Salgo sull'autobus e mi siedo nel primo posto libero che trovo. Sistemo lo zaino sulle ginocchia e accavallo le gambe. Guardo fuori dal finestrino il paesaggio di Miami scorrere sotto i miei occhi, quasi non mi accorgo di essere arrivata alla mia fermata. Distolgo lo sguardo dal paesaggio per puntarlo sulle porte automatiche dell'autobus. Lì davanti, in piedi, c'è un ragazzo intento a fissarmi. Continuo a guardarlo, nella speranza che porti lo sguardo altrove, ma invano. Mi osserva ed io osservo lui: ha gli occhi di un azzurro cielo ma allo stesso tempo verde speranza, i capelli ramati gli ricadono morbidi sulla fronte e la pelle è abbronzata. L'autobus si ferma e il ragazzo, dopo avermi rivolto un ultimo sguardo, scende alla fermata. Mi alzo dal posto, titubante. Arrivo alla fermata e scendo, guardandomi intorno. Ho la strana sensazione di essere osservata, ma, non vedendo nulla oltre una vecchietta cimentata a portare a passeggio il cane, entro dentro casa. Chiudo la porta e poso lo zaino all'ingresso.
-Victoria!- cerco mia sorella. Dovrebbe essere arrivata prima di me dato che aveva un passaggio per rientrare.
-Sono in camera- dice seccata. Sospiro e vado da lei. Entro senza bussare e la ritrovo stesa sul letto con il cellulare in mano.
-Da quanto sei tornata?- le chiedo, disgustata per i suoi atteggiamenti.
-Un quarto d'ora- risponde con sufficienza senza staccare lo sguardo dallo schermo.
-Non potevi iniziare a mettere l'acqua per la pasta? O quantomeno apparecchiare?- mi sforzo di mantenere un tono calmo per evitare di tirarle i capelli. Lei alza le spalle, come se la questione non,a riguardasse in prima persona.
-Ti saresti rovinata le unghie o avresti perso la mobilità di qualche arto?- la punzecchio per cercare una sua ulteriore reazione, ma sembra fregarsene.
-Senti, non voglio ripeterlo più- comincio un discorso, prendendole il cellulare dalle mani e lanciandolo in un lato della stanza -Vedi di cambiare comportamento nei miei confronti perché non sono la tua serva e non hai diritto di trattarmi come tale-
Victoria mi lancia sguardi di fuoco, sicuramente per averle sequestrato il cellulare, non per il discorso.
-Per oggi cucino io, ma se da domani non inizi a fare anche tu un po' di lavoro, da domani ognuno si svolge le proprie faccende- assumo un tono ammonitorio, come se sia una madre. La verità è che faccio tutto io mentre lei si piastra i capelli già lisci come spaghetti. -In sintesi: se da domani non aiuti io cucinerò solo per me, laverò solo i miei panni e sistemerò solo la mia stanza. Se vuoi questo, arrangiati-
Esco chiudendo la porta senza darle il tempo di rispondermi. Entro in cucina e metto l'acqua nella pentola, dopodiché apro il gas. Dopo butto la pasta e inizio ad apparecchiare. Di Victoria neanche l'ombra e quasi mi sento in colpa per averle dato il giorno di scadenza domani e non oggi stesso.
-Victoria, è pronto- la chiamo. Quando noto che non scende insisto -Se non vuoi mangiare il ragù lo lascio a zia per stasera quando rientra-
Detto ciò mi siedo ed inizio a mangiare la pasta al ragù che ho cucinato. Non sono un granché come cuoca, ma me la cavo abbastanza bene. Nella vecchia casa cucinavo sempre io per tutti, in quanto papà rientrava sempre tardi e Victoria se ne fregava altamente. Non credo nemmeno che sia in grado di prepararsi il latte la mattina.
Ho appena finito di mangiare la frutta, quando Victoria mi onora della sua presenza in top e pantaloncini ed un asciugamano in testa.
-Potresti vestirti quando mangi?- domando sarcastica alzandomi dalla sedia e posando il piatto sporco nel lavandino.
-Posso girare per la casa come meglio mi pare- risponde sedendosi al tavolo, iniziando a mangiare la pasta ormai fredda. Strano che non si sia lamentata, forse il mio discorsetto è servito a qualcosa.
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Several Parallel: Difference
FantasySheryl e Victoria: gemelle diverse, due destini intrecciati. La loro routine sarà interrotta da strani eventi che le porteranno alla scoperta di una nuova dimensione. Nuove conoscenze, eventi inspiegabili, enigmi irrisolti, profezie misteriose procu...