempre quasi continuamente
Che non sei mai stata mia
Me lo ricordo sempre che non è successo niente
Dovevi sempre andar via

Vasco Rossi / Come nelle favole"


C'era una volta una principessa, tanto bella e amata quanto la pioggia dopo lunghi mesi di siccità.
Il popolo la acclamava e l'adorava come se fosse una divinità, accogliendola nelle proprie case con un sorriso allegro e senza secondi fini. Tutti, nessuno escluso, quando ella si affacciava dal proprio balcone si fermavano ad ammirarla. Madre natura era stata benevola con lei: le aveva donato capelli morbidi e lucenti, pelle chiara come la luna e tanto delicata da far sembrare la ragazza di porcella, e un sorriso tanto dolce da spezzare anche i cuori più freddi. Ogni cosa, sotto il suo regno, prosperava e cresceva rigogliosa.
Tutta via, nonostante la principessa si mostrasse sempre felice e disponibile, si sentiva sola. La notte, nel suo grande e freddo letto, restava sveglia a pensare alle cose più disparate, cercando di convincersi che il sonno l'avrebbe condotta verso mete troppo dolci per essere anche solo vere e che, al suo risveglio, si sarebbe sentita più triste di quanto già non fosse.
Nei giorni a venire tutti continuarono a lodare la sua bellezza, la sua gentilezza, il suo coraggio. Ma nessuno le si avvicinò mai abbastanza da farla sentire realmente amata e, così, la principessa si sentì più sola che mai.
- Se mi amano così tanto come dicono, perché nessuno chiede la mia mano? - si domandava quando era sola. E, nel tempo che venne dopo quel primo, triste pensiero la giovane non sorrise più.
Il suo mondo si colorò di grigio e nero e lei, anima sola, si tinse di sfumature scure e malinconiche. Così simile a un'uccello in gabbia che le parve di provare la sensazione della morte che tanto la spaventava. I suoi popolani, che ancora l'amavano a distanza, la soprannominarono "La principessa sola".

Un giorno mentre la Principessa sola camminava per i propri giardini, sospirando monotonamente in quel dedalo di siepi verdi, si sedette su una panca di marmo poco visibile, lontano dagli occhi indiscreti delle guardie che avevano l'ordine di seguirla e pianse. Singhiozzò.  Tentò di liberare la sua anima dal pesante fardello che la stringeva nella sua morsa, inutilmente.
- Perché piangi, mia principessa? - le domandò a un tratto una voce.
La giovane si guardò attorno spaesata, per poi puntare i propri occhi in quelli blu di un corvo. L'animale se ne stava appollaiato poco più in là e muoveva la testa a scatti.
La giovane, che in un primo momento aveva provato l'immane impulso di urlare, scosse il capo delicatamente. - Oh, amico corvo - cominciò - tutti mi rispettano e dicono di amarmi, ma io mi sento così sola. Nessuno di quelli che mi stanno attorno, o con cui ho contatti chiedono la mia mano. Forse, sono sbagliata io. Forse, una principessa deve restare sola per governare un regno. Tutta via, io vorrei qualcuno che mi ami realmente, non perché lo chiedo. -
Il corvo saltellò in avanti, con le unghiette che grattavano contro il pregiato marmo. I suoi occhi blu si aprirono completante, mostrando alla principessa la sua tristezza. - Oh, mia Signora. Io vi amo da tempo - affermò l'animale - ma a causa di questa mia forma mi è impossibile passare una vita normale con voi. - Lasciò che la ragazza gli accarezzasse il piumaggio, beandosi delle sue dita morbide e del suo tocco leggero. - Io amo tutto di voi, mia Principessa. Amo il modo con cui avete affrontato la morte dei vostri genitori, e quello con cui avete affrontato le battaglie al confine di Karasuno; e ancora il vostro modo di negoziare, senza voler fare del male ai cittadini delle città sconfitte. E, poi, amo il vostro sorriso. Lo stesso che vi state negando da troppo tempo ormai. - Il cuore della giovane parve batterle più violentemente nel petto, mentre la piccola creatura parlava senza menzogna nella voce.
Nuove e calde lacrime salate le solcarono le guance. La principessa sola si portò le mani agli occhi e non smise di piangere nemmeno quando il corvo la prego di smettere, perché non intendeva ferirla.
- Oh, mio caro corvo, se solo tu fossi umano. -
L'animale sospirò in modo buffo, portando la dolce giovane a sorridere per la prima volta dopo molto tempo. - Se promettete di aspettarmi, mia principessa, giuro che troverò un modo per tornare da voi in un altra forma. -
La regnante lo guardò con occhi colmi di lacrime e speranza, annuendo senza però riuscire a dire nulla. Il suo cuore batteva come mai aveva fatto prima.
- Allora, aspettatemi ve ne prego. - e così dicendo il corvo spiccò il volo, librandosi nell'aria fredda dell'inverno grigio.

Passarono i giorni, e con essi le settimane e i mesi, e il corvo ancora non tornava. Il cuore della Principessa sola iniziava a battere con meno giocosità, tornando alla triste cacofonia di un tempo. Molto probabilmente quell'animale l'aveva ingannata. Si sa, i corvi si divertono con le disgrazie altrui e lei ci era cascata come una bambina. Tutta via, si sedette vicino alla ringhiera che divideva le sue stanze dalla città e rimase lì, in attesa. Voleva credere che il corvo non l'avesse presa in giro.
Di fatto, il povero pennuto aveva viaggiato in lungo e in largo per mesi senza trovare nessuno che potesse aiutarlo. Era volato nelle città più a nord, oltre l'impero Karasuno e su, verso quello Dateko dove sapeva risiedevano i primi fondatori della magia: nessuno di loro era però riuscito ad  aiutarlo. Così, era planato sopra i vasti imperi della Shiratorizawa e dell'Aoba, per poi ritrovarsi nelle lande verdeggianti della Nekoma, dove aveva finalmente deciso di riposarsi.
Il povero volatile si poggiò a una roccia, specchiandosi nel blu di un piccolo fiumiciattolo.
- Quanto tempo sarà passato ormai? Mia principessa, sarai ancora lì ad aspettarmi quando tornerò? - si chiese. Ma prima che potesse avere risposta, un grosso gatto nero lo assalì alle spalle, inchiodandolo con la schiena a terra.
Gli occhi gialli del felino brillarono nella penombra della foresta, pericolosi e affilati.
- Mi chiedo, che sapore hai? - disse quello a voce alta, allungando la lettera "r" fin troppo. - Magari, le tua carni sono simili a quella di un pollo. Non mangio pollo da mesi, sai? -
Il corpo del corvo ebbe un fremito. Prima che riuscisse a controllarsi beccò la zampa del gatto e si rimise in piedi, ai bordi del grande sasso su cui si trovavano. - No! Te ne prego! - gracchiò - Io devo tornare dalla mia principessa. Se hai così fame, vieni con me e lei ti ciberà, ma non privarmi di questa misera vita ancor prima che io non abbia trovato un modo per diventare umano e sia tornato da lei. -
Il gatto batté le palpebre, spostò la testa di lato e roteò le pupille. - Ti aiuterò. Ma solo perché hai avuto il coraggio di difenderti, piccolo impiastro. -
E dove prima stava il felino, spuntò un giovane uomo dai capelli scuri come l'ebano e gli occhi furbi. Indossava vestiti ricamati d'oro e argento, una moltitudine di anelli e sembrava uno dei primi maghi. Quelli di cui il corvo aveva sentito parlare durante le feste della sua città, dai nonni ai ragazzini attorno a un fuoco, o persino dai nomadi durante le soste.
Senza chiedere il permesso, il giovane prese il corvo fra le mani e lo strinse sotto l'ascella, iniziando a incamminarsi.
- Il viaggio sarà scomodo, caro pennuto. Vedi comunque di godertelo. - Poi, sbadigliando, aggiunse: - Ci aspettano lunghe settimane. -

La neve aveva ricominciato a cadere sui tetti delle case. Volava giù dal cielo morbida, lenta e inesorabile come la ragione.
La principessa sola appoggiò la propria mano pallida sul vetro freddo e il suo respiro si condensò su esso. Nell'alone ogni cosa scomparve, così come le speranze della ragazza di rivedere il suo amato corvo.
- Probabilmente restare sola è parte del mio destino. - Le faceva male il cuore, per aver sperato in un qualcosa che avrebbe dovuto saper fin dall'inizio essere una bufala. - Probabilmente, nella mia vita passata devo essere stata qualcuno di crudele e ora mi tocca pagarne il prezzo. -
Qualcuno bussò, interrompendo il flusso dei suoi tristi pensieri. Gli permise di entrare, nonostante preferisse restare sola allora più che mai.
- Mia principessa, vi è qui fuori un uomo che dice di conoscervi. - Daichi, la sua fedele guardia, inspirò. - Afferma che voi lo consociate come "corvo". -
Senza degnarlo di una risposta, la principessa sola lo superò e spalancò la porta della propria stanza.
L'attendeva un giovane uomo, con gli occhi blu della notte. Non aveva un fisico possente, ne una barba folta o delle cicatrici, come le era capitato di immaginarselo nelle notti più fredde e piene di incubi. Al contrario, la sua pelle era pallida e liscia, e i capelli corti ben pettinati.
- Sono tornato, mia Principessa. Come vi avevo promesso - affermò, facendo un passo nella sua direzione.
La principessa sola allungò le braccia e lo strinse in un lungo abbraccio, caldo e carico di amore.
- Pensavo mi avessi preso in giro, mio amato corvo. -
- Non avrei mai potuto farlo - la rassicurò lui, carezzandole i capelli con una dolcezza infinita.
E da allora, vissero insieme, senza che nessuno chiedesse da dove quello strano giovane fosse spuntato. La principessa sorrise e venne chiamata da tutti "L'amata". E, col senno di poi, i due si ritrovarono genitori e amici di uno strano gatto insediatosi nel castello.

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