XII

57 11 17
                                    


I miei sogni vengono interrotti da una strana musica. Ancora assonnata cerco di trovare la fonte del rumore. Stella dorme su un fianco nel suo letto azzurro. Sono le sette e mezza del mattino: mi chiedo perché non ci siamo svegliate per andare all'allenamento. Tutto sembra tranquillo, tranne per la musica di sottofondo. È debole, lontana, ma comunque udibile. Mi metto qualcosa addosso che non sia il pigiama con i delfini e le balene. Chiudo la porta senza fare il minimo rumore per non svegliare la mia coinquilina. Seguo la melodia, avventurandomi per i corridoi del dormitorio dei Woda. Sembra non esserci nessuno. Non incontro altri Woda. La musica diventa sempre più forte e chiara. Arrivata alla fine del corridoio prendo l'ascensore. Salgo fino all'ultimo piano. La melodia si propaga anche dentro di esso. Mi ritrovo in un terrazzo immenso, senza balcone o ringhiere di protezione. Deduco che nessuno salga. La melodia è vicinissima. Svolto l'angolo del terrazzo rettangolare e riconosco la melodia: Fur Elise di Beethoven. Sul terrazzo vi è un pianoforte a coda nero. Non c'è nessuno seduto sullo sgabello, il pianoforte suona da solo. Ma perché un pianoforte dovrebbe suonare alle sette e mezza del mattino dove nessuno può sentirlo? Ma soprattutto, perché il pianoforte suona da solo? Mi avvicino alla tastiera, titubante e curiosa. I tasti si muovono seguendo la melodia, come se un pianista invisibile stia suonando. Ripete sempre Fur Elise, una volta finito ricomincia da capo. Rimango a guardare i tasti abbassarsi ed alzarsi, lasciandomi cullare dalla musica. Non so di preciso dire da quanto tempo rimango in ascolto. Una volta dopo aver concluso l'ultimo accordo di un'ulteriore ripetizione si ferma. L'accordo rimane sospeso nell'aria, come se non voglia che il brano finisca. Il pianoforte non suona più. Mi faccio coraggio e premo il tasto del DO centrale. Non produce alcun suono. Alzo un sopracciglio. Premo i tasti in sequenza, ma il suono è nullo. Controllo la cassa armonica, ma sembra tutto nella norma. Durante i primi anni al conservatorio è obbligatorio studiare pianoforte, anche se suoni un altro strumento, di conseguenza ho imparato qualcosa sullo strumento. Quando capisco che il pianoforte non vuole essere suonato torno in camera. Stella si è alzata, è davanti allo specchio che si aggiusta una camicetta celeste.

-Buongiorno!- sorride raggiante -Dove sei stata?-

Alzo le spalle, borbottando parole senza alcun senso logico. Stella, stranamente, non fa altre domande.

-Come mai non siamo ad allenarci?- chiedo. Poso la vestaglia nell'armadio ed infilo un paio di jeans ed una maglietta. Libero i capelli dalla coda di cavallo che ho tenuto durante la notte, sbrogliandoli con le mani.

-È domenica, anche noi abbiamo diritto al riposo settimanale- esclama, probabilmente si aspettava questa domanda -Oggi, io e te, andiamo a fare shopping!-

Mi guarda, in attesa di qualche battutina da parte mia. Mi limito ad alzare gli occhi al cielo, sorridente e sconfitta. Stella non avrebbe accettato un rifiuto come risposta. Usciamo , dirigendoci verso il centro commerciale dei Woda.

Una volta dentro, Stella tira fuori dalla sua borsa due carte di credito.

-Questa è per i vestiti, questa per gli accessori- mostra prima una carta gialla, poi una blu.

-Come hai guadagnato tutti questi soldi?- domando curiosa entrando nel primo negozio di abbigliamento.

-Mia madre guadagna molto e ci manda i soldi, pensa siamo al college a Miami- scuote la testa afferrando un vestito blu notte lungo senza maniche.

-Che ne pensi?- posiziona il vestito davanti a lei, chiedendo un parere. Annuisco.

-Non è troppo elegante?-

-Markas è pieno di eventi che prevedono vestiti eleganti- mi fa l'occhiolino. Prende un altro vestito lungo fino ai piedi di colore blu cobalto. Senza spalline, con una scollatura a cuore a pieghe. Sotto il seno il punto luce è un cinturino di strass, molto delicato.

Several Parallel: DifferenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora