Capitolo 4

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Capitolo 4



Mi accingo a portare la tavola sotto il mio corpo, nuoto e finalmente quando arriva l'onda giusta, salgo su di essa facendomi equilibrio con entrambe le braccia.
Scivolo sull'acqua provando una sensazione unica. Non cado neanche una volta e noto in lontananza i bambini esultare come pazzi, assieme a Beth.


Esco dall'acqua e corro verso di loro.
«Facciamolo! Facciamolo!» Esclama applaudendo una bambina.
«Non è semplice come sembra» ridacchio.
Beth mi si affianca, «io non lo farò mai» dice a denti stretti.
Scoppio a ridere e comincio ad elencare tutte le difficoltà ai ragazzetti di fronte a me.
Poi ad uno ad uno li avvicino all'acqua, con la loro tavola da surf tra le mani. Spiego loro come posizionarsi e soprattutto a stare in perfetto equilibrio senza mai cadere; ovviamente questa è semplicemente una spiegazione, dal momento in cui neanche uno di loro è riuscito a sopravvivere lì sopra per più di cinque secondi.


Prima di far ritorno, raggiungiamo Dylan, che ci aveva accompagnati. Sta seduto in chioschetto vicino alla spiaggia, sorseggia una bevanda con la cannuccia poggiata alle labbra. Ha lo sguardo perso.
«Dylan, Dylan... è stato bellissimo» sbraita uno di loro, mentre si precipitano tutti addosso a lui.
Quest'ultimo gli sorride e gli chiede cos'abbiano imparato.
«Grace è grande!» Esclama un ragazzino.
Lui mi rivolge un'occhiata ammiccante e poi si mette in piedi. Esce dal portafoglio dei soldi e li deposita sotto il bicchiere.
«Andiamo birbanti» applaude indirizzandoli verso l'uscita.
Beth si avvicina al fratello e lo prende da un braccio, stritolandoglielo.
«Come mai tu ed Alexandra ieri eravate... insomma... separati?» Le chiede accigliata.
E' una iena. Ne abbiamo parlato per l'intera nottata. Non mi ha fatto chiudere occhio.
Continuava a ripetere quanto fossero distanti, quanto fossero freddi e tra le tremila domande corrispondevano tremila supposizioni probabilmente tutte inutili.
«Beth posso gestire la mia vita senza raccontarti ogni dettaglio?» Sbuffa lui.
Beth lo spintona, «razza di deficiente, io devo saperle queste cose. Alexandra sembra una con la puzza sotto il naso» mette il broncio ed incrocio le braccia al petto.
Dylan accenna una risatina, «dimmene una che ti è mai andata a genio» commenta ironico.
Abbasso immediatamente il capo e noto con la coda dell'occhio che Beth ha rivolto il suo sguardo su di me. Dylan rotea gli occhi e si dilegua più avanti. E così viene a rompere a me.
«Secondo me c'è qualcosa sotto» esordisce.
«Ma posso fumare?» Domando guardandomi intorno.
Lei alza le spalle. «Passane una anche a me.»
Sfilo dal pacchetto di Camel due sigarette, accendo la mia e porgo subito dopo l'accendino a Beth.
«Dico... non lo trovi strano che non si parlino?» Continua.
Getto il fumo fuori dalla bocca ed osservo il cielo. «Non me ne frega» borbotto.
«Sì, neanche a me infatti...» mugugna.
Abbozzo un mezzo sorriso. Quando si tratta di Dylan, non si fa mai gli affari suoi. E' più forte di lei.
«E se lo chiedessi a lei?» Fa dopo qualche secondo.
Sbuffo. «Ormai che ci sei falli mollare» dico sarcastica.
Lei mi osserva maliziosa. «Se me lo chiedessi, lo farei senza pensarci due volte» annuisce.
Le do una gomitata e lei scoppia a ridere.
Dylan in lontananza ci fissa, con le braccia conserte ed il muso. «Vi muovete?» Dice seccato.
«Quando guardo te... mi sale l'ansia» sbotta la sorella avanzando verso di lui.
Dylan gli risponde con una smorfia, mentre io rimango in silenzio.


Arrivati al campus notiamo Alexandra uscire da un bungalow. Sembra agitata e si sistema i capelli. Dylan posteggia, ma non scende dal bus e continua a fissare la sua ragazza imperterrito. Beth s'incammina verso l'uscita e i bambini proseguono dietro di lei. Io rimango, invece, per ultima.
«Non scendi?» Chiedo con tono severo.
«Che te ne frega» sbotta antipatico.
Mi volto scattante e mi paro contro la il suo viso. Lo spintono con una mano sul suo petto e lui mi guarda dritto negli occhi. «Adesso basta» scandisco ogni singola parola. Me ne infischio della sua fidanzata che ci fissa da sotto. «Cerca di smetterla, prima che ti faccia passare le pene dell'inferno qui dentro.» Dico a denti stretti minacciosa.
Accenna un riso amaro. «Le sto già passando» borbotta.
«Ah sì? E perché mai?» Sbotto nevrotica.
«DYLAN» Alexandra lo chiama.
Lui la guarda con la cosa dell'occhio. «Perché non te ne vai? Intendo... perché non scompari e basta?» Strizza gli occhi.
«Perché voglio renderti impossibile ogni singolo giorno fin quando mi sputerai in faccia quanto mi odi, quanto non mi ami più e quanto sia la persona più cattiva in questo mondo» respiro affannatamente. Non gli lascio il diritto di rispondere e scendo veloce.
Nel momento in cui Alexandra sta per salire il primo scalino, Dylan mette in moto e fa retromarcia come un furetto.
«Dove diavolo va?» Domanda corrucciata Beth.
«EHI DYLAN» urla la fidanzata agitando le braccia. Poi si volta a fissarci.
«Bambini andiamo a fare merenda» ordino dolcemente con voce squillante.
Tutti esultano, mentre io gli faccio strada.
Li faccio sedere in riva al lago, tutti ordinatamente a cerchio, ordino loro di non toccare l'acqua e di non farmi impazzire e nel frattempo loro sgranocchiano il ben di Dio.
Quest'oggi non ho ancora visto il mio piccolo Chad; non partecipa all'attività di surf, ma nel pomeriggio lo ritroverò nella gara ad ostacoli. Sono elettrizzata persino io.
Ethan e Brian hanno trascorso l'intera notte a creare il percorso, spero sia divertente.

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