Capitolo 19

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  Restammo a chiacchierare per tutto il pomeriggio e notai che man mano che parlavamo, Stefan si apriva sempre di più. Mi raccontò cose della sua infanzia che non gli avevo mai chiesto e mai gliele avrei chieste. Evitò accuratamente di parlare del padre, ma mi parlò molto di sua madre, Diana, e di quanto lo avesse amato.
  -Le avevo promesso che l'avrei protetta sempre, ma le cose sono andate in modo decisamente diverso.- disse Stefan, rabbuiandosi per un istante.
  Gli strinsi la mano per dargli conforto e lui ricambiò la stretta, giocherellando con l'anello che era appartenuto a sua madre.
  -Non potevi fare molto. Non devi incolparti per questo.- gli risposi.
  Mi sorrise dolcemente e cambiammo completamente argomento.
  Mentre parlava, lo vidi rilassarsi sempre di più e lasciare da parte la maschera del guerriero sanguinario e menefreghista, ma continuava a esserci nel suo sguardo quell'ombra che avevo imparato a conoscere, che nascondeva un passato oscuro e pieno di sofferenza.
  I miei genitori andarono a festeggiare Capodanno con i loro amici e non sarebbero tornati fino al giorno successivo, mentre io obbligai Stefan a guardare l'intera saga di Pirati dei Caraibi, condita dai suoi commenti pungenti e sarcastici che mi fecero ridere parecchio.
  -Non possiamo fare altro?- domandò annoiato.
  -E che cosa vorresti fare? Vuoi giocare a "Monopoly"?- gli chiesi sarcastica, sistemando il cuscino.
  -Neanche per sogno.- rispose schifato.
  -Allora zitto, che ora arriva la parte bella.
  -Ma non c'è nessuna parte bella!
  -Mi vuoi dire che le scene nelle quali è presente Johnny Depp non sono scene belle?
  Stefan scosse la testa e continuammo a guardare il film.
  Arrivata la mezzanotte, andammo sul balcone di camera mia a guardare i fuochi d'artificio con una bottiglia di champagne, una di sangue e i papanasi che avevo preparato per la serata.
  Era una scena veramente romantica e intima e più volte guardai Stefan di sottecchi, rischiando di farmi beccare. Era veramente bello e i fuochi d'artificio gli illuminavano il viso e gli occhi in modo quasi magico.
  -Perché mi guardi così?- chiese divertito, quando mi beccò a guardarlo.
  -Perché... insetto!
  Gli scompigliai i capelli, togliendogli un insetto immaginario. Ringraziai che fosse buio perché ero diventata un peperone.
  -Insetti a gennaio. Non lo credevo possibile.- rispose ironico.
  -E invece c'era!
  Scoppiò a ridere, ma non aggiunse altro. Non ero riuscita a non guardarlo con gli occhi di un pesce lesso. L'avrei guardato per ore, soffermandomi su ogni dettaglio e imperfezione del suo viso. Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo. O forse sì?

  -Tu puoi dormire in camera dei miei genitori e se hai bisogno, caccia un urlo e arrivo.- gli dissi quando decidemmo di andare a dormire.
  -Mi dà una sensazione strana l'idea di dormire nel letto dei tuoi genitori. Posso andare a dormire a casa mia.
  -Non se ne parla nemmeno. Non sei ancora in forma e voglio che tu sia facilmente raggiungibile, nel caso tu stia ancora male.
  -Okay, mamma.
  -Non sto facendo la mamma.- protestai.
  -Invece sì.
  -Invece no. Piuttosto la sorella maggiore.- affermai utilizzando la stessa frase che mi aveva detto tempo prima e la cosa lo fece scoppiare a ridere.
  -Che schifo, siamo incestuosi.- rispose utilizzando la medesima risposta che quella volta avevo dato io.
  Ridacchiammo come due ragazzini e si stiracchiò.
  -Allora dove dormo?
  -Dormi nel mio letto, io dormo in quello dei miei genitori.
  -Mi lasci tutto solo soletto?- chiese ridacchiando.
  -Sì.
  -Sei perfida.- rispose accennando a un sorriso.
  -E tu sei scemo.
  -Almeno finiamo di vedere l'ultimo film di Pirati dei Caraibi.
  -Ma se hai criticato tutti i film precedenti!- risposi sorpresa.
  -Mi piacciono, dico davvero.- ribatté sinceramente, o quasi.
  Non ne ero del tutto convinta, ma feci ugualmente partire il DVD nel lettore di camera mia. Non arrivai nemmeno a metà del film che mi addormentai fra le braccia di Stefan e nemmeno per quella notte sognai il processo di Alin Vidrean.

  Ero convinta che dopo la serata di Capodanno, il rapporto tra me e Stefan fosse diventato più confidenziale, più intimo, ma mi ero sbagliata.
  La mattina dopo, Stefan era tornato nel proprio appartamento mentre dormivo ancora e da quel giorno era diventato più schivo, taciturno e cupo. Sembrava che mi stesse evitando e ai vari ricevimenti, si limitava molto nei contatti fisici e nelle chiacchiere con me, mentre all'università non si fece più vedere. Più provavo ad avvicinarmi e più lui si chiudeva a riccio, evitandomi con scuse assurde e che non stavano in piedi.
  Ci stavo molto male e più di una volta avevo provato a parlargli, ma non mi ascoltava e con una scusa si allontanava da me. Una volta doveva andare in biblioteca a studiare, un'altra volta doveva andare al castello dei Lovinescu e altre volte doveva andare a fare la spesa, cosa che non aveva mai fatto dato che la signora delle pulizie pensava anche a quello. Non andammo neanche più al maneggio insieme.
  Molto spesso lo vidi tornare a casa con nuovi lividi e fasciature, ma ogni volta che gli chiedevo cosa gli fosse accaduto, si chiudeva nel suo appartamento senza darmi alcuna spiegazione.
  -E' davvero strano ti dico!- affermai sorseggiando la cioccolata calda.
  -Magari ha le mestruazioni. Anche i maschi ce le hanno, ma dentro la testa.- affermò Erica, sedendosi al tavolo con me.
  Le avevo chiesto se potevo andare a trovarla a lavoro per parlarle urgentemente e lei, come sempre, mi aveva detto che ci sarebbero state una cioccolata calda e una ciambella ad aspettarmi.
  -Torna a casa con i lividi, mi evita... non so cosa pensare.- raccontai, mentre giocherellavo con una ciocca dei miei capelli.
  -Magari sta passando un brutto periodo oppure... non so!
  -L'ultima volta che un ragazzo mi ha evitata, è andata a finire molto male.- affermai ripensando a Mirko.
  Prima che decidesse di mollarmi, e prima che sapessi che era uno stronzo di prima categoria, Mirko si era comportato esattamente allo stesso modo e la cosa mi metteva una certa agitazione.
  -Mirko era un altro paio di maniche, mentre Stefan è... un enigma. E poi non avete una relazione, non può mica lasciarti.- disse Erica. -Ma poi cosa ti importa? Non eri tu quella che voleva impedire il vostro matrimonio?- aggiunse guardandomi con occhi calcolatori.
  -Sì, ma...
  -Non è che ti piace?- chiese osservandomi attentamente.
  -Cosa?! Ma che idee ti stai facendo?!- chiesi con voce acuta, arrossendo fino alla punta dei capelli.
  -Ti piace!- esclamò entusiasta.
  -Non è vero! È solo che mi dispiace vederlo così e...
  -Certo, certo. Aspetta che ci credo. A ogni modo, prova a stargli vicino, ma non invadere la sua sfera privata. Verrà a parlarti quando se la sentirà.
  Avevo seguito il consiglio di Erica, ma non avevo concluso niente. Stefan continuava a evitarmi
  come un'appestata.
  Un giorno avevo deciso di entrare in casa sua, che gli piacesse o meno, per avere delle spiegazioni. Non potevo sopportare tutto quello che i suoi parenti gli stavano facendo. Mi ero attaccata al suo campanello fino a quando, scocciato e irritato dal quel rumore fastidioso, mi aveva aperto la porta.
  -Che cosa vuoi?- mi chiese gelido.
  Lo spinsi in casa e chiusi la porta alle mie spalle.
  -Che cosa diavolo ti sta succedendo? Mi stai evitando come la peste, non rispondi alle mie chiamate e all'improvviso sei diventato freddo.- dissi con voce acuta, tipica di quando ero agitata.
  -Non sono affari che ti riguardano e ora vorrei stare da solo, se non ti dispiace.- rispose con disprezzo.
  -Non capisco... perché ti stai comportando in questo modo?
  -Vuoi lasciarmi in pace?! Non riesci a non impicciarti nella mia vita per cinque minuti?!- urlò rabbioso.
  Mi fece paura, molta, ma mi fece ancora più male. Non credevo che si sarebbe mai rivolto in quel modo a me. Certo, entrare a forza a casa sua non era stata una bella mossa, ma ero terribilmente preoccupata e volevo accertarmi che stesse bene.
  -Sono preoccupata... ti vedo tornare con lividi e fasciature nuove e... ho paura. Ho paura per te.- dissi con gli occhi lucidi.
  Per un attimo mi parve di vedere il suo sguardo addolcirsi, ma non ne fui tanto sicura perché tornò immediatamente duro e cupo.
  -Ripeto: non sono affari che ti riguardano. Voglio che mi lasci in pace.- disse duramente.
  Mi caricò in spalla e lo sentii gemere di dolore.
  -Che cosa stai facendo? Lasciami!
  Aprì la porta con la mano libera e mi mise fuori di casa di peso. Non si girò nemmeno a guardarmi e sbatté la porta alle sue spalle. Cercai di trattenermi dal piangere, almeno fino a quando non fossi tornata in camera mia. Non riuscivo a capire il suo comportamento, ma ero sempre più preoccupata per lui.

The Bloody and Dark PrincessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora