Capitolo 18
Ho le mani umide per il nervoso, non mi capita spesso, nonostante il freddo bestiale che fa stamani, sento di sudare internamente. Busso alla porta ed avverto le voci di mia sorella e Brady.
"Apri tu!" e "Io non posso, vai tu!"
Attendo lì fuori per qualche minuto, poi Brady fa capolino dinanzi a me. Mi osserva incuriosito e mi fa spazio per entrare.
«E' successo qualcosa?» Domanda corrucciato. «Emi, scendi! C'è Grace!» Urla subito dopo.
Gratto il capo, «no, tutto okay... perché?» Respiro profondamente.
Brady si rende conto del mio innato nervosismo, non è da me, soprattutto non con loro. Sicuramente sta immaginando il peggio, come se stia nascondendo una marachella delle mie. In ogni caso attendo mia sorella prima di innescare l'esplosione.
Non so perché io abbia questo timore, ma mi sento di troppo.
«Stai male?» Emily corre giù per le scale con il fiatone. E' sempre di corsa.
«No, tutto bene» abbozzo un mezzo sorriso. «Sedetevi» ordino con voce rauca.
Emily porta una mano in fronte e si mette a sedere sulla poltrona, mentre mio cognato rimane di pietra con le mani incrociate al petto e lo sguardo cupo.
«Cos'hai combinato?» Mia sorella è già in panico, avvilita.
«Arriverò calvo al battesimo dei gemelli» borbotta Brady sospirando.
Rido ed abbasso il capo, «ho pensato molto...» esordisco.
Avverto dei sospiri di sollievo, «già questo è un buon inizio.» Risponde Emily.
«Ho conosciuto delle famiglie affidatarie, gente per bene» guardo entrambi negli occhi.
«Ma...?» Dice di rimando Brady.
«Hai deciso di tenerlo?» A mia sorella luccicano gli occhi.
Li fisso pietrificata.
«No» risponde al mio posto mio cognato.
Perché ho l'impressione che Brady stia pensando altro? O forse ha già capito?
«Voglio per questa creatura due genitori che lo amino profondamente ed interrottamente, di cui posso fidarmi cecamente. Voglio due persone che un domani non ci ripensino, ma che lo amino come se fosse figlio suo.» Non so se con queste parole abbia spiegato realmente cosa desidero.
Forse sto sbagliando. Magari loro hanno altri piani per il loro futuro. Sto chiedendo loro qualcosa di veramente grande. Non vorrei obbligarli a dirmi sì, ma ci spero con tutta me stessa.
Brady osserva mia sorella, socchiude le palpebre ed annuisce.
«Grace, cosa ci stai chiedendo» dice poi lui.
Lei non ha ancora capito niente.
«Non voglio farvi pressione, non voglio obbligarvi, voglio che ci pensiate e se non foste d'accordo allora provvederò diversamente... ma so che non potrebbe avere genitori migliori di voi.» Cerco di essere convincente, mentre sento pizzicare gli occhi.
Emily a quel punto spalanca la bocca e sgrana gli occhi. «Grace... è una cosa...» balbetta.
«Una cosa grande, vi sembrerà di dover ripagare ad un mio errore... ma non voglio questo. Però chi altro potrebbe amare questo bambino o bambina meglio di voi?» Rimetto la borsa in spalla ed indietreggio verso l'uscita. «Pensateci, non voglio una risposta adesso... prendetevi tutto il tempo» sospiro, poggio poi la mano sul pomello ed apro la porta. «Ci sentiamo, un bacio.»
Li ho lasciati lì, di stucco, perché è così che faccio io. Sconvolgo sempre tutto, getto la bomba e poi scappo, perché ho una paura tremenda di alcune risposte, soprattutto questa.
Ed in questo momento giuro che mi odio con tutta me stessa, odio persino la decisione di avergliene parlato, scaraventandogli contro un peso così grande, solo perché io non riesco a gestirlo.
E' così che fai tu, giusto Liz?
Sfilo subito il telefono dalla tasca e faccio il numero di Brian. Risponde subito.
«Liz che succede?» Sembra preoccupato.
«Dove sei?» Chiedo nervosamente mordendo il labbro inferiore.
Avverto dei lamenti gutturali, «sulle scale di casa.»
Aggrotto la fronte, «Brian che stai facendo?»
«Si è rotta la tv e ne ho comprata una nuova, la sto salendo a casa» si sforza.
«Posso passare?»
«Sei sola o c'è anche quella nevrotica di Betta?» Ridacchia.
«Quanto sei idiota! Sono sola» rispondo scuotendo il capo ed avviandomi verso la fermata del bus.
«Ti aspetto» riattacca.
Mi siedo su una panchina ed armeggio con il laccio della felpa, alzo il cappuccio, avvicino le ginocchia al petto e rimango così rannicchiata.
«Chi sa cosa pensi tu lì sotto» sussurro.
Improvvisamente un auto si ferma di fronte a me, abbassa il finestrino e riconosco Beth. E' con la macchina della madre.
«Che ci fai da queste parti?» Chiedo mettendomi in piedi, avanzando verso di lei e poggiandomi sul finestrino della sua auto.
Lei sorride, «sono andata al supermercato per mamma e volevo passare da casa tua a salutarti» inclina il capo da una parte ed arriccia il naso.
Apro lo sportello e salgo «andiamo da Brian, dai » decreto allacciando la cintura.
Beth alza gli occhi al cielo, sbuffa e scuote il capo. «Non lo tollero, lo sai.»
«Guarda che se lo conosci bene è simpatico, dai ho voglia di passare del tempo con voi» cerco di apparire come un cucciolo fragile ed indifeso e il ruolo funziona.
Mette in moto e borbottando parte.
In mezz'ora siamo sotto casa di Brian, citofoniamo e lui ci apre. Saliamo le scale, mentre lui ci accoglie sull'uscio di casa. Appena vede Beth gli luccicano gli occhi, come quando ad un bimbo regalano per Natale il giocattolo che aveva scritto sulla letterina.
Scruto entrambi corrucciata, accenno una smorfia con le labbra e poi sospiro.
Si fissano e mi sento quasi di troppo. Che succede?
Schiarisco la voce e sbatto le palpebre più volte per attirare la loro attenzione.
«Scusate...» abbasso il capo.
«Ci fai entrare oppure no razza di idiota?» Beth scrolla i capelli e si fa spazio con le spalle mentre gli piomba a casa.
Brian sembra confuso, mentre io la seguo deglutendo rumorosamente.
Getto la borsa sul divano mentre io mi poggio sul davanzale della finestra.
«Ho chiesto a Emily e Brady di adottare il bambino» esordisco mentre avverto una fitta tra il petto e l'addome. Gli occhi cominciano a pizzicarmi e così butto il capo indietro per riprendere a respirare.
«NO» Beth che si era appena accomodata su di una sedia sobbalza di fronte a me e mi prende per mano, la stritola. «Liz tu puoi affrontare questo!» Esclama sgranando gli occhi. «Dylan ti ama e ti amerà sempre. Non fargli questo e non farlo neanche a te stessa, ti prego» mi supplica.
Stringo le labbra e poi le morbo violentemente ansimando. «Lo sai anche tu come andrebbe a finire se tenessi io questo bambino, ha bisogno di una vera famiglia.»
Brian irrompe al mio fianco «sono d'accordo con Beth» mormora con voce rauca, «non farlo, te ne pentiresti per il resto della tua vita.» Decreta severo. «Tua sorella e Brady sono delle persone straordinarie, ma non sono loro i genitori di questa creatura. »
Non è tutto facile come dicono loro. Dylan mi odia. Probabilmente non vorrà vedermi per il resto della sua vita. Non riusciremo mai a costruire un rapporto solido e duraturo, che futuro mai potrei dare a mio figlio?
Mi si ferma il cuore al solo pensiero.
Poco dopo sento vibrare il telefono, è un messaggio.
Ogni volta spero che appaia sul display il suo nome , ma rimango sempre delusa.
E' mia sorella.
Abbiamo bisogno di parlarti. Vieni a cena da noi.
Baci
«Emily deve parlarmi» sussurro. «So già cosa diranno» nascondo il volto con entrambe le mani e trattengo le lacrime. Vorrei esplodere.
«Scricciolo» Beth mi accarezza il capo e per un attimo di torna in mente Dylan e tutte le volte che mi chiamava così. Tutti i nostri momenti, le risate, gli sguardi, i litigi...
Mi manca come l'aria.
«Dylan» dico «come sta?» Chiedo osservando la mia amica.
Brian ci osserva silenzioso con le braccia conserte, mentre Beth scrolla le spalle.
«Come vuoi che stia?» Socchiude le palpebre e respira profondamente. «Non ammetterà mai di stare di merda» aggiunge, «ma io so che per lui stare lontano in questo momento è una sofferenza.»
Vorrei poterlo sentire, vorrei poterlo avere accanto.
Rovino sempre tutto nella mia vita. Sono un eterno casino. Questa è solo la conclusione di una serie di scelte del cazzo che ho preso nell'arco della mia vita. Una vita così breve, ancora, ma così intensa e piena di sconfitte. Non supererò mai questa perdita. Dylan era l'unica luce che illuminava il mio cammino. Senza sono smarrita, affranta, priva di senso.
Mi sfioro il ventre con una mano mentre osservo fuori dalla finestra. L'unica cosa che mi rimane di lui è dentro di me. Chissà se ha i suoi occhi o il suo sorriso.
Trascorro la mattina con Beth. Dopo aver lasciato casa di Brian, ci dirigiamo in un cafè a bere una tazza di cioccolata calda. Mi sento così vuota. Beth cerca sempre di farmi ridere, ravvivarmi la giornata, proporre discorsi mentre io rimango impassibile. Una cosa vale l'altra, un giorno vale l'altro.
Sei felice Liz? Lo sarai? Andrai al college senza tuo figlio e riuscirai a portare questo fardello per il resto della tua vita?
La mia voce interiore è proprio una stronza.
«Sono le 18 , ti accompagno da tua sorella?» Beth osserva l'orario sull'orologio che ha al polso. Poi deposita sul tavolo delle banconote per pagare.
Annuisco e mi metto in piedi, mi avvicino a lei e poggio la testa sull'incavo della sua spalla «promettimi che non scomparirai anche tu» dico sottovoce.
«Te lo prometto» mi abbraccia così forte. «Dovresti chiamare Dylan» mi intima.
Scuoto il capo, «sono stanca» dico avviandomi verso l'uscita.
Lei mi segue. Saliamo in auto , mette in moto e partiamo. Rimango silenziosa per tutto il tragitto. Poi mi lascia davanti casa di mia sorella, è quasi buio.
La saluto con un bacio in guancia e poi scendo dall'auto.
La cena era ottima. Emily ha preparato la pizza, ma io ne ho mangiata giusto qualche fetta.
Non abbiamo affrontato l'argomento per tutto il resto del tempo che siamo stati a tavola, ma quando ci siamo accomodati sul divano Brady mi ha tirato un'occhiata d'intesa e da lì ho capito.
«Lo sai quanto tu sia importante per noi» esordisce «non abbiamo bisogno di pensare sulla tua proposta, fosse per noi potremmo adottare tutti i bimbi del mondo, ma non mio nipote» sfrega i palmi delle mani tra di loro mentre mi osserva attentamente. «Voglio dirti che in questo viaggio non sarai mai da sola» prende la mano di mia sorella che ha già le lacrime agli occhi.
Perfetto, adesso piangerò anch'io.
«Sì» mormora Emily «ti chiedo di tenere questo bambino e di farlo per te stessa, un giorno ti guarderai indietro e non potrai far nulla per cambiare quello che è stato» continua.
Avevo ripensato a questo per tutto il giorno. Il futuro.
Avevo riflettuto su ciò che mi attenderà un giorno se oggi prendessi questa decisione e nuovamente le carte in tavola cambiano. Sono una pallina di ping pong che va a destra e sinistra a ripetizione, ma forse hanno tutti ragione. Sto ragionando con la mente di una ragazzina viziata che vuole vivere la sua vita ancora per quella che dovrebbe essere, ma che in realtà non è più. Che egoista sono? Non andrei al college, ma forse Dio per me ha in serbo altri piani. Forse la mia vita può migliorare e potrei conoscere il vero amore , quello per mio figlio. Potrei diventare la donna che non sono mai stata e potrei avere una lunga vita felice, anche senza il lavoro dei miei sogni, gli studi dei miei sogni, l'uomo dei miei sogni.
«Avrò bisogno delle vostre mani che stringono forte le mie per il resto della mia vita» scoppio a piangere e poi sorrido. Mi avvicino, mi inginocchio di fronte a loro e li abbraccio avvolgendo le mie braccia intorno ai loro colli.
Loro mi stringono e sento Emily singhiozzare.
«Grazie» sussurro, mentre Brady mi accarezza il capo.
«Sarai sempre la nostra piccola» dice mia sorella distanziandomi e bloccandomi il volto con entrambe le mani. «Diventerai una donna meravigliosa, crescerai un bambino meraviglioso e giuro non sarai mai e dico mai da sola» sembra convincente, ma io so che loro non mi abbandoneranno mai. Potrei dire loro che ho ucciso qualcuno, ma le loro mani stringerebbero comunque le mie.
E' tarda notte. Sono raggomitolata sotto il piumone e con una mano accarezzo il mio ventre.
«Dovremmo chiamarlo» sussurro.
Mi sporgo per acchiappare dal comodino il telefono e dopo aver digitato il numero di Dylan porto il telefono all'orecchio.
Mi tremano le mani e temo che potrebbe non rispondere mai, ma io ho bisogno di tentare e dirgli la mia decisione.
Il telefono squilla a vuoto e poi parte la segreteria. Così parlo.
«Avrei voluto che mi rispondessi, ma capisco» sospiro «volevo sentire la tua voce e dirti che mi manchi e non mi importa cosa pensi di me in questo momento» scaccio via il nodo alla gola e mi prendo di coraggio «terrò nostro figlio e spero di dargli una vita dignitosa. Ho avuto la mente confusa e offuscata, temevo di non potercela fare e ancora oggi ho tanta paura... ma me la caverò. Lui è l'unica cosa che mi rimane di te...» faccio un attimo di silenzio. «Spero tu stia bene e spero che un giorno mi perdonerai. Sai dove trovarci Dylan Murphy...ti amo.» Riattacco e rimango immobile e fissare il soffitto.
Sono trascorsi cinque giorni, i più lunghi della mia vita. Non credevo che Dylan facesse qualcosa o richiamasse, ma in cuor mio ci speravo. Speravo che l'amore nei miei confronti superasse, come sempre, difficoltà e divergenze. Forse me lo merito.
Ho preso l'abitudine di annotare in un taccuino i miei pensieri, Beth dice che mi aiuterà a star meglio. Così scrivo tutto ciò che mi passa per la testa e do sfogo alle mie frustrazioni, cercando di non gravare il peso dei miei problemi sulla gravidanza.
Sono seduta sul dondolo fuori casa, è tardo pomeriggio e tira quel venticello fresco tipico della stagione autunnale. Copro con il cardigan di lana la spalla scoperta e stiro le gambe in avanti continuando a dondolarmi. Avverto nel frattempo un taxi fermarsi di fronte il vialetto, non presto molta attenzione inizialmente, ma quando noto una figura familiare alzo la testa e mi fermo ad osservare.
Dylan è posizionato con due valige in mezzo alla strada. E' pietrificato, come lo sono anch'io. Elaboro i miei pensieri per qualche istante e poi lentamente mi metto in piedi, raggiungo gli scalini e attraverso a testa alta il vialetto fino a ritrovarmi ad un metro da lui.
Ha l'aria afflitta, ma allo stesso tempo tranquilla.
Boccheggio per un secondo prima di parlare, ma lui mi anticipa «non dire nulla, fammi parlare» passa la lingua sul labbro inferiore e poi nasconde le mani nelle tasche del giubbotto di pelle. «Sono stato un codardo, sarei dovuto rimanere qui e affiancarti in qualsiasi decisione e invece sono stato egoista e non ho pensato a tutta la paura che potessi avere » dice severo con se stesso. «Non è passato un giorno in cui non ti pensassi, ho finto di star bene e durante le lezioni non riuscivo a rimanere concentrato, non mi andava di uscire, di vedere gente, studiare... era tutto inutile, tutto nero» prende aria per continuare «ma quando ho sentito la tua voce al telefono sono rinato ed ho riflettuto per tutto il tempo sulle tue parole, sulla tua decisione, su quello che avremmo potuto fare... e mi dispiace di averci impiegato così tanto, perché sono certo che sono stati giorni interminabili per te» ha gli occhi lucidi e tira su con il naso. Vorrei solo abbracciarlo e piangere appoggiata al suo petto, ma lo lascio parlare. «Sono qui, non perché hai deciso di tenere il bambino, ma perché senza di te non vado da nessun'altra parte. Non ha senso nulla... senza di te» avanza di qualche passo, mi scosta i capelli dal viso e mi osserva. «Cominciamo questa vita insieme Grace Elizabeth Stewart» conclude.
Abbozzo un sorriso dolce e poi mi fiondo su di lui abbracciandolo. Mi cinge la vita con le sue braccia mentre sento il suo cuore martellare.
9 mesi dopo...
«Amore» lo guardo mentre smanetta con il telecomando sdraiato sul divano, «mi sono fatta la pipì addosso credo» mi sorreggo il pancione mentre tengo le gambe aperte e ho gli occhi sgranati.
Lui si volta a guardarmi e si irrigidisce «amore che stai dicendo, non è possibile» si mette in piedi di fronte a me, sembriamo due cretini. Pone lo sguardo a terra e nota che è tutto bagnato. «Non credo sia pipì» decreta con tono spaventato.
Sono in preda al panico. Non sono pronta! Avrò una crisi di nervi all'istante.
«Cosa faccio?» Sbraito nervosamente.
Lui, terrorizzato, sale al piano di sopra di casa. Siamo in affitto in un appartamento a Manhattan. La casa non è molto grande, ma stiamo bene.
Lo vedo scendere svelto con il borsone pronto, «andiamo in ospedale» parlotta mentre si avvicina e mi lascia un bacio sulla fronte. «Andrà tutto bene» mi prende per mano e così per come sono conciata mi trascina in auto mentre avverto le prime contrazioni.
Mette in moto e partiamo. «Sarà bene per te che andrà tutto bene perché è colpa tua se sono in queste condizioni» urlo come una forsennata dimenandomi sul posto del passeggero. Sto delirando!
«Non fare la pazza » ridacchia, ma io so che vorrebbe farlo anche lui.
«Dylan Murhpy spingi quel dannato piede sull'acceleratore, Cristo!» Sbotto mentre avverto la sudorazione aumentare.
In poco tempo siamo in ospedale, mi fanno sedere su una sedie a rotelle mentre mi trasportano in reparto. Dylan non lascia la mia mano per tutto il tempo. Ha gli occhi lucidi per l'emozione e continua a ripetere che andrà tutto bene, che mi ama e che ce la farò.
Certo, facile dirlo per gli uomini! Che sarà mai per loro!
«Può entrare anche lei in sala parto signor Murphy» dice l'ostetrica mentre io sono sul lettino, in mezzo al corridoio.
Lui annuisce e continua a tenermi per mano, mentre mi lascia qualche bacio di tanto in tanto.
«Ho chiamato tutti, saranno qui a momenti» trema mentre pronuncia quelle parole.
«Che cazzo me ne frega Dylan degli altri» probabilmente saranno gli ormoni o i dolori atroci che sto avvertendo, ma credo di somigliare alla bambina de L'esorcista.
«Dai Grace spingi» sento questa frase per tutto il resto del tempo.
E così faccio. Sono senza forze, stringo la mano di Dylan e credo di bloccargli la circolazione. Spingo fino al limite delle mie possibilità, sentendomi quasi svenire ed è proprio in quell'istante che arriva alle mie orecchie il suo pianto.
Scoppio in un pianto liberatorio ed alzo il capo per osservare i dottori. Sorridono tutti. A quel punto mi volto verso Dylan che sta piangendo come un bambino.
«Sei la mia forza» dice lasciandomi un bacio in fronte.
E quando me la porgono avvolta in una tovaglia e la osservo rimango estasiata. E' bellissima ed ha un sacco di capelli.
Mi sono innamorata follemente.
«Amore mio» sussurra Dylan mentre scosta dal sul visino dolce la tovaglia. Poi gli sfiora la bocca a forma di cuore e sorride. «Non ce la posso fare... mi sento svenire» poco dopo lo vedo cedere e un'infermiera va in suo soccorso.
«Signore, signore si sente bene?» Lo fa sedere e gli da qualche colpetto sulle guance.
Io scoppio a ridere mentre lo osservo «siete dei nullafacenti, facciamo tutto il lavoro noi e voi perdete i sensi per così poco» rido sfinita.
«Come la chiamiamo?» Chiede l'infermiera.
«Alba» sentenzia lui dopo essersi ripreso.
L'avevamo deciso insieme, una sera mentre guardavamo un film seduti sul divano. Non poteva chiamarsi diversamente.
E mentre la riportano a noi in stanza, la osservo e non riesco a pensare di aver creato una creatura meravigliosa.
Siamo tutti ammaliati. Mia sorella non smette di parlarle , come se lei capisse qualcosa. Brady ormai è circondato da così tanti bambini che sembra essersi rassegnato. Avrà un'altra donna da dover viziare, un giorno.
I miei genitori non la smettono di guardarla, mia mamma mi prega di fargliela tenere qualche secondo, ma sono così gelosa di lei ...
La cedo qualche istante e poi quando la prende con sé Dylan mi si ferma il mondo. Ho scattato una foto con gli occhi. Si dondola da una parte all'altra e i suoi occhi sono a cuoricino.
Non potrei desiderare niente di meglio al momento.
«Ehi è qui la festa?» La voce di Brian fa capolino all'interno della stanza. Al suo fianco, mano nella mano, la mia migliore amica, la mia complice, Beth.
Sono incredula anche io, ancora, ma sono così carini insieme. Non l'avrei mai pensato, ma la loro storia è così incredibile che facciamo fatica a credere che sia reale.
Come può una persona che non hai mai tollerato nel tuo mondo diventare il tuo mondo?
Potrei stare qui ore e ore a riflettere su quanto sia stato bello vederli crescere in questi mesi insieme, ma questa è un'altra storia...
Non ho realizzato tutti i desideri che racchiudevo nel cassetto da bambina, non ho frequentato il college e non ho avuto la vita che credevo. In compenso ho creato la mia famiglia. Ogni giorno mi sveglio accanto ad un uomo magnifico e mentre gli preparo la colazione e il pranzo a sacco per portarlo a lavoro mi chiedo cos'abbia fatto per meritarmi così tanto amore. E quando lo vedo uscire di casa con i suoi vestiti sporchi di cemento mi si stringe il cuore, fa di tutto per non farmi mancare niente e ogni sera mi regala momenti di coccole infinite nonostante sia stanco morto.
Una cosa però è certa, non devo mai preoccuparmi del domani, non ho paura di cosa ci attende in futuro né di cosa ne sarà del lavoro, della casa, dei beni materiali che ci circondano, adesso siamo noi tre e nessun altro.
Abbiamo il nostro posticino nel mondo, piccolo e pieno di amore incondizionato.
Abbiamo trovato la pace che cercavamo da tanto e adesso siamo completi.
Alba è il nostro nuovo inizio.
Angolo autrice.
Mi scuso per avervi fatto attendere 3 lunghissimi anni. Vi leggevo spesso nei commenti e volevo continuare da tanto tempo, solo che non riuscivo. Non so perchè e come mi è venuta l'ispirazione e in un pomeriggio ho continuato ciò che avevo lasciato in sospeso, dandogli una conclusione. La stessa conclusione che avrei voluto dare da tempo.
Mi spiace se molti volevano che Grace rimanesse con Brian, in qualche modo, ma come già avevo detto anni fa avrei voluto raccontare qualcosa di diverso e mostrare quindi che esistono i bravi ragazzi, che si devono apprezzare e che ne meritiamo tutte uno.
Avevo pensato a Brian e Beth anni fa, quindi non pensate sia una decisione del momento, mi dispiace solo non aver potuto raccontare di loro... ma appunto questa è un'altra storia e non doveva esser infilata così a caso in queste righe.
Spero mi abbiate perdonata per l'interminabile assenza, vi sono grata per i messaggi che mi avete sempre mandato, vi voglio bene. Chissà se non ci rileggeremo presto.
Un bacio.
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La mia alba
RomanceSEQUEL BISBETICA VIZIATA. Dal Capitolo 1... "In fondo è l'alba per tutti. E' l'alba di un nuovo inizio. L'alba che porta con sé la notte, schiarendo il cielo, colei che reca luce e spensieratezza. E' questa la mia alba. Guardare avanti e capire che...