25 - Le ali dell'immaginazione

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Un grosso groppo mi si forma in gola, come se un piccolo ometto stesse legando delle funi in miniatura dietro la mia lingua, e sento l'acido della colazione salire sempre di più. Ormai il mio corpo è in balia delle emozioni che mi sta facendo provare questo maledetto posto.

Desidero tanto rispondere, ma le parole non vogliono saperne di uscire. Ho l'impressione che mi stiano stringendo lentamente una fascia di ferro intorno al petto, togliendomi il respiro centimetro dopo centimetro.

Le persone che mi vogliono morta non hanno a che fare col demonio. Lui non riesce a controllarle.

Okay, Colleen. Respira. Profondi respiri. E chiudi gli occhi.

Il pensiero che qualcosa di mostruoso come delle puttane infernali - che nemmeno la creatura più malvagia di sempre riesce a controllare - mi stia dando la caccia mi fa bollire il sangue e pompare il cuore come se stessi avendo un infarto.

Il sangue dentro di me si riscalda e schizza nelle vene all'impazzata, lunghi fiumi caldi in una foresta di oscurità.

Cosa mai vorranno da me? Cosa ho di speciale? Cosa c'entro io con tutto questo? C'entra mica il fatto che sono una Nephilim? Ma no. Se fosse stato così allora anche a Dusnatt, Danielius, Mariangel, Erwood e Consuelo avrebbero dato la caccia portando loro un certo Corbin Harper. Ma non è così. Sono io l'unica che vogliono. Sono io l'emblema. E il cuore del Presagio ormai è andato: bloccato da qualche stregoneria demoniaca.

Svegliarsi dopo aver ricevuto migliaia di spiegazioni e poi affrontare tutto questo è un po' come fare la maratona di una saga e affrontare le morti di tutti i tuoi personaggi preferiti. Oppure peggio. Anzi, senza "oppure". È molto peggio. E questo la dice tutta.

"Colleen, so che ti sembra tutto molto..."

"Pazzo? Sì" lo anticipo mentre scorgo il pezzo di terra del retro della Poctilla. È una grandissima distesa di verde smeraldo che si estende fino alle cascate di sangue lucenti come la superficie del mare al tramonto. Il Purgatorio sembra uno stadio enorme ma moltiplicato per centinaia di volte. Questo posto, per quando possa sembrare assurdo, è enorme, uno tsunami di colori e profumi freschi. "Cercherò di associare la parola 'pazzia' a 'normalità' durante la mia permanenza qui."

Gordon sembra divertirsi e incupirsi allo stesso momento quando mi parla. E io me ne accorgo sempre: lo catturo con lo sguardo appena finisco di dire qualcosa, e lo vedo ridere.

"Fortunato tu che ridi. Insomma, anche io ci riuscirei" butto fuori un po' d'aria dai polmoni e ne prendo come se fossi stata in apnea. "ma ora... in questo momento... no. Una cosa buffa della mia personalità è quando sono spaventata o inquietata devo pensare a qualcosa di buffo. Qualcosa di divertente, che mi faccia sorridere e alleviare la tensione."

"Questo è molto bello, Colleen. Sottolinea la tua forza. Veramente, ci sono persone che si lasciano prendere dal panico e si arrendono, mentre tu affronti l'oscurità con la luce. Mi piace." mi sorride di nuovo. I suoi denti bianchi sembrano luccicare con i raggi del sole. E a proposito di sole. Dov'è? Mi spazio con lo sguardo intorno, verso il tetto del Golden Globe ad entrambe le "curve" della Poctilla. Niente. Niente tracce di sole o di qualche fonte di luce.

"Stai cercando il sole, vero?" Mi chiede dopo una trentina di secondi il Guardiano.

"Ehm, sì. Mi chiedevo dove..."

"Non c'è. Né il sole né la luna. Solo raggi e luce dispersi dalla purezza del cielo."

Questo conferma che il posto non si trova veramente sotto Londra, ma in qualcosa di parallelo che non riesco a immaginare. Il Purgatorio non condivide, ovviamente, il cielo della Terra.

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