Capitolo 8

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Capitolo 8



POV DYLAN

Un'altra giornata comincia a Santa Monica. Il sole è alto. E' mezzogiorno. Il mio stomaco brontola dalla fame e dopo essermela spassata in bici, insieme agli altri, giù al molo, ci fermiamo a mangiare un cheeseburger in un locale non molto distante.
Nel pomeriggio faremo un giro in barca, il padre di Gabe conosce molta gente qui, non a caso possiedono una villa con piscina e domestica, in cui alloggiamo noi.

«Dylan sul serio vuoi dirmi che non ti scoperai Megan?» Clay quasi si affoga con la Coca-cola.
«Sì, insomma... merita amico» rincara Ian.
«Ascolta» Gabe poggia i gomiti sul tavolo ed incrocia le dita delle due mani fra di loro, poi mi fissa attentamente «lascia stare Grace, adesso andrai al college...» sottolinea.
Clay mi punta un dito contro, «e dal momento in cui siamo insieme io e te non voglio che tu pensi ancora a lei» dice ammiccando.
Non capiscono. Se non ci sei dentro, non puoi capire. Nonostante tutto, però, hanno ragione.
«Ragazzi, voi state tranquilli» annuisco, «mi passerà, promesso» sospiro.
Sì, magari in un'altra vita.
Quando noto che una ragazza con i capelli mossi neri, mi scruta dal tavolo di fronte al nostro, sbuffo. Non ne posso più di trovarmi occhi fissati contro.
Continua così per tutto il tempo che trascorriamo lì dentro. Mangio, bevo, rido, ma quella ragazza non la smette di togliermi gli occhi di dosso. Ora capisco Grace, quando la osservavo e si infastidiva.

«Sta finendo questa fottuta estate» sbotta Ian, mentre i ricci che tiene sul capo si ribellano, finendo sulla sua fronte. «Voglio tornare al giorno dei diplomi» sbuffa esausto.
«Io... io voglio tornare al penultimo giorno di scuola, quando Felicia mi ha fatto un pompino» ride Clay. «Mostruosamente brava» continua a ridere.
«E allora se proprio dobbiamo dirla tutta, io tornerei al giorno dell'ultimo ballo della scuola. Me ne sono fatto due, non una... DUE» gesticola Gabe. «Dylan, tu?» Si fa serio subito dopo.
Mi massaggio il mento, sfiorando la barbetta leggera. Voglio tornare al giorno in cui Grace si è presentata a me, chiedendomi un'uscita.«Voglio tornare all'inizio dell'estate per non prendere la decisione di lavorare in quel campus... ma invece spassarmela con voi qui» stringo un pugno sul tavolo.
«Grande amico» mi dà una pacca sulla spalla Gabe.

Lasciamo il conto sul tavolo, seguito da una mancia e ci mettiamo in piedi. Sono l'ultimo ad uscire.

«Dylan? Dylan Murphy?» Una voce femminile riecheggia alle mie spalle.
Aggrotto la fronte e mi volto lentamente, «ci conosciamo?»
Lei porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, timidamente. «Non ti ricordi di me, lo capisco. I capelli sono più lunghi, il corpo di una donna, la statura molto aumentata» sogghigna mordendosi le labbra nervosamente. «Nei nostri giardini di casa ci siamo fatti le migliori giocate a palla, poi tu portavi i tuoi giocattolini maschili ed insultavi me e Beth perché avevamo le bambole» ridacchia.
Sgrano gli occhi. Non ci posso credere. E' proprio lei in carne ed ossa.
«Judy Sullivan» sorrido estasiato. E' cambiata così tanto dall'ultima volta. Aveva le treccine, le adorava da bambina, un vestito a pois bianco e rosso e delle scarpette da tennis che si illuminavano al buio. Quanto ha pregato affinché gliele comprassero.
La sua famiglia viveva accanto a noi, mio padre ed il suo erano grandi amici. Ricordo ancora i barbecue nelle giornate di sole e di quanto io, mia sorella e Judy fossimo entusiasti di spassarcela a giocare. Eravamo una squadra, solo che io a volte mi stufavo di loro e giocavo in disparte con i miei giocattoli. Abbiamo trascorso un'infanzia da urlo, fin quando si dovettero trasferire in Florida. Non la vidi più.
«Ti ho riconosciuto perché non sei cambiato per niente» annuisce, «sei qui in vacanza?»
«Sì, sono con degli amici» mi volto a guardare fuori dalla vetrata e mi accorgo di loro che fanno strani movimenti, insomma non molto carini. Sembrano dei pervertiti e non posso fare a meno di ridere. Judy se ne accorge e ride anche lei.
«Anche io, qualche giorno di questi ci vediamo... prendiamo una birra, ti va?» Sfrega i palmi delle mani fra di loro.
Porto i capelli indietro e le sorrido. «Sì, perché no... suppongo ci siano tante cose che mi sono perso» dico.
Accenna una smorfia, «sicuramente sì, salutami Beth... lei dov'è?» Corruga la fronte.
Ed ecco che riemerge Grace. Boccheggio per qualche istante e deglutisco.
«Lei lavora in un campus estivo non molto distante da qui» spiego grattandomi il capo.
«Ah, mi sarebbe piaciuto vederla» scrolla le spalle, «comunque ti lascio il mio numero» acchiappa dal bancone un fazzoletto e si sporge rubandogli una penna. Poi mi porge il tovagliolo. «Fatti sentire, se ti va» saluta con un cenno di mano e ritorna al tavolo.
Sventolo il fazzoletto con una mano ed esco fuori. Gabe, Ian e Clay mi saltano addosso.
«Pure il numero di telefono, uh-uh» commenta Ian portando un braccio dietro il mio collo.
«Coglioni è un'amica d'infanzia, ci sono cresciuto» rido scuotendo il capo.
«Meglio ancora» sottolinea Gabe.
«Gran bella ragazza!» Clay mi rivolge il gesto dell'ok e sorride con malizia. «La devi chiamare.» Sentenzia.
Barcollo a causa del peso morto di Ian che si sorregge da me e nascondo il fazzoletto in tasca.

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