Capitolo 16

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Sabato-ore 15.30

Margot's pov

L'ora X si sta avvicinando, e io sono ancora in pigiama a guardare la TV.
Mia madre e mio padre sono usciti poco fa insieme ad Edward, credo.
So che devo prepararmi per andare dal maniaco, ma i miei piedi non si decidono a camminare dal salotto alla mia camera.

Con uno sforzo immane, decido di alzarmi dal comodo divano del salotto, per poi trascinarmi in camera.
Apro di malavoglia la cabina armadio, estraendone un jeans scolorito e una felpa nera larga, abbinata alle le all star nere.

Do una sistemata ai capelli, per poi lavare i denti e la faccia.
Prendo la borsa nera e ci infilo dentro le ricerche fatte per biologia, il telefono e dei soldi per chiamare un taxi. Non ho nessuna fiducia nelle capacità scolastiche del maniaco, mi sembra il classico ragazzo che fa di tutto pur di non studiare. Del resto, con chi potevo mai capitare io, se non con qualcuno che mi facesse fare tutto il lavoro?
Infilo il piumino, per poi sistemarmi la borsa a tracolla e scendere al piano di sotto. Nel frattempo chiamo il taxi, che pochi minuti dopo si ferma davanti casa mia.
Mi precipito all'interno, dettando all' uomo sulla cinquantina che sta alla guida l'indirizzo scritto sul mio cellulare.
Questi annuisce, per poi mettere in moto e sfrecciare silenzioso per le strade di Londra.

Arriviamo in dieci minuti davanti ad una casa grande, bianca e con un bellissimo giardino davanti.
Non sapevo che i genitori del maniaco fossero ricchi.
"Grazie"-mormoro al tassista, per poi dargli i soldi e uscire dal taxi.
Percorro in silenzio la stradina pavimentata che porta alla casa, per poi salire i tre scalini e bussare.

La porta si apre immediatamente, come se qualcuno stesse aspettando il suono del campanello da ore.

Mi si para davanti una donna minuta, con i capelli corvini identici a quelli del maniaco e con un tenero sorriso stampato sulla faccia.

"Tu devi essere la famosa Margot"-dice, guardandomi dalla testa ai piedi, senza smettere di sorridere.

"Ehm, si"-rispondo, un po' a disagio.
La donna continua a fissarmi, con quel grande sorriso a trentadue denti, che mi ricorda Jonathan.

Lo hai chiamato per nome?

Guardando quella che credo sia sua madre mi è venuto spontaneo.

"Accomodati cara"-mi dice gentilmente la donna, facendomi entrare.
La casa è gigantesca, anche se è ancora spoglia.
Mi guardo intorno, scorgendo alla mia sinistra degli scatoloni.
Distolgo subito lo sguardo...non ho intenzione di avere un attacco di panico qui.

"Non farci caso cara, ci siamo appena trasferiti e la casa è ancora in subbuglio"-mi spiega la madre del maniaco, portandomi  in quello che credo sia il salotto.
Almeno qui non c'è traccia di disordine.

"Accomodati cara, cosa posso offrirti?"-mi domanda la donna, indicandomi  un piccolo divano al lato della stanza.

"Mmh, solo un bicchiere d'acqua, se è possibile"-rispondo sedendomi sul divano.

"Certo, arrivo subito"-mi dice, sgattaiolando fuori dalla stanza.
Ne approfitto per guardarmi intorno.
Alla mia destra c'è una scala, che probabilmente porta al piano di sopra, mentre alla mia sinistra un pianoforte.
Le pareti sono ancora spoglie, come quelle dell'ingresso.

Sento dei passi provenienti dalla scala.
Mi volto immediatamente, spaventata da quei rumori improvvisi.
In cima alle scale fa capolino il maniaco, senza maglietta, che però stringe tra le mani.

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