Capitolo 21

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Sabato sera, 22.30
Margot's pov
Sono seduta sul divano in salotto, tra Jane ed Edward. Il maniaco ha invitato mezza Londra a casa sua. Non capisco come in poche settimane sia riuscito a conoscere così tante persone.

Margot, saranno una ventina.

Una marea. Fino ad ora è andato tutto bene. Nessun momento caotico, niente balli, tutto tranquillo, a parte la musica che esce dalle piccole casse Bluetooth a tutto volume.
Accanto a Jane c'è Alec, che le sta parlando animatamente di qualcosa che non sono riuscita a cogliere a causa della musica. Ciò che invece ho colto perfettamente sono gli sguardi che Alec continua a rivolgere a Jane e il contatto fisico che cerca di instaurare ogni volta che può.
Esattamente difronte a me, invece, ci sono Jonathan e Sam. Anche lì, non sono riuscita ad ignorare il gioco di sguardi reciproco. Sam pende dalla bocca di Jonathan e lo guarda con occhi sognanti, lui sembra perfettamente a suo agio, seduto affianco ad una ragazza così perfetta, con una birra tra le mani.
Alla mia sinistra, ci sono tutti i ragazzi della squadra di basket. Per fortuna Jonathan ha avuto la decenza di non invitare Christine.
Improvvisamente, parte una canzone che tutti sembrano conoscere, ma che io non ho mai sentito.
Guardo Jane alzarsi dal divano e andare diritta verso Sam-"balliamo!"-capisco dal labiale.
Le due si dirigono al centro del salotto e iniziano a ballare. Alcuni ragazzi le seguono.
Questo è proprio il momento che temevo.
Rimango seduta sul divano, mentre davanti ai miei occhi si scatena l'inferno. Tutti si muovono a ritmo di musica. I corpi formano un'unica massa informe, di cui non riesco a tracciare i contorni.
All'improvviso, mi manca l'aria. Apro la borsa e cerco con insistenza la mia pallina azzurra salvavita. Apro tutte le tasche, ma della pallina non c'è traccia.
Se aspetto un minuto di più, rischio di avere un attacco di panico.
Mi alzo in fretta dal divano, ma non sono salda sulle mie gambe. Mi gira la testa.
Mi faccio strada tra i ragazzi che ballano e, non so come, riesco a raggiungere la porta d'ingresso inosservata.
Nel momento in cui la apro, una ventata d'aria fresca mi investe completamente.
Richiudo rapidamente la porta alle mie spalle. La musica si attutisce all'istante e tutto diventa più tranquillo, fuori e dentro di me.
Alla luce della piccola lampadina all'ingresso, continuo a frugare nella borsa in cerca della mia pallina. Se non è qui, l'ho persa.
Mormoro un'imprecazione, per poi chiudere con rabbia la borsa, sbuffando.
Cerco di pensare lucidamente all'ultimo momento in cui l'ho vista, ma ho la mente completamente annebbiata.
È così che devono sentirsi i miopi, quando cercano gli occhiali senza gli occhiali.
Scendo i tre gradini all'ingresso e percorro la piccola strada pavimentata al centro del giardino.
Se non ho la pallina, posso almeno fare due passi.
Sono quasi a metà della strada, quando sento la porta dietro di me aprirsi di scatto.

Jonathan's pov
Forse ho bevuto un po' troppo. Sto ballando con Sam, che si muove incredibilmente bene, ma la testa mi gira ad ogni movimento.
Ancora non riesco a credere che quella con cui sto ballando sia la stessa Sam che ricordo io.
La bambina paffuta e goffa che portava occhiali tondi e rossi è stata sostituita da una ragazza che potrebbe fare la modella. Potrebbe fare qualsiasi cosa, in realtà.
Mentre balliamo, si avvicina pericolosamente a me. Anche lei ha bevuto, non so quanto sia lucida in questo momento.
Mi sorride, mentre si muove a pochi centimetri dal mio corpo.
Assecondo i suoi movimenti, ma la mia testa è altrove. È da un po' che non vedo Margot. Quando abbiamo iniziato a ballare, era sul divano, ma poi l'ho persa di vista.
Il mio sguardo vaga sulla folla di ragazzi che ballano, ma dei suoi capelli rossi non c'è traccia.
Sam si accorge della mia distrazione-"c'è qualcosa che non va?"-mi urla, per sovrastare il volume della musica, senza smettere di ballare.
Scuoto la testa, cercando di concentrarmi sui passi.
Nell'arco di pochi secondi, la musica cambia: dalle casse parte City of stars. I ragazzi intorno a me formano rapidamente delle coppie, assecondando senza battere ciglio il cambiamento repentino di atmosfera. A pochi metri da me, vedo Jane allacciare le sue braccia al collo di Alec, il quale risponde mettendole le mani sui fianchi. Sono molto vicini, forse un po' troppo. Jane mi deve una spiegazione, ma non ho nemmeno il tempo di realizzare ciò che vedo, perché Sam mi prende le mani e le sposta sui suoi fianchi. All'improvviso, ci ritroviamo nella stessa posizione di Jane e Alec.
Sam mi guarda negli occhi. Ci muoviamo lentamente a ritmo di musica. Adesso che tutti sono disposti a formare delle coppie, è facile notare l'assenza di Margot.
Sam avvicina le labbra al mio orecchio -"sono contenta di averti ritrovato, dopo tutti questi anni"-sussurra, inebriandomi con il suo profumo.
Le sorrido, ma i suoi occhi sono posati sulle mie labbra. Capisco immediatamente le sue intenzioni. Se mi avvicinassi di qualche centimetro, le nostre labbra si sfiorerebbero. Il Jonathan di qualche settimana fa avrebbe già eliminato ogni distanza, davanti ad una ragazza così bella. Il Jonathan di ora, invece, non riesce a non pensare al fatto che Margot non ci sia.
Cosa mi sta succedendo?
Distolgo lo sguardo da Sam, rompendo la tensione che si era instaurata tra noi.
"Scusami"-mormoro, per poi allontanarmi rapidamente da lei, diretto verso la porta d'ingresso.
Vedo con la coda dell'occhio la sua faccia perplessa e delusa, ma in questo momento voglio solo capire dove sia Margot.
Apro la porta e percorro il giardino di casa con lo sguardo, finché non noto, sulla stradina pavimentata, una ragazza di spalle. I capelli rossi si muovono, scossi dal vento, così come la gonna di pelle.
Richiudo la porta dietro di me e lei sussulta.
Si gira lentamente, guardando nella mia direzione, ma quando mi vede si volta di nuovo e riprende a camminare.
La chiamo, ma lei non si ferma.
La raggiungo velocemente, rischiando più volte di perdere l'equilibrio, fin quando non riesco a metterle una mano sulla spalla, che la costringe a fermarsi.
"Ancora tu"-dice infastidita, cercando di divincolarsi dalla mia presa.
"Proprio io"-rispondo, fermandomi per riprendere fiato. La lascio andare, ma lei rimane ferma al suo posto. Mi guarda, con la testa leggermente inclinata, dall'alto in basso-"sei ubriaco, torna dentro"-sentenzia, aspettando una mia reazione.
"Non sono ubriaco"-rispondo, ma la mia risposta non suona credibile nemmeno alle mie orecchie.
"Non ammettere di essere ubriaco è da ubriachi"-ribatte, alzando un sopracciglio.
Sposto il peso da una gamba all'altra, guardandola negli occhi-"sottovaluti la mia resistenza all'alcol"-rispondo, provocandola.
Lei rimane in silenzio e sostiene il mio sguardo, incrociando le braccia al petto.
"Perché sei qui fuori?"-le domando.
La risposta non arriva subito. Dopo alcuni secondi, Margot distoglie lo sguardo e lo rivolge alla sua sinistra-"volevo fumare una sigaretta, ma mi sono accorta di non averle"-risponde, guardando ovunque tranne che verso di me.
"Sai che non sei per niente brava a mentire?"-dico, sorridendo.
"Sai che sei estremamente fastidioso?"-ribatte, sollevando lo sguardo di nuovo verso di me.
"Rispondere ad una domanda con un'altra domanda è da bugiardi"-dico, ricalcando quello che lei mi ha detto pochi minuti fa.
"In ogni caso, non sono tenuta ad essere sincera con te"-dice, distogliendo nuovamente lo sguardo.
"Eppure, so che vorresti"-rispondo, avvicinandomi a lei. L'alcol mi rende piuttosto spavaldo. Lei si irrigidisce immediatamente, noto il suo nervosismo dal modo in cui si tocca una ciocca di capelli.
"Cosa ti fa pensare che ci sia altro oltre a quello che ti ho già detto?"-mormora, a un passo da me.
"Te lo leggo negli occhi...puoi non rispondere alle mie domande, ma non puoi  nascondere i tuoi pensieri così bene da renderli del tutto invisibili"-rispondo, avvicinandomi ancora un po'.
Lei continua a rimanere nella sua posizione, ma ho la sensazione di essere davanti ad una bomba a orologeria pronta ad esplodere.
Mi ritrovo a pensare a tutti i modi in cui potrebbe respingermi, se mi avvicinassi ancora di più, annullando la distanza tra noi, ma mi rendo conto di non poter prevedere i suoi movimenti. Margot continua ad essere un mistero irrisolto.
"Se c'è qualcosa che sfugge al mio controllo, non significa che io voglia consegnarlo a te"-risponde, abbassando leggermente la voce.
"Se c'è qualcosa che sfugge al tuo controllo, io voglio aiutarti a recuperarlo"-ribatto.
Non siamo mai stati così vicini.
Riesco a vedere ogni singola lentiggine sul suo naso, le sue ciglia chiare e le pagliuzze dorate nei suoi occhi verdi.
Intorno a noi, il vento scuote i rami degli alberi, ma a me sembra tutto immobile.
Tutto è sospeso nel vuoto, io e Margot siamo sospesi nel vuoto. Esistono solo i nostri corpi vicini, i nostri occhi che si guardano, stretti in una connessione che nessuno dei due vuole interrompere.

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