Capitolo 26

21 6 5
                                    

Jonathan's pov
Sono senza parole. Margot, invece, sembra non esaurirle mai. Non è certo una che le manda a dire...in pochi minuti ha detto a mio padre tutto ciò che io in dieci anni non sono riuscito a dirgli.
Lo ha fatto con un'eleganza che non ammette repliche. Ha lasciato un segno. Probabilmente non cambierà il mio destino, ma il suo coraggio mi ha sorpreso.
"Hai visto che bomba la mia amica?"-mi sussurra Jane sottovoce. Mi lascio scappare un piccolo sorriso. Sì, è stata davvero incredibile.
La guardo di sottecchi mentre sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, con le guance leggermente arrossate.
"Tra tre settimane si terrà un importante convegno a Parigi, a cui dovremo partecipare per pubblicizzare i nuovi programmi delle nostre aziende"-sento dire da mio padre.
"Ho sempre sognato di visitare Parigi"-sospira Jane, con aria sognante.
"Ci sarà tempo anche per quello"-ribatte mamma, sorridendole.
"Durante il convegno, presenteremo Jonathan ed Edward come nuovi membri"-continua mio padre, guardandomi di sbieco.
Margot aggrotta le sopracciglia. Il suo disappunto è lampante, ma questa volta rimane in silenzio.
"Di già? Non dovremmo aspettare la fine della scuola?"-domanda Edward, con un velo di preoccupazione nella voce.
"È importante che gli altri soci vi conoscano già da ora, dato che il prossimo convegno si terrà tra un anno e non possiamo aspettare così tanto tempo"-risponde il signor Smith.
"Quanto tempo rimarremo a Parigi?"-chiede Jane, con il telefono in mano.
Sullo schermo, leggo il nome di un sito di itinerari di viaggio per Parigi. Mia sorella si muove con largo anticipo, come al solito.
"Il convegno dura tre giorni, ma noi arriveremo due giorni prima dell'inizio"-ribatte papà.
"Devo venire anche io?"-sbotta Margot, guardando il padre con aria di sufficienza.
"Sì, è un viaggio d'affari, ma è anche un'occasione per visitare Parigi"-ribatte il padre, risentito.
"La parola viaggio è incompatibile con la parola affari"-dice tra sè, afferrando cono decisione il calice di vino.
"Oggi è un po' nervosa"-cerca di giustificarla la signora Smith, guardandola male.
"Dico solo la verità, mamma"-ribatte lei, esasperata.
"Per quale motivo un viaggio dovrebbe essere incompatibile con gli affari?"-domanda Edward, quasi con curiosità.
Margot si volta lentamente verso di lui, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta.
"Il viaggio è un arricchimento personale, gli affari sono un arricchimento materiale"-dice, dopo alcuni secondi di silenzio.
Edward la guarda perplesso.
"Secondo te, di cosa potrebbero mai parlare un filosofo e un imprenditore, se si trovassero all' improvviso chiusi in una stanza, da soli?"-continua Margot, serissima.
Gli occhi di tutti sono puntati su di lei.
"È l'inizio di una barzelletta?"-domanda Edward, sorridendo.
"È l'inizio di una guerra"-sentenzia lei.
Anche se non ha fatto riferimenti diretti, so che quello che ha appena detto è un'allusione alla nostra conversazione di qualche giorno fa.
Non ho mai detto ai miei genitori di voler studiare filosofia, credo che non la prenderebbero di buon grado.
Spero che Margot non riveli troppo. All'improvviso, temo le sue parole e da lei non so cosa aspettarmi. Come al solito, è imprevedibile.
"Margot, tu verrai a Parigi e non ne discuteremo più...inizia a fare le valigie"-sbotta il signor Smith, rivolgendole uno sguardo truce.
"Perfetto, ci vediamo sulla Torre Eiffel"-ribatte, alzandosi bruscamente dalla sedia e dirigendosi a grandi passi verso il salotto.

"Vi prego di scusarla, a volte non riusciamo a capirla nemmeno noi"-mormora la signora Smith ai miei genitori.
La osservo allontanarsi sui tacchi e mi ritrovo a pensare che, se potessi, la raggiungerei seduta stante, ovunque fosse diretta.
Metto una mano nella tasca del jeans e tocco la superficie della piccola pallina azzurra, che stasera ho portato con me.
Prima o poi dovrò restituirgliela, anche se mi dispiacerebbe separarmene. È un legame tra me e lei, una connessione materiale che non posso ignorare. Perché esiste. È piccola e azzurra.
Però so anche che appartiene a lei e ridargliela sarebbe la cosa giusta da fare.
La voce della signora Smith mi riscuote dai miei pensieri-"venite in salotto, abbiamo comprato dei dolcetti"-dice, alzandosi e dirigendosi verso la cucina, dalla quale torna con in mano un vassoio di piccoli dolci.
Ci dirigiamo tutti insieme verso il salotto. Squadro la stanza alla ricerca di Margot, ma di lei qui non c'è traccia.
Fuori fa freddo, non credo che sia uscita. Probabilmente sarà in camera sua...All'improvviso, mi viene un'idea.
Guardo il vassoio con i dolci e i piccoli tovaglioli impilati proprio accanto. I miei genitori sono impegnati in una fitta conversazione con i signori Smith, mentre Edward è stato sequestrato da Jane, che sta già mettendo a punto un fitto programma per visitare Parigi.
Se adesso salissi al piano di sopra, magari con la scusa di andare al bagno, probabilmente nessuno si accorgerebbe di me.
Afferro un dolcino al cioccolato dal vassoio e lo avvolgo rapidamente in un tovagliolo, dopodiché mi dirigo verso le scale che portano al piano di sopra.
Come pensavo, sono passato completamente inosservato.
Salgo gli scalini a due a due, mantenendo il dolcino in una mano, fino a raggiungere il piano superiore.
A differenza del salotto, dove le voci si sovrappongono formando un mormorio incessante, il corridoio del piano di sopra è silenzioso.
I miei passi risuonano nel buio, fino a quando un flebile suono non mi raggiunge. È la voce di Margot, che sta cantando sommessamente.
Mi fermo, nel tentativo di identificare la canzone.
Dopo alcuni secondi, riconosco il ritornello di Love in the dark di Adele.
Sorrido nel buio e lentamente mi dirigo verso la stanza da cui proviene la voce. La porta è socchiusa, ma dal piccolo varco non riesco a vedere Margot.
Per alcuni minuti rimango fermo, appoggiato al muro vicino alla porta, ascoltando le parole della canzone. Sapere di averla colta a sua insaputa in un momento così intimo mi fa andare fuori di testa.
Non appena sento cantare le ultime parole della canzone, busso due volte alla porta.
Da Margot nessun cenno di vita.
Busso una terza volta. Dopo alcuni secondi di silenzio, finalmente arriva una risposta-"chiunque tu sia, non sono in vena di chiacchiere"-mormora, con la voce leggermente ovattata.
Apro lentamente la porta. Margot è stesa sul letto sul lato sinistro, con la faccia affondata nel cuscino e gli occhi chiusi.
Il vestito disegna perfettamente la curva del fianco, scendendo morbido sulle cosce.

AtaxophobiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora