Capitolo 18

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Margot' s pov

Sono le sette e mezza, io e il maniaco abbiamo appena finito il progetto.
O meglio, io ho rielaborato le mie ricerche, io ho approfondito i concetti che mi sembravano poco chiari, io ho scritto le dodici pagine che compongono il progetto.
Il maniaco si è limitato a passarmi le ricerche che io avevo portato, rimproverandomi della mia grafia illeggibile.
In poche parole, il progetto l'ho fatto io.
Nonostante tutto, devo dire che è venuto bene.
Le mie dodici pagine faranno un figurone.

"Abbiamo finito?"-mi chiede il maniaco, sedendosi sul bordo del letto e massaggiandosi le tempie, come se avesse appena finito di ragionare su qualcosa di incomprensibile.
Alzo un sopracciglio -"io, ho finito"-dico, lanciandogli un'occhiataccia.
"Non è colpa mia se tu hai voluto fare tutto da sola"-si giustifica, come se fosse la spiegazione più ovvia.
"Certo, perché secondo te io mi sono divertita a scrivere dodici pagine sulle biotecnologie emergenti...potevi almeno scrivere le ultime quattro, ora la mia mano non sarebbe in questo stato"-lo rimprovero, mostrandogli la mano intorpidita e sporca di inchiostro.

"Ma poi si sarebbe vista la differenza fra la mia e la tua grafia"-risponde, facendomi roteare gli occhi al cielo.
Non cambierà mai, è un caso irrecuperabile.
"Sfaticato"-sentenzio, prendendo la mia borsa e iniziando a radunare le mie cose.
"Come vuoi tu, almeno io non sono acido e antipatico, al contrario di qualcuno"-risponde Jonathan, guardandomi di sottecchi.
"Cosa ti fa pensare che io non voglia esserlo?"-rispondo, sostenendo il suo sguardo e alzandomi in piedi. "Non so, ho come l'impressione che sotto questo spesso strato di acidità e menefreghismo si nasconda un'anima gentile"-risponde serio Jonathan, guardandomi con quel suo sorriso indecifrabile.
"Jonathan, mi conosci da qualche giorno e già azzardi assurde teorie sul mio conto?"-rispondo a tono, continuando a guardarlo. Prendo la borsa dalla scrivania, mettendoci dentro le ultime cose, cercando di ignorare il fatto che Jonathan si sia alzato dal letto e mi si sia parato davanti, in tutta la sua altezza, ad una distanza fin troppo ravvicinata. Il mio sguardo incontra il suo, ma in tutto quel nero che riempie i suoi occhi non riesco a vedere i suoi pensieri. Prende una ciocca dei miei capelli e inizia a giocarci, fissando il lento movimento del suo dito con le sopracciglia aggrottate. Non capisco dove voglia arrivare, ma questo contatto ravvicinato mi sta innervosendo. Sposto lentamente la sua mano dai miei capelli, guardandolo perplessa. Il mio gesto sembra riportarlo alla realtà. Il suo sguardo incontra di nuovo il mio. Per alcuni istanti che sembrano infiniti ci guardiamo senza dire niente, come se il tempo si fosse inaspettatamente fermato. Nessuno dei due si arrende allo sguardo dell'altro, continuiamo la nostra tacita battaglia. Continuo a guardarlo mentre inclina la testa leggermente di lato, sorridendo-"cara Margot, le mie non sono teorie...posso non essere il massimo con le ricerche di biologia, ma difficilmente mi sbaglio quando si tratta di capire le persone"-sussurra. Il suo sguardo si sposta dai miei occhi e scende sulle labbra, e io mi ritrovo inaspettatamente a guardare le sue, belle e perfettamente disegnate. La situazione sta diventando pericolosa. Devo fare qualcosa, prima che precipiti definitivamente.  "C'è sempre una prima volta, anche per gli errori di valutazione"-rispondo, facendo appello a tutto il mio autocontrollo, allontanandomi bruscamente da lui.

Jonathan's pov

Non so nemmeno io cosa stia succedendo. La mia faccia è a pochi centimetri da quella di Margot Victoria Smith, e sono già sconvolto del fatto che non mi abbia ancora tirato uno schiaffo per essermi pericolosamente avventurato nel suo spazio vitale.
Guardo i suoi occhi verdi, che svelano più di quanto lei vorrebbe far trasparire. Alla fine può barricarsi dietro ai muri più alti, allontanarsi da tutti e rimanere un mistero, ma in questo momento i suoi occhi parlano per lei. La sua improvvisa vulnerabilità mi fa sorridere, quasi non mi sembra lei. Guardo le sue labbra, incorniciate da una marea di lentiggini, e penso a quanto la coglierei di sorpresa se all'improvviso la baciassi, qui, in piedi nella mia stanza.
Chissà cosa farebbe, chissà se le piacerebbe.
Continuo a fantasticare quando improvvisamente arriva la sua risposta-"C'è sempre una prima volta, anche per gli errori di valutazione"-dice, allontanandosi da me.
Rimango di sasso, allibito dalle sue gelide parole.
Del resto, cosa potevo aspettarmi da Margot, se non l'acidità che la contraddistingue?

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