Capitolo 23

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DAL CAPITOLO PRECEDENTE...

Stavo entrando nel Charle's Cafè, il bar dove ho trovato lavoro, e mi è piombato addosso come una furia urlando:<<Sbrigati! I clienti non hanno tutto il giorno per aspettarti!>>.

Non ti dico l'imbarazzo. Sono corsa al bancone ed ho infilato il grembiule appeso alla macchina del caffè. Devo ancora imparare a servire per bene ai tavoli, ma me la cavo piuttosto bene. La paga è anche buona, l'unico problema è quel ragazzo che mi fissa attentamente da quando arrivo a quando smonto. Ti aggiornerò presto...

Alla fine della pagina c'era una sigla particolare: JS, doveva essere. Il tratto sottile di stilografica si intrecciava sinuoso alla grana ingiallitadel foglio. Il diario, consumato ai bordi, profumava ancora di inchiostro.

Io e Alex avevamo capito che quei diari, che raccontavano una storia, stavano iniziando a far parte della nostra. Non potevamo immaginare però, che fossero così tanto legati alla nosta vita.

Passammo tutto il resto del pomeriggio in quel vecchio magazzino, e ci avviammo verso casa che il sole stava già calando.

Stavo bene in quel posto, stavo bene con Alex, amavo sentirmi indipendente; l'idea di rimanere a Londra diventava sempre più limpida e sensata nella mia testa.

Tutte le barriere che avevo pensato di costruirmi intorno, furono abbattute.

Avrei voluto non provare più emozioni per evitare di soffrire, ma non provare emozioni vuol dire morire. vuol dire essere dei vegetali. Vuol dire essere spettatori di qualcosa cha abbiamo rifiutato: vita.

Incredibile quanto si possa diventare profondi guardando fuori dal finestrino e?

L'auto procedeva a velocità costante verso casa, i negozi cominciavano ad illuminarsi, e la luce dei fari scompariva dietro ogni curva.

Arrivammo a casa, stretti nelle giacche a vento pronti per attraversare il parcheggio.

Una volta davanti alla porta di casa suonammi il campanello, niente. Bussammo ancora, niente. Ale aprì con le sue chiavi, e quello che ci trovammo davanti mi fece salire le lacrime agli occhi. Ero paralizzata, il fiato corto, le ginocchia che tremavano e il cuore che pompava nelle orecchie.

Elia, il padre di Ale, era riverso sul divano con una bottiglia di Jack Daniel's quasi vuota in una mano e un foglio di carta nell'altra.

Mentre io facevo praticamente la mummia sulla soglia di casa, Ale era già entrato in casa e stava controllando il polso a suo padre, mi aveva messo il telefono in mano e urlato di chiamare i soccorsi.

L'ambulanza arrivò quasi immediatamente...




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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 24, 2016 ⏰

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