Capitolo 20

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 Passarono così un paio di mesi e Stefan mantenne la promessa. Se prima si presentava quasi tutti i giorni a casa nostra e saltuariamente agli allenamenti che avevo con zio Wilhelm, per metterlo a disagio, dopo Capodanno e dopo la festa era già tanto se riuscivamo a incrociarlo sul pianerottolo. L'unico contatto che avevamo in quegli sporadici incontri, era un fugace scambio di sguardi e al massimo un "Ciao" borbottato.
  Un pomeriggio, mentre ero all'appartamento di zio Wilhelm per i miei soliti allenamenti, gli raccontai ciò che era successo a Stefan, tralasciando le discussioni che avevamo avuto, e non parve particolarmente sorpreso.
  -Ogni tanto andavo in Romania, quando non c'eri ancora tu, e partecipavo alle riunioni del Consiglio al castello dei Lovinescu.- iniziò a raccontare, mentre intagliava il paletto per me. -A ogni riunione vedevo Stefan con qualche livido nuovo o con una fasciatura, proprio come sta succedendo in questo momento. Era straziante per me vederlo in quello stato, dopotutto era solo un bambino, ma non potevo fare nulla.
  Mi passò il paletto finito e iniziai a provarlo subito.
  -Ma perché si fa ancora punire dai suoi parenti? È un uomo adulto, non più un bambino, eppure accetta ancora questo trattamento.- chiesi mettendoci più foga nei colpi che infierivo.
  -Perché gli è stato insegnato fin da bambino a rispettare e obbedire ai suoi parenti più anziani. La famiglia viene prima di tutto.- rispose zio Wilhelm.
  -Non mi piace per niente. Quando sarà re non potrà continuare a subire le "punizioni" dei suoi zii e parenti vari.
  -Ultimamente ti stai preoccupando molto per Stefan. Non è un cucciolo indifeso, ma è un Lovinescu sanguinario e spietato.- mi fece notare.
  Non ero totalmente d'accordo con mio zio, ma decisi di non ribattere per non iniziare una discussione sterile e così restammo in silenzio per qualche minuto. Zio Wilhelm non aveva visto Stefan come l'avevo visto io: distrutto per non riuscire a provare alcun sentimento per la morte del padre, addolorato per la morte della madre e premuroso nei miei confronti; questo fino alle discussioni che avevamo avuto.
  -Però devo ammettere che l'hai cambiato parecchio. L'hai fatto diventare un bravo ragazzo, anche se penso che lo fosse già prima di conoscerti.- aggiunse zio Wilhelm e io mi ritrovai a sorridere.
  Stavo davvero cercando l'approvazione di mio zio? E per quale motivo? L'unica cosa certa, però, era che mi fece molto piacere ciò che disse su Stefan.
  -Direi che quel paletto è proprio adatto a te.- disse lo zio, osservandomi mentre mi esercitavo.
  -Lo penso anche io.
  E quella risposta valeva sia per il paletto che per la considerazione su Stefan.
  Continuammo le lezioni, nonostante ci fosse ancora ben poco da apprendere e zio Wilhelm mi ricordò che due giorni dopo sarei dovuta andare in Romania per il processo di Nicolae Lovinescu, il quale aveva distrutto Ruben Vidrean, un mio lontano zio.
  Zio Wilhelm e io stavamo continuando la lezione di piano, quando ricevette una chiamata. Disse sì e no un paio di parole in tedesco e poi mi guardò preoccupato.
  -Stefan è stato nuovamente chiamato dai suoi parenti e domani si incontreranno al suo cottage in montagna.- disse zio Wilhelm e mi si ghiacciò il sangue nelle vene.
  -Un'altra punizione?- chiesi cercando di non far tremare la voce.
  -Non è detto, magari è solo una riunione.
  -Come hai fatto a saperlo?- domandai.
  -Alcuni membri della nostra famiglia sono già alla tenuta dei Lovinescu per il processo e hanno sentito che alcuni membri dei Lovinescu stavano andando da Stefan.
  Nonostante le sue rassicurazioni, non mi sentivo affatto tranquilla. Sapevo cosa sarebbe successo a Stefan e anche se mi stava evitando, sarei andata da lui per stargli vicina. Ero pronta ad affrontare la sua furia, nel caso si fosse di nuovo adirato perché mi ero intromessa nella sua vita. Desideravo solo che Stefan stesse bene e avrei affrontato ogni cosa.

  Il giorno dopo preparai la valigia per andare in Romania, misi il paletto nella tasca della giacca e con la mia potente Panda mi avviai verso il cottage di Stefan.
  Arrivai nel tardo pomeriggio e quando vidi la macchina di Stefan parcheggiata nel vialetto assieme ad altre due, dovetti trattenermi dall'entrare e mettermi tra i "parenti" di Stefan e Stefan stesso.
  Le tende delle due enormi vetrate erano tirate, per impedire a occhi indiscreti di vedere cosa stesse succedendo all'interno. Decisi di andare a fare un giro nella cittadina più vicina e cercare di pensare che tutto stesse andando bene.
  Entrai in una caffetteria e presi una cioccolata calda, cercando di concentrarmi su qualcos'altro, per esempio sul gusto buonissimo di quella cioccolata. Provai anche a leggere il libro di diritto in rumeno per prepararmi al meglio per il processo del giorno seguente, ma non riuscii a concentrarmi per più di cinque minuti. Alla fine rimasi a guardare il paesaggio per tre ore. Furono le ore più lente e angoscianti della mia vita.
  Era calata la sera e provai a tornare al cottage, sperando di non trovarci i parenti di Stefan. Con mio grande sollievo, nel vialetto era parcheggiata soltanto la macchina di Stefan, ma le tende continuavano a essere tirate.
  Non sapevo che fare. Desideravo entrare con tutte le mie forze, perché volevo accertarmi che Stefan stesse bene, ma temevo di incontrare quegli animali di parenti.
  Rimasi dieci minuti a guardare la porta del cottage e alla fine mi feci coraggio. Mi avvicinai alla porta col paletto stretto fra le mani ed entrai. Le luci erano spente e non si vedeva nulla.
  Mossi un passo e inciampai in uno sgabello rovesciato. Fui costretta a farmi luce col cellulare per evitare di cadere nuovamente e a stento trattenni un urlo. C'era sangue ovunque e tutta la stanza era a soqquadro. Iniziai a cercare freneticamente Stefan, ma non lo trovai da nessuna parte. Andai al piano di sopra e guardai in ogni stanza, ma non lo trovai nemmeno lì.
  Il cuore iniziò a battermi a mille, iniziai a tremare e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Ero veramente spaventata e stavo già pensando al peggio. Non potevo nemmeno sopportare l'idea che Stefan fosse stato distrutto. Non potevo.
  Decisi di andare a cercarlo fuori, ma notai che la mansarda era aperta. Salii le scale tremante e con la luce della torcia del cellulare iniziai a guardare in quella mansarda polverosa e disordinata. Illuminai un angolo nascosto da degli scatoloni e rannicchiato lì trovai Stefan.
  -Stefan!
  Alzò lo sguardo e vidi che l'avevano ridotto peggio delle volte precedenti. Aveva il viso pieno di lividi, il naso sanguinante e il labbro spaccato. Buttai a terra paletto e cellulare e mi precipitai verso di lui, cadendo sulle ginocchia e stringendolo al petto il più delicatamente possibile, scoppiando in un pianto liberatorio.
  -Credevo fossi morto! Ho visto tutto quel sangue e...
  La mia voce fu strozzata dal pianto e singhiozzai rumorosamente, infischiandomene altamente dell'orgoglio e di tutto il resto.
  -Non piangere. Non devi.- disse Stefan con voce roca.
  Poggiai la guancia sulla sua testa, cercando di avvolgerlo completamente tra le mie braccia.
  -Hai anche portato un paletto.- disse sorridendo.
  -Nel caso fossero stati ancora qui.- risposi baciandogli la fronte con dolcezza.
  Fu un gesto naturale, non premeditato, ma che mi fece capire solo in quel momento che ero innamorata di lui da tempo. Se n'erano accorti tutti tranne me. Tutte quelle attenzioni che gli davo, tutto il dolore che avevo provato in quei mesi erano dettati dell'amore che provavo per lui. Non l'avevo voluto capire fino a quando non avevo pensato che fosse morto.
  -Perché ti fanno questo?- chiesi continuando a singhiozzare.
  Stefan mi asciugò le lacrime e mi accarezzò la guancia.
  -Tu non devi preoccuparti, okay?- rispose dolcemente.
  -Come faccio? Giuro che se ti riducono di nuovo così, li ammazzo con le mie mani.- affermai con voce piena di rabbia.
  Le gengive mi dolevano da impazzire e pensai che da un momento all'altro mi sarebbero finalmente spuntati i canini.
  -Non metterti in mezzo, ti prego.- mi supplicò Stefan.
  Stefan Lovinescu che mi supplicava? Doveva aver preso una botta molto forte alla testa.
  -Neanche tu mi fermerai questa volta.
  -Serena...
  Ci guardammo a lungo con intensità. Avevo una gran voglia di baciarlo e di coprirgli il viso di baci, ma dovetti trattenermi perché prima dovevo pensare a medicarlo.
  -Vieni di sotto. Dobbiamo medicarti.- dissi asciugandomi le lacrime restanti e cercando di calmarmi.
  Lo aiutai ad alzarsi e, durante il tragitto verso il salone, lo sentii gemere più e più volte dal dolore. Lo feci sedere sul divano e preparato tutto l'occorrente, iniziai a medicarlo con delicatezza. Mi lasciò fare e non mi tolse gli occhi di dosso per un solo istante. La cosa mi mise parecchio a disagio.
  -Hai davvero pianto per me.- constatò vedendo i miei occhi arrossati e il trucco sbavato.
  -Ero preoccupata.- borbottai arrossendo. -Non fissarmi in quel modo.
  -Perché?
  -Perché mi metti ansia.
  -Sei bellissima.- rispose spiazzandomi.
  Continuò a fissarmi e io gli restituii lo sguardo. Nonostante i brutti lividi e il labbro spaccato, era bellissimo anche lui.
  Mi accarezzò la guancia e io rabbrividii a quel tocco. Si avvicinò lentamente al mio viso, continuando a guardarmi con intensità.
  -Togliti la camicia.- balbettai e lui alzò le sopracciglia per la sorpresa. -Devo controllare che tu non abbia ossa rotte e hai la camicia completamente imbrattata di sangue.- mi affrettai ad aggiungere.
  Il mio viso andava a fuoco per quell'enorme malinteso, ma soprattutto perché fece come gli avevo detto con un sorriso malizioso sulle labbra. Aveva il fisico scolpito, come gli abiti avevano sempre lasciato intendere, ma era anche pieno di tagli e lividi.
  Gli tastai il costato, come ci avevano insegnato a una lezione di primo soccorso tenuta alle superiori, per capire se avesse qualche costa fratturata, ma fortunatamente non ne aveva. Iniziai a spalmargli la crema sui lividi e a ripulirlo dal sangue, il tutto sotto il suo sguardo attento e vigile.
  -Ho finito. Vado a prenderti una camicia pulita e ti consiglio di bere un po' di sangue.- dissi con voce acuta e allontanandomi da lui il più velocemente possibile.
  Avevo il viso in fiamme e il cuore mi batteva all'impazzata. Non riuscivo a capacitarmi di come fossi stata stupida a non accorgermi prima di ciò che provavo per lui, ma la domanda principale era: anche lui provava per me ciò che provavo io per lui?
  Tornai con una camicia pulita e lo trovai a suonare pigramente il pianoforte. Rimasi a osservarlo per svariati momenti, incantata dal suo viso, dalle sue labbra, dai suoi occhi. Nonostante i lividi e i tagli, lo trovai il ragazzo, o meglio l'uomo, più bello del mondo.
  Mi avvicinai, gli passai la camicia e lui accennò un sorriso. Indossata, riprese a suonare "Sonata al chiaro di luna", quella che avevo suonato a Vienna. Mi sedetti accanto a lui e iniziammo a suonare insieme, sfiorandoci le dita a vicenda.
  Continuai a suonare senza notare che Stefan aveva smesso, fino a quando non mi posò una mano sulla guancia. Si avvicinò al mio viso molto lentamente, guardandomi negli occhi con un'intensità molto intima e profonda.
  -Serena.- sussurrò, sfiorandomi le labbra con le sue.
  -Stefan...
  Posò le sue labbra sulle mie e pensai che il mio cuore stesse per scoppiare dalla felicità. Il bacio si fece più intenso e ci stringemmo forte, come se stessimo cercando di fonderci insieme. Era un bacio pieno di sentimento, passione e desiderio.
  Nonostante i lividi e le ferite, mi prese in braccio e mi portò in camera da letto. Continuammo a baciarci con foga, accarezzandoci e per magia la sua camicia sparì, mostrando nuovamente il suo fisico pressoché perfetto.
  Si staccò un attimo da me e mi guardò. Entrambi avevamo il fiato corto, i suoi occhi ardevano di desiderio e i canini erano completamente fuori dalle gengive.
  -Dovremmo aspettare la prima notte di nozze, credo.- disse senza troppa convinzione.
  Probabilmente lo stava facendo per me, perché pensava ci tenessi. Stefan non mi pareva tipo da "aspettare" e nemmeno io lo ero.
  -Non sono tipo da tradizioni.- risposi facendolo ridere.
  -Non pensavo che avrei mai detto questa frase a qualcuno, ma... ti amo Serena. Ti ho amata da quando ti ho visto scendere la scalinata del castello Von Ziegler, alla sera della tua presentazione.
  Era veramente sincero e istintivamente gli accarezzai la guancia con dolcezza.
  -Non pensavo di dirlo a te, ma ti amo anche io. L'ho capito solo adesso, quando ho creduto che ti fosse successo qualcosa. L'ho accettato solo adesso.
  Mi baciò con dolcezza e con dolci, lenti e piccoli baci scese sul collo, dove il sangue pulsava più forte.
  -Se vuoi che mi fermi adesso, dimmelo. Questo è per sempre.- mi avvertì Stefan, ma era quello che volevo.
  Ero convinta come non lo ero mai stata in vita mia.
  -Sono sicura.- risposi accarezzandogli la nuca.
  Sorrise e sentii i suoi canini graffiarmi la pelle, ma non provai dolore, anzi mi fece rabbrividire di piacere. Quando affondò i denti nel mio collo, provai una sensazione meravigliosa e lo strinsi più forte.
  Si staccò molto presto, per evitare di togliermi troppo sangue e mi guardò con bramosia. Riprendemmo a baciarci con passione, sentendo il gusto del mio stesso sangue nella sua bocca e passai con lui la notte più bella della mia vita.

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