Capitolo 12

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Jonathan's pov

Margot Victoria Smith mi ha detto cosa stava pensando.
Questo giorno rimarrà nella storia dell' umanità.

Devo ricordarti che ti ha esplicitamente detto di andartene?

No, non ricordarmelo.
Sto tornando a casa...in teoria avrei storia e inglese questo pomeriggio, ma sinceramente non ho voglia delle lezioni.
Sto camminando in direzione del parcheggio della scuola, a recuperare la mia moto.

La individuo subito, raggiungendola in poco tempo.
Indosso il casco, salgo sulla sella, tolgo il freno e accendo il motore, sfrecciando velocemente verso casa.

Venerdì-ore 8.00
Margot' pov

Sto camminando nel corridoio del secondo piano, alla ricerca dell'aula di biologia.
Teoricamente la campanella è già suonata, ma il professor Miller è un ritardatario.
Arrivo velocemente davanti all'aula indicata sull'orario scolastico, per poi fiondarmi al solito banco, affianco al solito ragazzo...un momento: il banco affianco al mio è vuoto...il ragazzo dell'altra volta è seduto dall'altra parte della classe.
Non potrei esserne più felice.

Naturalmente.

Senti cara coscienza, non ho alcuna intenzione di starti a sentire di prima mattina.

Tu non mi ascolti nemmeno alle cinque del pomeriggio.

Già, fossi in te me ne starei al mio posto in silenzio.
Mi siedo tranquillamente al mio banco, prendendo dallo zaino il libro di biologia e tutte le ricerche fatte sulle nuove biotecnologie e le loro possibili applicazioni.
Sono curiosa di sapere cosa ha intenzione di farci fare Miller.
La classe continua a riempirsi, ma nessuno per fortuna decide di sedersi vicino a me.

Quanto odio il dover stare vicino a qualcuno durante le lezioni.
Fosse stato per me, tutte le classi avrebbero avuto i banchi singoli.

Il professore decide finalmente di entrare in classe.
"Buongiorno ragazzi"-ci saluta, sistemandosi gli occhiali da vista.
"Buongiorno"-rispondiamo, per poi aspettare che la lezione inizi.

Jonathan's pov

Sono in un ritardo mostruoso.
Se non mi faranno entrare, lo capirò.
Sono le otto e venti e io sono ancora nel parcheggio della scuola. Diciamo che stamattina non avevo alcuna voglia di alzarmi. Miller mi ucciderà.

Tolgo velocemente il casco ed entro a scuola, salendo le scale a due a due e arrivando in poco tempo davanti l'aula di biologia.
Apro la porta-"buongiorno, scusi il ritardo"-dico, sperando che mi faccia entrare.
"non ti preoccupare, puoi sederti lì"-dice, indicatomi un banco vuoto in terza fila.
Rilascio un sospiro di sollievo, per poi dirigermi al banco indicatomi dal professore.
"Proprio qui?"-sento sussurrare dalla persona affianco a me, che poi sbuffa sonoramente.
Mentre sistemo il mio zaino, lancio uno sguardo divertito a Margot-"sì, proprio qui"-rispondo a bassa voce, facendole l'occhiolino.

La guardo giocherellare con la zip del portapenne, mentre guarda il professore.
"Bene ragazzi, come avevo preannunciato durante la scorsa lezione, voglio farvi fare un progetto di coppia sulle nuove frontiere biotecnologiche...voglio vedere cosa siete capaci di fare"-sento dire dal professore.
Un calcio mi riscuote dal mio stato di trance.
Soffoco un'esclamazione di dolore, guardando male Margot.
"Smettila di fissarmi"-borbotta a bassa voce.

"Non ti stavo fissando"-ribatto scocciato.
"Ah no? Stavi forse contando le mie lentiggini?"-domanda sottovoce.
Roteo gli occhi al cielo...sarà un'ora molto lunga.

Cerco di concentrare la mia attenzione sul professore-"vorrei che scriveste una tesi approfondendo una sola delle possibili applicazioni delle nuove biotecnologie, in modo che poi ciascuno di voi potrà esporre la propria ricerca. Così facendo, tutti avranno un'idea completa su questo argomento"-specifica.
Che noia.
Guardo Margot con la coda dell'occhio, per poi scorgere un grande sorriso disegnato sul suo viso.
Sta sorridendo? Durante la lezione di biologia?
Ok, non può essere stata la lezione a procurarle questo momento di felicità.
Deve essere stato un suo pensiero.

Ricevo un altro calcio.
Borbotto un' imprecazione.
"E smettila di imprecare"-sento dire a bassa voce.

"Non dirmi cosa devo fare"-ribatto un po' troppo ad alta voce, attirando l'attenzione del professore.

"Thompson, vuoi dire qualcosa?"-domanda cortese il professore, interrompendo la sua lezione.

Scuoto la testa, sentendo sogghignare Margot.
"Va bene, continuiamo"-dice Miller, ricominciando a parlare di come deve essere svolto il progetto.

"Per una questione di organizzazione lavorerete in coppie, vanno benissimo quelle dei banchi"-sentenzia, facendo innalzare diversi lamenti di disapprovazione.

Quindi io e Margot siamo compagni di progetto?
Mi volto istintivamente verso di lei.
Ha un'espressione confusa sul volto, come se non avesse ancora elaborato ciò che Miller ha appena detto.
All'improvviso il suo volto si illumina, come se fosse appena arrivata alla conclusione di un'equazione matematica.

Guardo la sua reazione variare di minuto in minuto: meravigliata, contrariata, schifata e infine preoccupata.
Si volta bruscamente verso di me, incenerendomi con lo sguardo.
Il professore sta probabilmente definendo le scadenze del progetto ma io non lo sto minimamente ascoltando, inchiodato da quello sguardo verde bosco.
Continua a fissarmi: sembra che voglia restare immobile in quella posizione per anni, a perlustrare nei miei occhi del colore del carbone.
Come se ci potesse essere qualcosa di importante o di proibito, nascosto nelle mie iridi nere.
Beh, sono certo che, se volesse, riuscirebbe a scovare qualunque cosa stiano celando i miei occhi in questo preciso istante.

Margot' pov

Io e il maniaco. Compagni di progetto. Insieme nella stessa stanza a scrivere una tesi di biologia.
Non è possibile, semplicemente mi sembra surreale.

Mi volto bruscamente verso lo strano essere seduto vicino a me, guardandolo negli occhi.
Non lo ammetterò mai, ma il maniaco ha dei bellissimi occhi.
Neri come la pece.
Quasi intimidiscono. Peccato che io non mi faccia intimidire da nessuno.
Il maniaco sostiene il mio sguardo, con aria di sfida.
Bene. Vuole giocare? Questa volta non mi tirerò indietro.
Continuo a guardarlo, mettendolo visibilmente in soggezione.
Tuttavia, non distoglie lo sguardo: ha capito della nostra tacita dichiarazione di guerra.
Il suono della campanella ci riscuote dalla nostra sfida.

Distratto dal suono incessante di quest'ultima, il maniaco distoglie lo sguardo per primo.
Ho vinto io.
Raccolgo le mie cose, per poi lasciare il maniaco con una strana espressione sul viso ...il nomignolo che gli ho affidato è perfetto per lui.
Qualunque cosa abbia in mente, con me non funzionerà.

Esco dall'aula, dirigendomi a grandi passi verso la classe dove si terrà la lezione di matematica.

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