Capitolo 23

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Margot's pov
"Ti va di dirmi perché siamo qui?"-mi domanda Jonathan, guardandomi fisso negli occhi.
Il mio sguardo cade sulle nostre mani, ancora intrecciate tra il mio corpo e il suo. Sono le uniche testimoni del nostro piccolo momento di intimità.

"È un po' difficile da spiegare, ma è come se in questo posto ci fossi già stata"-affermo, con un filo di voce.

"Cosa c'è di strano? Tu ed Edward vivete qui da sempre, è probabile che i vostri genitori vi abbiano portato qui"-replica, guardandomi perplesso.

"Non è strano che io ci sia già stata, ma è strano il ricordo che io ho di questo posto"-sussurro, abbassando lo sguardo.

Lui attende pazientemente che io mi spieghi meglio.
"Quando ho visto quei tre alberi disposti a formare un triangolo, ho provato una strana sensazione...poi ho realizzato che quegli stessi alberi li avevo già visti, in un disegno che ho fatto quando ero piccola e che ho sognato stanotte"- continuo, sovrappensiero.

Guardo la sua espressione confusa e quasi mi pento di aver iniziato questa conversazione. Prendo un bel respiro e cerco di non pensare al fatto che probabilmente mi crederà pazza-"ultimamente mi capita di sognare sempre la stessa cosa: mi ritrovo nella camera dei miei genitori, io ho circa tre anni e faccio a pezzi il mio orso di peluche, incolpandolo di aver fatto qualcosa di orribile...alla parete della camera è appeso un mio disegno, in cui ci siamo io, Edward e i nostri genitori, ma stanotte il disegno è cambiato davanti ai miei occhi e tra mamma e papà è comparsa una quinta figura, che non ricordavo di aver disegnato"-spiego rapidamente, aspettando una sua reazione.

Jonathan aggrotta le sopracciglia-"in che modo tutto ciò sarebbe collegato a questo posto?"-mi domanda.
"Nel disegno, ci sono i tre alberi che abbiamo visto poco fa...sono sicura che siano quelli perché la disposizione è la stessa"-concludo con un sospiro.
In questi momenti mi manca la mia pallina azzurra.
"Riesci a descrivere la quinta figura che è comparsa nel disegno?"-mi chiede Jonathan, sempre più confuso.

"Sembrava un bambino e aveva una maglietta con sopra un otto"-ribatto, cercando di ricordare ogni possibile dettaglio.

Jonathan rivolge il suo sguardo diritto davanti a sé, pensieroso. Rimaniamo in silenzio per qualche secondo, fino a quando un pensiero non irrompe nella mia testa: e se questo sogno ricorrente fosse un ricordo? Se io fossi davvero già stata qui? Se la scena che ho disegnato fosse la rappresentazione di qualcosa che è davvero accaduto?

"Margot, tutto bene?"-chiede Jonathan, preoccupato.
Mi accorgo che gli sto letteralmente stritolando la mano, quasi come se fosse la mia pallina azzurra.
"Scusa, stavo riflettendo"-ribatto, ritirando lentamente la mia mano dalla sua.
All'improvviso, una paura irrazionale mi assale: come ho potuto rivelare tutto ciò ad un ragazzo che conosco da poche settimane e di cui non so assolutamente nulla?
Come ho potuto fidarmi a tal punto? E se lui usasse tutte queste cose che gli ho raccontato per ferirmi? Come ho potuto accettare che mi baciasse?
All'improvviso, disprezzo me stessa e la naturalezza di questi momenti condivisi con Jonathan. Devo andarmene da qui.

"Ci avranno dato per dispersi"-dico, alzandomi rapidamente dalla panchina e procedendo a passo svelto verso il piccolo varco scavato all'interno della siepe.
"Margot, aspetta!"-ribatte Jonathan, alzandosi e facendo scricchiolare le foglie secche sotto i suoi piedi.
"Che vuoi ancora?"-ribatto io, senza fermarmi.
"Ho fatto qualcosa di sbagliato?"-mi chiede, afferrandomi la spalla e costringendomi a voltarmi.
Guardo la sua espressione preoccupata, i suoi muscoli tesi e la sua mano che dalla spalla scende sul mio braccio, sfiorandomi il polso.
Mi ritraggo subito da quel contatto che pochi minuti fa è riuscito a calmarmi e che adesso mi brucia.
"Per favore, spiegami...voglio capirti"-continua lui, scrutandomi con i suoi occhi scuri. Le sopracciglia si increspano sul suo viso.
"Non c'è modo di capirmi, non mi capisco nemmeno io"-sentenzio, incrociando le braccia al petto.

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