Keiji Akaashi - Felice per te

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Keiji Akaashi - Felice per te

"Non permettermi di essere fredda come una pietra, una pietra fredda
Vorrei poter sussurrare ma ecco qui il mio dolore
So che sono felice per te
So che sono ridefinita
E capisco
Se è felice lei, io sono felice per te

Demi Lovato/ Stone Cold"


Non tutte le storie hanno un bel lieto fine, e guarda caso la mia è una di quelle. Non sono mai stata una troppo affezionata all'idea del romanticismo eppure con lui mi sono ricreduta. Non ho mai desiderato uscire mano nella mano ma quando stavo con lui non potevo farne a meno, tutti dovevano sapere che era mio e basta. Magari lo fosse ancora. Evidentemente non eravamo destinati a stare insieme, tutto qui. E quindi così come si sono ersi, i miei sogni d'amore a lungo termine sono finiti prima che potessero consolidarsi realmente. Buffo, non tornate anche voi? È strano come una persona qualsiasi possa insediarsi nello scorrere del tempo che vi appartiene e emanare gioia e felicità così illegalmente, come fossero droghe, prima di scomparire come in fuga da una pattuglia di carabinieri. Che amarezza. Se avessi saputo prima quello che sarebbe successo non mi ci sarei neanche avvicinata a quel tipo. Neanche se mi avessero pagato tutto l'oro del mondo.
Ridicolo, penso mentre scribacchio sul mio quaderno. Il rumore della gomma che struscia sul parquet mi infastidisce ma è un suono tanto conosciuto che ormai lo ignoro platealmente. Cosa mi potevo mai aspettare dalla mia misera vita? Magari una gioia. Se, certo, aspetta e spera tesoro mio.
Comunque, se proprio voglio rimuginarci sopra sarà meglio che ritorno a quando tutto è cominciato, così almeno potrò applicarmi come si deve a quella disciplina non ancora olimpica.
Ricordo come il primo giorno di scuola il suo volto fosse sereno, sebbene non avesse una espressione palese che lo annunciasse al mondo. Ma da lui c'è da aspettarselo. È serio, la maggior parte del tempo la trascorre con il viso completamente calmo. Non penso gli verranno mai delle rughe, e se dovesse succedere sarà vecchio. Vecchissimo. Glielo auguro perché si merita solo il meglio da questa vita.
Ad ogni modo, alle persone che non lo conoscono Keiji può sembrare freddo e distaccato ma in realtà è un pezzo di pane. Lo so, ci sono cresciuta insieme. E mentre il tempo passava per entrambi e crescevamo, i miei sentimenti venivano amplificati ogni volta che mi accarezzava, sfiorava o abbracciava. È così che mi sono ritrovata in una rete da cui è impossibile uscire: l'amore. Lurido bastardo, oserei dire.
Cos'è successo dopo? Non ho resistito e durante le vacanze primaverili della seconda superiore gli ho praticamente urlato contro che mi ero innamorata. Che se ci ripenso adesso mi viene anche da ridere: basta che mi immagino noi due sulla spiaggia, a giocare ad "obbligo o verità" come due scemi da soli. Poi la fatidica e classica domanda "sei innamorata di qualcuno?" che si fa strada e io che rispondo, lui sputa la coca ghiacciata che mi ha rubato dalle mani sulla sabbia e si fa rosso come un pomodoro.
Tra l'altro il traditore, come ho deciso di chiamarlo, è stato il primo a voler uscire insieme. Non mi sarei mai aspettata che mi lasciasse così, da un momento all'altro pur essendo a conoscenza dei miei sentimenti. Quello è stato proprio un colpo basso. Avrei preferito tenerlo legato a me e vivere in una splendida bugia piuttosto che accettare quella gelida verità. Beh, alla fine ho imparato a conviverci... A modo mio ma ho imparato.
Finisco di disegnare lo schema sul quaderno quando una sagoma si accomoda alla mia sinistra. Si passa l'asciugamano sul viso e tra i capelli, poggiandolo poi contro il collo.
- Che stai facendo? - domanda Yamato, stendendo le lunghe gambe.
- Finisco i nuovi schemi in vista del prossimo allenamento congiunto. Essendo che Yukie e Kaori non saranno qui questa settimana me ne occupo io - spiego, passandogli la bottiglia che lui sta cercando. Mi ringrazia, prima di gettare il capo all'indietro e iniziare a bere come fosse un mercante del deserto: rumorosamente. Lo osservo scuotendo il capo. E pensare che inalo il suo stesso ossigeno.
Poco male. A volte mi trovo a chiedermi come faccia a condividere l'aria che respira Akaashi, poi mi ricordo che ci sono anche gli altri. È molto probabile che i nostri respiri nemmeno si sfiorino vista l'alta percentuale di persone rinchiuse in palestra. Meglio così. Non voglio condividere niente con quello. Lascerei anche la pallavolo, se non la amassi così tanto. Forse questo sport è l'unica cosa che ci tiene ancora uniti, per modo di dire.
- Ehi, Manager, posso avere dell'acqua per favore? - Alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi. Non ho mai ben capito se siano blu o neri, ma poco mi importava allora. Ero innamorata di lui come lo sono adesso, solo che al momento quei due universi non mi fanno più né caldo né freddo. Credo sia un metodo di autodifesa istintivo; allontanare l'idea che qualcosa che amavi non sia più così bello intendo.
Fisso Keiji negli occhi per secondi che smembrano ore e poi ritorno al mio quaderno.
- Posso avere un pó d'acqua, per favore? - ripete, sedendosi accanto a me. Yamato ci osserva mentre finge di asciugarsi il sudore restante, lo so. Lo farei anche io.
- Sai dov'è. Prenditela. - Ripongo la penna fra gli anelli e chiudo le pagine con un tonfo. - Mi pare che quella santa di tua madre te le abbia fatte le mani. E poi, se non l'hai notato, ho da fare - aggiungo. Mi alzo e mi incammino verso il nostro asso.
Sento le sue dita sfiorarmi la pelle, ma il compagno seduto al suo fianco gli afferra il braccio e lo ammonisce, suggerendogli di lasciarmi stare. È un buon intenditore, quello stupido di Yamato.
- Oya oya- sorride Kōtarō, venendomi incontro. Si appoggia pesantemente a una mia spalla e scruta la formazione che ho pensato di fargli provare.
Dopo poco aggrotta le sopracciglia e una smorfia gli increspa il viso. - Non c'è Akaashi - afferma. - Come mai? -
Alzo le spalle, indolente alle sue parole. - Potete fare benissimo gioco di squadra senza di lui, per una volta. -
La grande mano dell'asso si posa sul mio capo e mi avvicina a se, facendo scontrare le nostre meningi. - Vieni un attimo con me- sussurra, come se dovesse restare un segreto.
Cosa ci posso fare io se mi ritrovo costantemente circondata da persone strane? Nulla. Quindi, arresa alla triste verità decido di seguire i suoi passi veloci e lunghi. Facile per lui scomparire dopo pochi secondi con le gambe chilometriche che si ritrova; io in confronto alla sua fisionomia sono un piccolo criceto grasso. Non che mi voglia lamentare del mio metro e settanta ma, dannazione!, com'è ingiusta la vita. Che se poi bisogna prendersela con la vita, gli tirerei un pugno solo per il fatto che non ho tette mentre l'ennesima nuova fiamma di Akaashi sembra possedere l'intero balcone con Giulietta dentro. Felice lui felici tutti, no?
Al diavolo, ho appena incendiato la mia tragedia preferita di Zio Shakespeare per un paragone tanto stupido. Maledetta me.
Volto l'angolo e mi ritrovo nel parco adiacente la scuola, sotto di noi gli allenamenti di calcio proseguono tra un fischio e l'altro. Kōtarō mi fa cenno di sedermi accanto a lui, sull'erba appena tosata, e io lo faccio. Perché dirgli di no?
- Non l'hai ancora superata, eh? - mi domanda, pur sapendo già la risposta.
- È difficile dimenticarsi di qualcuno che è stato tuo per tanto tempo - ammetto - per poi saperlo di una diversa ogni settimana.-
Gli poggio la testa sulla spalla destra e sospiro, lasciando che il quaderno caschi a terra. Voglio che mi conforti, perché sono così stanca di questa situazione pesante.
Come prima, la sua mano si poggia sulla mia testa, ma questa volta mi coccola come si farebbe con una bambina che si è fatta male: con tocco leggero e costante.
- Comunque, resto della mia idea: potete benissimo giocare senza di lui- borbotto. Kōtarō ride nel suo strano modo rumoroso e mi stritola in un abbraccio che nasconde il mio volto rigato dalle lacrime alla gente. Gli voglio così bene.
Non posso sapere che in quell'istante Keiji, che è corso a recuperare una palla, ci sta osservando. Poco mi importerebbe, in realtà.
Mentre torniamo verso la palestra Bokuto si esibisce nelle sue solite battute, che rallegrano quel poco di tempo in intimità che ci è concesso.
E tre giorni passano, siamo già al fine settimana. L'amichevole con la Nekoma si sta svolgendo molto bene, tenendo conto che ormai con la Fukurōdani ci vanno a braccetto. Tutta via, qualcosa in quel tutto stona: Keiji è in campo, nonostante nel mio schema fosse assente. O meglio, era solo un miserabile puntino semitrasparente a bordo campo. La vendetta si serve in tanti modi, uno di questi è composto dal fingere che lui sia inesistente anche sulla carta.
- Forza Kōtarō! - incito a un punto, mentre il ragazzo gufo spicca il volo con facilità. Lui sorride e colpisce la palla con tanta forza da creare un tonfo a terra quando cade. - Grande! - Batto le mani e segno il punto sul quaderno, canticchiando una melodia a caso.
Continuando con questo ritmo, mi accorgo, presto potremmo davvero gareggiare alle nazionali. Sarebbe un meraviglioso traguardo per noi di terza, il cui percorso si conclude quest'anno.
- Attena! -
- Mh? - Alzo lo sguardo dai fogli e qualcosa mi colpisce secco in faccia. Fa male, a causa della pressione che gonfia l'involucro, e arriva così inaspettatamente che mi ritrovo a svenire, tanto è stato forte l'impatto.

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