Capitolo 8

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  -Tu cosa?!
  
Avevo raccontato a mio zio cos'era successo nella sala delle udienze ed era rimasto letteralmente a bocca aperta. Sembrava che la mandibola dovesse cadergli da un momento all'altro.
  -Mi ha fatto perdere la pazienza e sono sbottata.- sbuffai camminando avanti e indietro per la sala.
  -Tu hai schiaffeggiato il principe Stefan. È un miracolo che non ti abbia distrutto in quello stesso istante.- quasi urlò zio Wilhelm.
  -Mi aveva messo le mani addosso ed era molto minaccioso. Aveva persino i canini fuori! Che potevo fare? Lasciare che mi picchiasse come un tamburo o peggio?
  Ero furiosa. Alla fine il suo vero carattere era uscito allo scoperto, così come il mio. La storia del corteggiamento e del conoscerci meglio... tutte balle!
  Per sfogare la mia rabbia, zio Wilhelm mi fece fare un allenamento speciale di combattimento nella sala addestramento: per la prima volta stavo iniziando a usare il paletto. Me la cavavo piuttosto bene e combattei fino a quando le braccia e le gambe non implorarono pietà e fino a quando un servo non venne a dirci che il principe Stefan mi attendeva all'entrata del castello.
  -Il principe è venuto fino a qui?- chiese zio Wilhelm sorpreso.
  -Che vada a farsi fottere!- dissi affondando con rabbia un paletto in un sacco pieno di sabbia.
  -Serena, vai a incontrarlo subito.- mi ordinò mio zio.
  -Col cavolo! Io quell'essere non lo voglio più vedere. Prima era tutto "corteggiamo la principessa come una vera donna" e il momento dopo "tu, schiava che non sei altro, mi sposerai e farai tutto ciò che ti ordinerò".- sbottai imitando il suo modo di parlare.
  Lo zio scoppiò a ridere di gusto, mentre il servo cercava di rimanere serio. Aveva capito chi stavo imitando, ma non poteva permettersi di ridere davanti alla propria principessa.
  -Devi andare. C'è in ballo la sicurezza del tuo regno.
  -Che mi attacchi! Mi deve solo baciare le chiappe quel coso.
  Ovviamente non dicevo sul serio, infatti zio Wilhelm non si allarmò. Continuò a guardarmi con le sopracciglia alzate e alla fine sbuffai.
  -E va bene! Vado a parlare con quell'idiota.
  -Sii gentile con lui.- mi ammonì mio zio ridacchiando.
  -Ma manco morta! Quando anche lui mi rispetterà, ne riparleremo.
  Andai a passo di carica verso la porta principale, infischiandomene altamente se ero sudata, con i capelli spettinati, i pantaloni della tuta, top e un paletto, che nascosi nella tasca posteriore dei pantaloni prima di girare l'angolo.
  Quando lo vidi notai che aveva gli stessi abiti del pomeriggio e il segno rosso della mia mano era ancora ben visibile sulla sua guancia. Mi fermai a un paio di metri da lui e mi poggiai con una spalla al muro, tra due quadri dei miei antenati, e incrociai le braccia al petto. Lo guardai male e vidi che mi stava osservando concentrato.
  -Ma siete sudata?- chiese guardandomi schifato.
  -No, mi piace fare la doccia vestita. Dovresti provare qualche volta.- risposi sarcastica, sotto il suo sguardo confuso. -Allora, che sei venuto a fare?
  -Sono venuto a scusarmi per il mio comportamento...
  -Da stronzo?
  -Inadeguato.- mi corresse lui. -Non dovevo comportarmi così e vi chiedo scusa.
  -Tanto ti sei rivelato per quello che sei veramente. Vuoi solo il potere, ma cosa dovevo aspettarmi da te? Non sei di certo il classico principe azzurro con la calzamaglia aderente.
  -Questo matrimonio è una cosa che si deve fare per portare la pace tra i nostri clan e poi la calzamaglia mi starebbe male.- disse provando a scherzare, ma non gli diedi quel piacere.
  -E' un dovere.- convenni con lui. -Ma non lo farò.
  Mi guardò scioccato, ma non perse la pazienza come mi sarei aspettata. Fece un respiro profondo e piantò i suoi occhi nei miei.
  -Quindi volete la guerra.
  -No, non voglio sposarti. C'è una bella differenza tra il volere una guerra e non voler sposare uno sconosciuto ipocrita e stronzo.
  -Lo sapete che se non ci sposiamo, non potremo mai diventare re e regina?
  Aprii la bocca per rispondere, ma la richiusi subito. Era vero? Zio Wilhelm non mi aveva mai parlato di una clausola del genere. Che fosse scritta in piccolo come nei contratti che si vedevano nei film americani?
  -Non ve l'aspettavate, vero?
  -Non ti credo.
  -Sei cocciuta come un mulo!- sbottò smettendo, finalmente, di darmi del voi. -Cioè, voi...
  -Lascia perdere l'etichetta almeno quando siamo soli. Comunque hai ragione, sono testarda e scusami tanto se sono diffidente. Vuoi che fin da subito diventi la tua amichetta del cuore e che ci mettiamo lo smalto a vicenda durante i pigiama party?
  Mi guardò a occhi sbarrati e mi sembrò che gli si formasse un enorme punto interrogativo sulla sua testa. Potevo quasi vederlo.
  -Cosa?
  -Il punto è che non puoi incolparmi se sono diffidente, soprattutto dopo oggi, e anche perché...- mi bloccai, ma Stefan terminò la frase al mio posto.
  -E anche perché sono un Lovinescu, vero?
  Mi sembrò deluso, molto. Forse avevo esagerato, ma non l'avevo detto io, anche se dovevo ammettere di averlo pensato. Anche se era un Lovinescu, non era detto che fosse sanguinario e violento come il resto della sua famiglia.
  -No, io sono diffidente di natura, non solo con i Lovinescu.
  -Ah sì? E allora perché hai un paletto nella tasca dei pantaloni?
  Mi si avvicinò per prendermi il paletto e io indietreggiai inciampando nei miei piedi. Stavo per cadere, ma Stefan mi prese e mi strinse, tenendo una mano sulla mia schiena e una sulla mia spalla per tenermi in equilibrio. Ci guardammo per momenti che parvero interminabili. Quegli occhi magnetici mi avevano stregata talmente tanto che non mi ero nemmeno accorta che mi aveva preso il paletto e lo teneva tra il pollice e l'indice, accanto ai nostri visi.
  -Allora spiegami questo, Serena.- sussurrò continuando a guardarmi negli occhi.
  Non riuscivo più a parlare. Era come se il mio cervello e la mia bocca fossero scollegati. L'unica cosa che riuscivo a fare era guardarlo.
  -Sto aspettando la tua risposta.- mi incalzò in un sussurro, avvicinandosi sempre di più a me.
  Non mi ero mai accorta di quanto fosse alto (o quanto io fossi bassa, visto il mio metro e sessanta). La voce sembrò tornarmi e ne fui felice, perché Stefan si stava facendo troppo vicino.
  -Mi alleno.- risposi in un soffio.
  Si staccò leggermente da me, mi guardò con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito.
  -Le donne non hanno bisogno di imparare a usare il paletto, ma immagino di averti spinto a farlo, dato che ti ho spaventata.
  -Mi hai inquietata.
  Sorrise divertito.
  -Bello, mi piace inquietare le persone. Comunque ho fatto quello che ho fatto per un motivo ben preciso.- Si mise dritto e mi guardò ancora divertito. -La mia intenzione era farti adirare per una curiosità personale.
  -Ovvero?- chiesi diffidente.
  -Vedere se sei veramente sprovvista di canini.
  Rimasi a bocca aperta, senza riuscire a capire come avesse fatto, ma prima che potessi negare tutto, Stefan alzò una mano zittendomi.
  -Prima che inizi ad affannarti a trovare una scusa, l'ho visto perché prima eri veramente alterata. Hai persino digrignato i denti, come se volessi ringhiare come fanno i vampiri, ma non c'erano canini fuori dalle gengive. Per cui l'unica ipotesi è che le voci di corridoio fossero vere: tu non hai ancora sviluppato i canini.
  Abbassai le spalle e sospirai rassegnata.
  -Immagino che lo andrai a dire a tutti e minerai la mia credibilità.
  -No.- rispose Stefan e rimasi nuovamente a bocca aperta.
  Si avvicinò al mio orecchio, mi scostò una ciocca di capelli e il suo respiro sull'orecchio mi fece venire i brividi.
  -Sarà il nostro piccolo segreto.- sussurrò.
  Indietreggiai un po' e lo guardai scettica. Aveva in mente qualcosa, ma leggergli dentro era pressoché impossibile, cosa piuttosto strana per me.
  -A ogni modo, non devi preoccuparti. Sei solo la vampira più in ritardo della storia.- continuò divertito, giocherellando col mio paletto.
  -Può anche essere dovuto al fatto che è da poco che bevo sangue?
  Perché diavolo mi stavo confidando con lui?
  -Anche, ma quando inizi ad avvertire la sete, significa che i tuoi canini sono vicini allo sviluppo. È solo questione di tempo, però devi ammettere che un vampiro senza canini sarebbe proprio comico.- disse ridacchiando e restituendomi il paletto.
  -Io lo trovo umiliante, ma in effetti è abbastanza comico.- ammisi sorridendo.
  -Sono perdonato?- mi chiese guardandomi malizioso.
  -Ma neanche per sogno!
  -Non ti è bastato lo schiaffo che mi hai dato in pieno viso? Devi sapere che non sono in molti a colpirmi e ancora meno quelli che mi fanno girare la testa con uno schiaffo.
  -Pazienza, vorrà dire che sono entrata a far parte di questa élite. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare ad allenarmi. Ciao.
  Feci per andare, ma Stefan mi trattenne per la mano, me la baciò e mi guardò intensamente negli occhi.
  -Spero di rivederti presto, Serena.
  Girò i tacchi e se ne andò. Lo guardai fin quando non uscì, notando che aveva delle belle e muscolose spalle larghe e dritte. E anche un gran bel sedere.
  Ripensai alla nostra chiacchierata e non riuscii a non pensare che quel ragazzo, quell'uomo, era veramente un mistero.

The Bloody and Dark PrincessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora