3.

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La sera della cena finalmente arrivò, i miei mi lasciarono la macchina ed io andai a prendere Camila per portarla a casa. Entrai in macchina e l'odore di nuovo mi invase le narici, era così bella e spaziosa. Presi posto, misi in moto e mi diressi verso casa di Camila. 
Arrivai dopo qualche minuto e lei era già li fuori ad aspettarmi, scesi dall'auto per aprirle lo sportello e osservai bene il modo in cui era vestita; indossava una semplice camicia rossa a quadri bianchi e blu, un jeans strappato alle ginocchia e degli stivai neri, indossava solo un po' di mascara sugli occhi e il lucidalabbra, mentre i capelli le scendevano sulla schiena, era vestita in modo molto semplice ed era bellissima.  «Sei bellissima» le sorrisi aprendole lo sportello. «Grazie, anche tu, fidanzata.» Rise, per poi entrare in macchina. Tornai dall'altro lato della macchina ed entrai. «Allora, ripassiamo alcune cose, va bene?» le chiesi. Lei annuì. «Ci siamo conosciute tramite il bar di Dinah, abbiamo iniziato a frequentarci, e ci siamo innamorate.» Continuai. «Dovrebbe essere facile, ma insomma, come devo chiamarti, Lauren e basta?» mi chiese. «No, giusto. Beh, Lolo? Sì, chiamami così e basta. Odio quei nomignoli del cazzo che si danno le coppiette, come "amore mio" e cazzate varie.» Le spiegai. «okay, tu chiamami pure Mila. Mi chiamano tutti così.» Disse lei. «Mila? Non mi piace, sembra il nome di un gatto» Dissi, con un espressione di schifo sulla faccia. Lei rise per la mia faccia, ed io pensai ad un soprannome che mi piacesse. «Camz, ti chiamerò Camz.» Le dissi. «Carino, sì. Mi piace.» mi sorrise. Eravamo arrivate a casa mia, fermai l'auto sul retro, presi per mano Camila ed entrammo in casa. Sembravamo fidanzate sul serio.
«Mamma, papà, lei è Camila, la mia ragazza. Camila, loro sono i miei genitori.» Dissi, presentandoli. Mamma si girò di scatto dalla cucina e mio padre che era già seduto a tavola mi fece un mezzo sorriso ed un'occhiolino. «Ciao Camila, io sono Clara.» Le sorrise mia madre, abbracciandola. Camila sorrise non sapendo cosa dire. «Possiamo sederci?» chiesi a mia madre. Lei annuì e presi posto accanto a mio padre, che era seduto a capotavola, e Camila si mise accanto a me. Quando anche mia madre si sedette a tavola con noi cominciammo a mangiare. «Finalmente, dopo tre anni, Lauren mi porta a casa la sua prima ragazza ufficiale.» Disse mio padre. «Già.» mormorai. Camila mi afferrò inaspettatamente la mano da sotto il tavolo, le rivolsi uno sguardo e mi sorrise. La sua mano era così calda e morbida. «Siete così carine, ma Camila, dimmi un po' di te.» Disse mia madre. Camila era nervosa, così le accarezzai dolcemente la mano per calmarla. «Be', ho 16 anni, frequento la stessa scuola di Lolo,» il mio soprannome pronunciato da lei mi faceva uno strano effetto «vivo con i miei genitori, che però non ci sono quasi mai, perché viaggiano molto per lavoro, ed io non posso sempre seguirli, quindi il più delle volte mi trovo da sola.» Spiegò Camila. «I tuoi genitori sanno che state insieme?» chiese mio padre. «No.» rispose, calma. «Mi piacerebbe conoscerli.» continuò mio padre sorridendo. «Quando sarà il momento magari» mormorò Camila, facendo un mezzo sorriso. «Be', mamma, visto che abbiamo finito di mangiare, andiamo un po' fuori, in giardino, vogliamo stare un po' da sole.» Mi intromisi io. «uhm, va bene» sorrise mia madre.
Strinsi di più la mano di Camila e mi alzai, lei fece lo stesso. Andammo in giardino. «Sono davvero delle brave persone» disse, interrompendo il silenzio che si era creato. «Già» le sorrisi. Presi una sigaretta dal mio pacchetto e la accesi. «ne vuoi una?» chiesi. Lei annuì. Le diedi una sigaretta e gliela accesi. Fece un lungo tiro e poi iniziò a tossire. «Va tutto bene?» le chiesi. «Sì, sì» disse, riprendo fiato. «Non hai mai fumato, vero?» le chiesi. «Be', no» Rispose. «Perché allora ne volevi una?» Risi. «Non lo so, magari fare bella impressione con te. Non voglio pensi che sia una bambina.» Mi disse, passandomi la sigaretta. «Ma non lo penso, ho fatto qualcosa che te lo ha fatto pensare?» le chiesi. «No, ma la maggior parte delle persone, pensano che lo sia.» Rispose. «Non essere così insicura, io non lo penso.» la rassicurai. Mi sorrise senza dire nulla. «Comunque se vuoi fumare, è semplice. Tiri un po' dal filtro, aspiri, poi lasci che il fumo vada giù in gola, poi espiri.» Le spiegai. Lei ci provò, non ci riuscì subito, però ci riuscì. «Sai ho sempre voluto fumare, almeno una volta, fare queste cose che fanno tutti i cattivi ragazzi e le cattive ragazze, non ho mai fatto cose di questo tipo, per me esisteva solo l'andare a scuola, studiare e basta. Tutt'ora è così.» Spiegò. Sorrisi, nel vedere quanto fosse eccitata di fumare. «Rientriamo?» Le chiesi. «ehm, sì» Rispose.
Rientrammo in casa, mia madre ci offrì un liquore, probabilmente Camila non aveva mai bevuto nemmeno quello, quando lo bevve infatti divenne un po' scossa. «Camz, forse è meglio che ti riaccompagni a casa.» le dissi. «Ma no, se per lei va bene, può rimanere qui.» Disse mia madre. «Cosa?» chiesi, sconvolta. «Sì, tanto i suoi non ci sono, e penso che anche tu non dovresti essere così tranquilla, sapendo che la tua ragazza dormirà a casa sua, da sola, e chiunque potrebbe entrare in casa sua e farle del male.» Mi disse mia madre. «Devi prenderti cura di lei.» mi rimproverò. Io non sapevo cosa fare, Camila mi guardò, cercando di non ridere. «Rimango volentieri.» Disse, sorridendole. Cosa? Dovremmo dormire insieme?
«Dai, Lolo, andiamo di sopra.» Mi sorrise Camila. La presi per mano ed insieme salimmo le scale. «Questa è la mia camera!» esclamai entrando in camera. «Carina» sorrise Camila, buttandosi sul mio letto. «Non ti ho detto, fa come se fossi a casa tua.» la rimproverai, seria. «Uhm, scusa.» sussurrò, alzandosi dal letto. Risi. «Non prendermi seriamente, stavo solo scherzando.» Le dissi. Lei si buttò ancora sul mio letto e si tolse il jeans e gli stivali, rimanendo con la camicia e in intimo. Io mi sedetti alla scrivania ed accesi il computer. «Vieni accanto a me, Lolo?» chiese. «No, sto giocando.» «Vieni a giocare con me.» Continuò. Risi e poi la guardai. «Dai, dormiamo abbracciate, come due vere fidanzate.» Mi disse. «Va bene.» Sbuffai. Spensi il computer, presi il mio pigiama, lo indossai e mi distesi accanto a lei. «Grazie Lolo.» Mi abbracciò. «Grazie a te, Camz. È filato tutto liscio.» Le dissi. La guardai negli occhi, e i nostri sguardi rimasero a fissarsi per qualche secondo, mi stavo perdendo nei suoi occhi. «Buonanotte, Lolo.» Mi disse, avvicinandosi alla mia guancia. Mi stampò un bacio sulla guancia e poi poggiò la sua testa nell'incavo nel mio collo. «B-Buonanotte, Camz» sussurrai.
Quando gli occhi di Camila incontravano i miei, si faceva tutto così strano. Forse, un po' mi piaceva, o forse era tutta questa storia che mi faceva pensare mi piacesse.

Contract. | CamrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora